Il 3 febbraio è stato pubblicato il FAO Food Price Index, l’indice della Food and Agriculture Organization dell’ONU che misura la variazione mensile dei prezzi internazionali di un paniere di cinque gruppi dei cibi più usati nell’alimentazione mondiale – zucchero, cereali, latticini, olio e grassi e carni – e si basa su 55 quotazioni dei mercati internazionali.

L’indice dei prodotti, con la sola eccezione delle carni, è salito ancora per il settimo mese consecutivo e nel gennaio 2011 è aumentato del 3,4%, il più alto aumento percentuale da quando la FAO ha cominciato a monitorare i prezzi, nel 1990. La FAO ha dichiarato che questo aumento non costituisce una “crisi di cibo”, ma il balzo alimenta la paura che si ripeta la situazione verificatasi nel 2007-2008, quando il prezzo dei prodotti dell’agricoltura è salito così tanto da portare paesi come Haiti e il Bangladesh a scontri interni. Gli stessi scontri si sono verificati a settembre in Mozambico per l’aumento repentino dei prezzi di prima necessità come pane e olio, costringendo il governo ad abbassarli di nuovo.

Secondo Abdolreza Abbassian, uno dei Senior Economist della FAO, la situazione è “allarmante”: “Sarebbe sciocco pensare che questo sia il picco massimo, il nuovo indice mostra chiaramente che la spinta al rialzo non si attenua ”. Nei prossimi mesi, insomma, il costo del cibo è destinato ad aumentare ancora. “L’alto costo del cibo rappresenta la maggiore preoccupazione dei paesi a basso reddito, che possono avere problemi a importare i prodotti base, e per le famiglie più povere, che spendono gran parte del loro reddito nel cibo”, ha detto Abbassian.

I prezzi sono particolarmente aumentati nel caso dei prodotti caseari, il 6,2% dal dicembre 2010, mentre oli e grassi sono aumentati del 5,6% dal mese precedente. Il prezzo del grano è aumentato mercoledì scorso del 3,3%, quando gli operatori hanno fatto speculazioni in Borsa basandosi sulle tempeste che si sono abbattute negli Stati Uniti D’America e potrebbero danneggiare quantità e qualità dei raccolti delle Grandi Pianure. Hanno anche tenuto conto delle inondazioni in Australia e Canada e della siccità dell’anno scorso in Russia e Ucraina. Quando si tratta di prodotti dell’agricoltura, i mercati sono attentissimi agli agenti atmosferici.

I nuovi dati FAO sono stati pubblicati meno di un mese dopo che Barbara Stocking, CEO di Oxfam, un potente gruppo di organizzazioni umanitarie di tre continenti impegnato a combattere la fame nel mondo, ha esortato a mettere la penuria di cibo al primo posto nell’agenda annuale del World Economic Forum di Davos-Klosters, in Svizzera. “Per la crisi del prezzo del cibo nel 2007 e 2008 circa 150 milioni di persone in più ha sofferto la fame, portando il numero degli affamati nel mondo a oltre un miliardo”, ha detto la Stocking, “e ovviamente i poveri dei paesi in via di sviluppo sono i più colpiti”. Ha poi aggiunto che “il recente aumento dovrebbe far suonare un campanello di allarme nelle capitali di tutto il mondo”. La Stocking ha quindi auspicato un rapido incremento degli investimenti per sostenere la produzione agricola su bassa scala, in modo da aiutare chi è più povero ad affrontare gli effetti immediati dei prezzi alti e instabili.

Che succederà alle classi povere dei paesi asiatici in rapida crescita con l’aumento dei prezzi del cibo? In India per esempio sono migliaia i suicidi di agricoltori ogni anno, a causa dei debiti contratti grazie alla sempre promessa e sempre mancata politica di riforma agraria. Le riforme epocali attuate dagli inizi del 1990 non hanno toccato la principale fonte di occupazione del paese, l’agricoltura, che impiega circa il 60% della popolazione attiva. Anzi, hanno peggiorato le condizioni dei contadini. E la famosa crescita economica non li ha toccati. Ha fatto avanzare in modo significativo alcuni settori della popolazione, la minoranza. I settori, per intenderci, dei servizi, specie in campo software, che sono una facile merce di scambio sul mercato internazionale.

Interrogato a Davos dalla CNN, l’economista Nouriel Roubini ha detto che il rapido aumento dei prezzi del cibo rappresenta una seria minaccia alla stabilità e la sicurezza globali. “I fatti successi in Tunisia e che stanno succedendo oggi in Egitto e gli scontri in Marocco, Algeria, Pakistan, sono legati non solo alla percentuale di disoccupazione, al reddito e alla sperequazione economica, ma anche al rapido aumento dei prezzi del cibo e dei prodotti più basilari”. E la guerriglia dei Naxaliti, il temuto gruppo di poverissimi contadini indiani, forte di un esercito di 10-15.000 uomini, che combatte contro le aree speciali in cui lo stato concede vantaggi fiscali per favorire la costruzione di nuovi impianti industriali, ne è una prova.

di Enrica Garzilli

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