l’intervista - Nicola Morra

Montante, Nicola Morra: “Perché Salvini non ha costituito il Viminale come parte civile al processo?”

Il presidente dell’Antimafia: “Le istituzioni infiltrate dal ‘sistema’ dell’ex leader di Confindustria Sicilia: doveva dare un segnale”

28 Marzo 2019

Ha qualcosa da chiedere a Matteo Salvini: “Lo convocherò in commissione Antimafia, perché spieghi come mai il Viminale non si è costituito parte civile nel processo Montante”. Sostiene che il governo debba “fare di più” nella lotta alle mafie. E chiede prudenza nel cambiare le norme sugli appalti, “perché non si può aumentare la capacità di spesa di tutti i Comuni”. Questo e altro dice il presidente dell’Antimafia, Nicola Morra, veterano del M5S.

Da quanto lei spiega, il ministero dell’Interno non si è costituito parte civile nel processo ad Antonello Montante (l’ex presidente di Confindustria Sicilia, presunto creatore di un “sistema Montante”, accusato di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e allo spionaggio, ndr). Le sembra un brutto segnale?

Il fatto che il Viminale rinunci a essere attore in un processo che coinvolge agenti, dirigenti della Direzione investigativa antimafia e dei Servizi di sicurezza mi pare rilevante. E bisogna capire se sia frutto di una distrazione, oppure frutto di una scelta che io non posso condividere. Lo Stato è stato abbondantemente infiltrato, e doveva costituirsi, per rispetto a tutti coloro che lo servono fedelmente. Vorrei capire se il ministro dell’Interno Salvini sia a conoscenza di tutto questo.

Non glielo ha chiesto?

Lo convocherò in commissione. E se Salvini non ne sapeva nulla, mi aspetto che provveda alla rimozione del dirigente che ha preso questa decisione.

Vi siete sentiti in questi suoi primi quattro mesi all’Antimafia?

Gli ho mandato tre messaggi tempo fa su un’altra vicenda, ma non mi ha risposto.

Come giudica la linea di Salvini sulla lotta alle mafie?

Mi pare che il suo approccio al tema fino a oggi sia stato velleitario. Non è sufficiente gioire per le operazioni contro i clan: bisogna prevenire il fenomeno e per farlo serve la presenza dello Stato in territori dove è stato conosciuto soprattutto o solo come repressione. Quindi lavorando su temi come l’istruzione e la tutela dei diritti. Invece Salvini sostiene che la lotta alle cosche si possa vincere in pochi anni, basta che ci sia la volontà. Ma non esistono ricette miracolose.

Questo non lo può fare certo Salvini da solo. Così la domanda è se il governo stia parlando e agendo abbastanza contro i clan.

Il governo deve fare di più non solo su un piano politico-simbolico, ma anche con provvedimenti concreti. Più che della legittima difesa, questo Paese ha necessità di normare il conflitto di interessi e di contrastare in maniera molto più efficace l’evasione fiscale. Perché sono fenomeni che creano il “nero”, di cui l’economia illegale si ciba.

Però è difficile tracciare certi confini. Per esempio l’esecutivo intende semplificare il Codice degli appalti, così da “sbloccare i cantieri”. Ma allentando i controlli si rischia di favorire la corruzione. È un dilemma, no?

Non si deve certo impedire alle imprese sane di lavorare. Però vorrei che gli enti locali non ancora a posto con la normativa sulla trasparenza, o peggio sotto inchiesta, possano spendere ulteriori risorse in deroga alla normativa vigente. La capacità di spesa non va aumentata a tutti, in modo indiscriminato.

La sua commissione ha stilato un elenco di impresentabili presenti nelle liste elettorali sia in Sardegna che in Basilicata. Ma i partiti, come lei stesso ha ammesso, “se ne fregano”.

C’è grande ipocrisia. E un ulteriore peggioramento, perché prima gli impresentabili parevano concentrati nelle liste civiche. E i partiti provavano a sostenere che non fosse roba loro. Ma come si è visto in Basilicata, ora sono anche nelle loro liste.

Il codice per gli impresentabili è quasi un esercizio retorico.

Resta uno strumento di trasparenza. Da qui a poche ore la mia commissione ne varerà una versione ampliata, in cui verranno inseriti ulteriori reati come il caporalato e il riciclaggio.

Il M5S ha avuto il suo primo arrestato, il presidente del Consiglio comunale di Roma Marcello De Vito. Cosa rappresenta questo fatto per il Movimento?

A Roma c’era un sistema che rappresentava un coagulo di interessi, di cui faceva parte anche il costruttore Parnasi. Ci si poteva parlare, ma come ha fatto Roberta Lombardi, di fronte a testimoni e in un luogo pubblico, ribadendo “no, no, no”. Il M5S è sempre stato contro la cementificazione.

Lombardi propone di bloccare la delibera sullo stadio della Roma.

Non è affatto irrazionale. Forse è doverosa una pausa di riflessione, e operare un’ulteriore istruttoria. Ma sarà la giunta a decidere.

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