Cinema

Buen Camino, Checco Zalone moscio verso Santiago. Battute su lager e Gaza, ma la minestra è riscaldata

Al cinema dal 25 dicembre 2025 in attesa dell'incasso totale (30-35 milioni? di più? di meno?)

di Davide Turrini
Buen Camino, Checco Zalone moscio verso Santiago. Battute su lager e Gaza, ma la minestra è riscaldata

Un Checco Zalone familiar-spirituale e un tantino moscio. Che gli vuoi dire al re del box office di nuovo insieme al suo sodale Gennaro Nunziante? L’età passa, il furore iconoclasta pure, i figli crescono e diventano cuore di papà. Zalone/Nunziante ripetono lo stesso film da quasi vent’anni e con Buen Camino tornano ovviamente sui loro passi. Cammina cammina e la stessa minestra se riscaldata all’infinito perde sapore. Trama esilissima, gag di Zalone a raffica, luce in faccia ai protagonisti per non creare intoppi visivi, brani musicali comici “tematici” (qui c’è la prostata infiammata, un po’ caduta dal cielo, e un altro su genetica familiare e dna) a manetta, Buen Camino inizia con un medico spagnolo che infila un dito nell’ano di Checco per controllare l’organo, appunto, infiammato. Voce fuori campo della nemmeno 18enne Cristal (Letizia Arnò) sul papà ricco sfondato e stolto, spaccone e kitsch, dal quale fugge per affrontare in silenzio, sloggata dai social, il cammino per Santiago di Compostela.

Ovviamente il miliardario Checco, sperperatore alle spalle del padre moribondo su un lettino, in nemmeno cinque minuti di film racconta una quantità di cazzate sesquipedali all’intervistatrice americana, giunta nella sua mega villa da sultano in Sardegna, da tramortire un elefante. Piramidi e sfarzo per il compleanno dei suoi 50 anni, bolidi, carte di credito, domestici ossequiosi ovunque, tutto esageratamente zaloniano sopra le righe come tradizione vuole. Della scomparsa di Cristal se ne accorge per prima la ex moglie (una deliziosa Martina Colombari) che ha abbandonato la moda per il teatro di ricerca (la situazione/battuta anti bobos sinistrati più divertente del film) e che sta con un professorino arabo verso cui Zalone strafottente regala una gioco di parole su Gaza indimenticabile. Checco il miliardario, parrucca riccia bionda, prima scopre dove è finita la figlia torchiando l’obesa amica borgatara lasciata perire affamata davanti a un ravanello da stella Michelin, poi prende la Ferrari (una delle sei) e zompa addosso a Cristal appena partita dal confine francese zaino in spalla assieme ad altri strambi viandanti: il giovane assatanato di sesso con una vecchia, il non vedente (Gianfranco Berardi, attore teatrale di grandissimo pregio) che accompagna l’amico dal cuore infranto, il barbone puzzolente con cane e una delicata signora (Beatriz Arjona)che dice di aver litigato con un misterioso uomo.

Per 800 chilometri il riccastro ossessionerà la figlia bisognosa di pace e nessun agio con smargiassate esagerate di comfort e lusso puntualmente rifiutate. Tra vesciche sotto i piedi per le quali viene chiamato un primario del San Raffaele, una cena povera organizzata con uno chef stellato travestito da contadino e pure l’infortunio alla caviglia di Cristal (che permette a Zalone di sfotticchiare anche il reparto disabili&miracoli), Checco ritroverà l’amore della figlia incompresa, la spiritualità di un cammino in solitaria e la prostata infiammata, rinunciando francescanamente agli agi. Buen Camino è forse il film più buonista dell’intera epopea zaloniana, con un’impronta spirituale vagamente ciellina (la battuta sul tau francescano è quasi sottovoce) e una necessità comica distruttiva totalizzante che si arena un po’ molle e fiacca tra i tornanti asturiani.

Il gioco dell’accumulo radicale nei contrasti di senso, nei paradossi dell’ignoranza crassa, nella spontaneità del politicamente scorretto (la battuta su Schindler’s list nella camerata dell’ostello e relative docce che non spruzzano gas probabile farà discutere), che ha fatto sfondare Zalone&Nunziante, attirando a sé conservatori e, obtorto collo, molti progressisti, non manca di certo, ma essendo un cinema tagliato ad hoc sull’eruzione ed erezione di Zalone, senza scarti dinamici estetici di regia pare sempre di vedere un episodio di Don Matteo con l’incursione di un protagonista su di giri. Infine, i tentativi nobili e alti (Totò e Peppino con la lettera da preparare) sono sempre apprezzabili e buffi, ma l’atmosfera in Buen Camino è quella del party sfarzoso, resti della torta sui piatti, commensali già satolli che escono alla chetichella. Al cinema dal 25 dicembre 2025 in attesa dell’incasso totale (30-35 milioni? di più? di meno?).

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