Il 2011 sarà davvero il primo anno senza sacchetti di plastica, dopo un trentennio di dominio incontrastato? Ma soprattutto: è possibile che l’Italia, più volte sanzionata dall’Ue a causa dell’emergenza rifiuti, per una volta sorprenda tutti con un provvedimento finora unico in Europa?

Così pare. Il ministero dell’Ambiente ha confermato che il divieto di commercializzare sacchetti di plastica entrerà in vigore dal 1° gennaio 2011 e i dettagli della messa al bando si troveranno all’interno del decreto Milleproroghe, la cui approvazione è prevista nei prossimi giorni.

Dettagli nient’affatto trascurabili: bisogna definire cosa è un sacchetto di plastica (che potrà sembrare banale, ma la differenza tra una sporta riutilizzabile e un sacchetto usa è sostanziale), stabilire le sanzioni e gli scaglioni per l’adeguamento, per consentire ai rivenditori di esaurire le scorte. Insomma, i sacchetti di plastica non se li porterà via il Capodanno e nemmeno la Befana, ma, se tutto andrà come annunciato, è già un risultato importante. Non esiste una direttiva europea che imponga la messa al bando, ma da anni a livello comunitario si cercano soluzioni per disincentivarne l’uso, a dire il vero senza troppi risultati. In alcuni Paesi si è scelto di applicare una tassazione straordinaria, come in Irlanda e in Belgio, ma in tempi di crisi l’iniziativa non sembra destinata ad incontrare molti consensi. In Francia, dove la taxe sur le sac avrebbe dovuto diventare effettiva dal 2011, il Senato ha appena bocciato la proposta. In Spagna invece l’aumento della tassa sui sacchetti è stato approvata, ma per l’eliminazione definitiva si punta al 2018.

Francesco Ferrante, senatore del Pd che ai tempi del governo Prodi aveva proposto il bando dei sacchetti in emendamento alla Finanziaria, ha dichiarato ad Eco dalle Città: “Quanto ci vorrà per eliminare definitivamente i sacchetti dipenderà dagli scaglioni che proporrà il Governo, ma l’importante è che la messa al bando entri in vigore, che è un gran risultato. Si comincerà dalle grandi distribuzioni, centri commerciali e ipermercati, che dovranno adeguarsi subito, poi sarà la volta di rivenditori e negozianti, fino ai mercati rionali. E’ chiaro che si dovrà dare il tempo di esaurire le scorte, ma a questo punto non sarà qualche mese in più il problema”.

Liberarsi dei sacchetti però non sarà facile, e i produttori hanno già apertamente annunciato che ricorreranno ai Tar.

Inoltre i difetti dell’alternativa biodegradabile non sono un mistero: degradarsi si degradano, fin troppo in fretta, visto che portarli a casa interi è un’impresa. A Torino, dove il Comune con una propria ordinanza ha già deciso da mesi di avviare la messa al bando dei sacchetti di plastica per la spesa, si è già aperta una polemica pubblica contro le buste biodegradabili che ora vengono messe in vendita da molti supermercati come unica opzione. (Si tenga anche conto che paradossalmente mentre i sacchetti di plastica sono accolti nella raccolta differenziata della plastica per essere avviati a riciclo, la raccolta dell’umido, dove dovrebbero finire i sacchetti biodegradabili, è molto più rara).

La soluzione però c’è e come spesso accade basta cercarla in un vecchio cassetto. La sporta: di stoffa o di rete, che non pesa e non occupa spazio.

Un recente sondaggio-dibattito di Legambiente su come è meglio sostituire gli usa e getta di plastica ha visto prevalere con quasi l’80% dei voti la risposta “con sporte durevoli”.

Speriamo che questa storia andrà a finire come per il divieto di fumo vietato: ci si indigna, si brontola, e poi ci si abitua. E si sta meglio.

di Paolo Hutter ed Elena Donà

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