Ieri, come il titolo del libro della Kristof. Il mio Ieri, Annozero. Emozione e rabbia mentre sono seduto in studio, vedendo quei cinque ragazzi sulle gru. La brava gente di Brescia che protesta per il disagio, il prete che dice: “Devono scendere: io gli do da mangiare, ma non condivido la loro scelta”. E’ meno di un attimo: l’idea di parlare, raccontare la storia del padre che vedevo la mattina. All’inizio mi pareva un gioco lieto: si fermavano all’angolo, il bambino correva da solo. Poi un giorno parlargli, e scoprire che non se la sente di portare suo figlio fino all’ingresso dell’asilo, perché adesso è un clandestino, un fuorilegge, non si sa mai. E poi una storia che conosco molto da vicino, quella di una mia amica che si è dovuta sposare in un carcere, con i secondini come testimoni. Posso fare il suo nome? No, perché non le ho parlato. Ma posso raccontare che cosa ha subito, visto che il suo ragazzo era diventato un clandestino per effetto di un decreto, dalla mattina alla sera, con la mannaia di una espulsione imminente sulla testa, una condanna a otto mesi di carcere e il comune che si rifiutava di esporre le pubblicazioni.

I nuovi don Rodrigo giocano con le vite impugnando i codicilli della Bossi-Fini. Ho visto la mia amica il giorno prima di andare in trasmissione. Lei, lui, la loro bambina, che non piange la notte e ascolta musica reggae. Ho pensato ai viaggi per il carcere, ai soldi per l’avvocato… E allora ho pensato che non si poteva far dire a Casini che la protesta sì, forse aveva un senso, ma per piacere che scendessero, perché stavano provocando disagio. Una botta di adrenalina. Vado in televisione da almeno dieci anni, ma ci sono momenti in cui non puoi controllare cosa dici. Parli. Santoro mi ascolta, ma non capisco cosa gli passi per la testa. Quando finisce il programma il mio amico Roberto Rao, portavoce di Casini mi sussurra: “Guarda che sembravi un pazzo…”. Accendo il telefonino. Non ho ricevuto nemmeno un messaggio da chi mi guardava a casa. Che abbia ragione lui? Con l’i-phone controllo Facebook. Il primo messaggio che leggo è questo:

La fortuna di questo paese è che le leggi sull’immigrazione le fanno Bossi e Berlusconi, non la gente come lei”.

Un colpo al cuore. Non sono stato capito? Il secondo è questo:

Stavo vedendo anno zero ma ho cambiato canale perchè non posso sentire la propaganda faziosa, strumentale e scorretta pagata con i soldi dei cittadini e non mi è piaciuto vederla lì,mi scusi, ma seguo le sue trasmissioni su La7 e condivido solo perchè non pago il canone ma si sente da che parte sta lei e vorrei dirle una cosa: prima di parlare, provi a informarsi”.

Il terzo, nemmeno a farlo apposta:

Ma lei lo sa quanto stanno soffrendo i commercianti per quella protesta? E gli studenti, a cui vengono controllati i documenti se attraversano la piazza?

Ecco, vedi, non c’è più nulla da fare. Penso: però valeva la pena di dirlo comunque. Poi, come se la rete sollevasse un’onda, mi arrivano novantatrè (93!) messaggi, tutti di seguito. Corro su Google Analytics. Sul mio sito 2013 persone. E il tenore di tutti i messaggi, dopo quei primi tre insultanti o dissenzienti è questo:

Ciao Luca, su quella gru ci sono salito l’altra notte con la telecamera, un po’ perchè è il nostro mestiere, un po’ perchè pensavo fosse giusto fare il possibile per dare la maggiore visibilità possibile a quei ragazzi. Per questo grazie per aver alzato la voce di fronte al buonismo del ‘si va bene protestare, anche se avete ragione, ma non date troppo fastidio'”.
Emilio

BRAVO, mi è piaciuto molto il tuo intervento, ieri, da Santoro. Bella grinta, bravo veramente!!!!!!
Claudio

Ciao Luca, ieri sera ti ho visto ad Annozero e ho apprezzato molto la tua posizione a proposito degli immigrati di Brescia che protestano sulla gru. Ti scrivo perchè voglio ringraziarti per aver levato una voce forte e chiara sull’assurdità del reato di clandestinità e sulla “tassa di schiavitù”, cose che dovrebbero farci vergognare…

Quando hai raccontato la storia del padre che lascia suo figlio un po’ distante dalla scuola per paura di essere riconosciuto come clandestino, ho pianto perchè lavoro in un asilo nido e purtroppo storie come quelle per me hanno un nome e un volto e a volte vorrei sprofondare per il dolore e la rabbia che provo…

Grazie per aver gettato in faccia a Belpietro, Casini e a tutti quelli che si permettono di giudicare quella proptesta, la passione della verità…
Un abbraccio, Mariarosa

Salve Luca, ho veramente apprezzato il tuo intervento ad Annozero. Sono italiano, ma non ne ero molto fiero quando accompagnavo la mia ragazza in Questura per il permesso di soggiorno; una volta ho visto un agente di polizia deridere urlando un padre cinese di fronte ai figli e alla moglie, per non parlare poi delle interminabili file al freddo, o della kafkiana burocrazia che ti constringe a perdere decine di giornate in pratiche inconcludenti. Anche io sarei lì sulla gru, se fossi nella loro situazione”.

Sono un ragazzo di 19 anni che sogna di fare il giornalista e ancora di più di diventare come uno dei suoi miti: lei. Sono un lettore appassionato del Fatto, per due essenziali motivi. In ordine di pagine il primo è Marco Travaglio, il giornalista cattivo. Il secondo è Luca Telese, il giornalista buono. E così, pagato l’euro e venti più ben speso della giornata, prendo il giornale, leggo il fondo di Travaglio e poi vado a cercare lei, i suoi pezzi politici o le interviste”.

E ancora:

Ad Annozero mi è proprio piaciuto; era da tanto che non sentivo qualcuno accalorarsi per delle idee, degli ideali, ma sempre e solo di cose utili nell’immediato o di interessi di corto respiro. Mi ha stupito – piacevolmente – il suo infervorarsi; ero abituato a vederla a “In onda” tranquillo e pacato addirittura, a mio avviso, disinteressato lasciando il campo alla Costamagna (che ha purtroppo il vizio odioso di fare le domande e non aspettare le risposte)“.

E via così, decine e decine. Tre negativi subito, come uno spurgo, e tutti positivi dopo, come un’onda che si solleva, infrangendosi sulla riva. Quindi non è vero che siamo rassegnati, quindi non è vero che non si può incazzarsi, quindi non è vero che si fa la figura del matto se ci si oppone ai luoghi comuni del nuovo alfabeto razzista. Questo post inizia come un racconto triste di Agota Kristof, e finisce come La vita è meravigliosa di Frank Capra, uno dei miei film preferiti. Mica vero che vincono sempre i cattivi.

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