Uno dei principali ritornelli della classe politica in materia di lotta alla criminalità organizzata è la caccia ai latitanti e la loro cattura. Da qualche tempo, infatti, la “misura” utilizzata dagli esponenti dell’attuale governo per rilevare i successi ottenuti contro le mafie è il lungo elenco di boss, inseriti nella speciale lista dei 30 latitanti più pericolosi, assicurati alla giustizia negli ultimi anni.  In effetti, scorrendo l’apposita pagina web del Ministero dell’Interno, è difficile confutare le parole dei ministri Alfano e Maroni quando affermano che il numero dei “most wanted” è drasticamente sceso da quando sono in carica. La lista, concepita con una grafica che ricorda gli album calcistici della Panini, per la prima volta dalla sua creazione presenta un numero di spazi vuoti quasi pari a quello occupato dalle foto dei “padrini” ancora in fuga. Su un totale di 30 “posizioni”, infatti, solo 17 sono ancora occupate dalle immagini dei boss di cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra che, al momento, sono “irreperibili”. Poco più del 50%.

Vedere tutti quegli spazi vuoti è sicuramente la migliore pubblicità possibile per la strategia adoperata dal governo nella guerra alla criminalità organizzata. Chi si sognerebbe mai di criticare un esecutivo che, come sostengono i suoi membri, ha quasi dimezzato il numero dei latitanti più pericolosi? Chi oserebbe criticare un governo che per la prima volta da l’impressione di avere iniziato una seria opera di contrasto alle cosche? Ovviamente, nessuno.

Eppure qualcosa da dire sulla caccia ai latitanti e, in particolar modo, sulla lista dei 30 più pericolosi ci sarebbe.  Partiamo dalle origini ossia dalla creazione del progetto.

La lista dei 30 latitanti fu creata nel luglio del 1992 come iniziativa “…volta a stimolare lo spirito di collaborazione della collettività con le Forze di Polizia nel settore della ricerca di pericolosi malviventi”. A questa, ma sono in pochi a saperlo, fu affiancato un altro elenco di 100 nomi appartenenti ad altrettanti criminali “in fuga” ma di minore pericolosità rispetto ai 30 “più ricercati”.

Questa seconda lista, non rintracciabile sul web e conosciuta solo dagli addetti ai lavori, funzionava come una sorta di “serbatoio” per la prima. Ogni volta che un boss, inserito nell’elenco dei 30 più ricercati, finiva in manette il suo nome era sostituito da uno di quelli contenuti nella lista dei “100”. Parlo al passato di questo “automatismo” per il semplice motivo che da qualche tempo non avviene più come dimostrano i “famosi” spazi bianchi.

Tuttavia almeno un paio di nomi, a mio giudizio, meriterebbero di essere inseriti nella “top 30” e di assurgere agli albori della cronaca. In realtà uno dei miei candidati questo “onore” l’ha già avuto. Si tratta di Giuseppe Polverino, considerato l’erede dei Nuvoletta di Marano che già in passato fu inserito nello speciale elenco dei “più ricercati”, precisamente nel 1992. Arrestato cinque anni dopo è stato scarcerato nel 2001 dandosi nuovamente alla macchia. Di lui parlano non solo i collaboratori di giustizia ma anche forze dell’ordine e magistratura che lo considerano come uno dei principali esponenti della criminalità organizzata napoletana. A capo di un’organizzazione con interessi in ogni settore dell’illegale, dal traffico di droga alla gestione degli appalti, di Polverino si sono perse le tracce.

Una “new entry”, invece, potrebbe essere Giuseppe Dell’Aquila, soprannominato “Peppe o’ ciuccio”, latitante dal 2008. Descritto come personaggio di “notevole spessore criminale”, ha un curriculum di tutto rispetto. Nipote dei Mallardo di Giugliano, sposato con una dei Giuliano di Forcella, amico e sodale di Edoardo Contini del Vasto, Dell’Aquila compare in numerose ordinanze emesse dalla DDA partenopea, l’ultima delle quali riguardante il sequestro di beni valutati in centinaia di milioni di euro che il boss e i suo fratelli gestivano grazie a prestanome.

Perché non avvenga più il “passaggio” dalla lista dei “100” a quella dei “30”, a questo punto ha solo due possibili spiegazioni, una reale e concreta, l’altra fantascientifica.

Quella reale e concreta è che da quando è in carica l’attuale governo non solo sono stati catturati 13 dei 30 “fuggiaschi” più pericolosi ma anche tutti i nomi della lista “cadetta” sono finiti in galera.

L’altra, quella fantascientifica, è che, invece, “qualcuno” ha bloccato il travaso in modo da garantire al governo di poter continuare a sbandierare i suoi successi contro le mafie.

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