Diletta non ha crisi di pianto da ben 70 ore… Grande vittoria!

Diletta è sempre stata una bambina allegra e solare. Così felice di esserci che a volte mi ha fatto sentire inadeguata. Spesso i primi anni mi sono sentita in colpa.

Il nostro percorso è comune a molti, ma ognuno di noi vive il proprio come fosse l’unico. Questo è un principio che vale sempre nel genere umano. Tant’è che eravamo abituati alla gioia di esserci, ai suoi sorrisi, alle sue mille domande e alla sua inesauribile curiosità. Fino al buio di un assolato e caldissimo 31 luglio 2009.

Eravamo in spiaggia come ogni giorno, e ad un tratto, senza alcun preavviso, Diletta iniziò a gridare. Rigida, bluastra, urlante come mai prima. attimi di panico. Tornammo a casa e pensammo ad un colpo di calore (difficile per le precauzioni ma poteva essermi sfuggito qualcosa). Continuava a gridare fermandosi solo per lo sfinimento prodotto dalle grida stesse. Improvvisamente non era più comprensibile cosa dicesse. Giorni interminabili fatti di rimedi improvvisati. Eravamo spiazzati, era estate e non riuscivo a contattare il medico con la frequenza necessaria. Il 10 agosto ebbi tanta paura. Con i farmaci calmanti non gridava ma era assente, ciondolante, non era lei. Era come “svuotata” della sua identità. Il ricovero portò al nulla. Niente. Non aveva avuto niente di riscontrabile. L’oblio della preadolescenza, un trauma non individuato.

La sua quinta elementare divenne l’anno peggiore. La sorellina di 6 anni in prima, nell’aula accanto. E diletta che era stata sempre presente in classe, che condivideva tutto e sempre, improvvisamente urlava fino a doverla far uscire dalla classe. Percorso devastante sotto ogni profilo e crisi di pianto senza mai smettere. Per me una bella cantonata. E in molti hanno sentenziato per mesi che avrei dovuto farmene una ragione.

Le frasi più ripetute sono state:
Fabiana è ora che tu torni a vivere. Cerca un posto dove metterla (metterla: sì, così hanno detto).
Fabiana apri gli occhi: non puoi condannare le bambine per riscattare Diletta. Lei è così.
Fabiana ora basta: è la croce che porterai a vita. Smettila di sognare.
Signora (i medici danno del lei per essere formalmente più freddi) è l’esplosione della patologia: rimarrà così e peggiorerà.
Signora cara è una forma di schizofrenia contenuta dalla paralisi (della serie: vorrebbe aggredirvi tutti ma non può).
Signora deve accettare che non può migliorare: il cervello è pieno di lesioni.

Intanto giungo al divorzio che tra i tanti motivi nasce dalla battaglia interna tra Diletta croce e Diletta figlia. Mia madre mi ha cresciuta con questo sottofondo: se davvero credi sia giusto, allora insisti, poi persisti e poi raggiungi e poi conquisti. Ogni minuto di questi 20 mesi mi sono ripetuta il ritornello.

Diletta era come ingabbiata nel suo oblio. Rideva smodatamente e poi zac! Urlava. Giorno e notte. Sempre. Non so cosa e come e quando… Non so neanche perché, e neanche dove in realtà. Ho solo combattuto con tutte le mie forze vivendo ogni minuto come se non ce ne fosse stato uno prima e uno dopo.

Un unico medico mi ha incoraggiata e sostenuta. E’ il primo neurologo che stimo dei tanti che ho incontrato. Si chiama Antonio. E’ una persona che mi ha dato fiducia. Mi disse che una mamma lucida come mostravo di essere andava appoggiata. Aggiunse che se la medicina non ha una cura deve aiutare come può e in tutti i modi che si riescono ad individuare. E’ un medico che ha partecipato commosso alla comunione molto atipica di Diletta. Parroco intelligente che ha celebrato un inno all’esistenza e alla dignità della persona. Un parroco che quando Diletta, dopo aver ricevuto l’ostia , l’ha trovata buona di sapore, ha preso un bel mucchietto di ostie non consacrate e glielo ha regalato.

Questo medico è andato in classe a spiegare ai nuovi compagni cosa avesse Diletta. Ha abbattuto il muro dell’imbarazzo, della comunicazione, del movimento. Abbiamo organizzato feste, abbiamo fatto tutto ciò che ci è venuto in mente. E pian piano Diletta ha ripreso a studiare, a ripassare, a voler stare in classe. Pian piano le crisi si sono diradate e mentre scrivo tocco i 4 giorni di Diletta serena sempre. Più o meno allegra, più o meno stanca, più o meno come tutti. E’ tornata lei. Il suo sguardo è tornato a vivere. La sua voce è limpida.

Sono commossa. Questa volta scrivo da mamma commossa. Le sorelline la riempiono di disegni e baci. Improvvisamente siamo tornate ad uscire l’intera mattina, ad andare a pranzo fuori e a riprenderci la nostra vita di mamma e figlia.

Oggi in macchina la guardavo dallo specchietto retrovisore. Ero terrorizzata dall’idea di essermi illusa e di sentirla esplodere. Sorrideva e riconosceva la strada. Mi sono accostata e le ho chiesto: Diletta, indovina a cosa sto pensando? E lei: “Mi ami tanto”.

Caro lettore, questa sera, in questo momento che sto dedicando al blog sento il desiderio di voler regalare un po’ di questa gioia a chi vive ciò che ho vissuto. Sono così carica di allegria e di buone sensazioni che ho voluto provare a lanciarle nel web con la speranza più sincera che possano dare quella forza in più a qualcuno che, come è successo a me, vive quel momento di buio e di solitudine.

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