“Non ho mai voluto mancare di rispetto alla dottoressa Albani. Apprezzo la sua perizia, ma quella comparazione, dal mio punto di vista, vale zero”. Sono queste le parole di Liborio Cataliotti, uno degli avvocati che difende Andrea Sempio dalle accuse per l’omicidio di Chiara Poggi, nel corso di una lunga intervista a “Lo Stato delle Cose”. Intervenuto durante la trasmissione condotta da Massimo Giletti, nella puntata in onda lunedì 8 dicembre, il legale risponde a una serie di interrogativi circa la strategia difensiva adottata dal team del 37enne.
La perizia Albani: “Apprezzo la perizia Albani, ma la comparazione vale zero”
Il focus, in particolare, è sulla perizia pubblicata negli scorsi giorni dalla dottoressa Denise Albani, che ha riscontrato la compatibilità delle tracce di DNA trovate sulle unghie della vittima con la linea paterna della famiglia Sempio. “Non ho voluto mancare di rispetto al perito Albani, apprezzo la sua perizia al punto che difficilmente muoverò serie critiche, domande, polemiche in sede d’incidente probatorio. Il mio approccio non è quello del genetista, ma è quello del giurista”, esordisce Cataliotti. L’avvocato, a sostegno della sua tesi, legge dunque la perizia, sottolineando un passaggio in cui la dottoressa Albani spiega che “Non è possibile considerare le tre sessioni di tipizzazione relative a ciascun margine ungueale come repliche, ma è opportuno prenderle in considerazione come risultanze indipendenti”. In sostanza, sostiene Cataliotti, “il professor De Stefano (perito della Corte d’Assise d’appello del processo Stasi, ndr) fece più repliche non con lo stesso quantitativo, non dettero lo stesso risultato, è improprio dal punto di vista scientifico ed è improprio definirle tecnicamente repliche”, riporta il legale. L’avvocato, quindi, afferma: “La Cassazione dice che quando non ci sono repliche in senso proprio quella comparazione vale zero, dal mio punto di vista vale zero”.
A quel punto, il conduttore interroga l’ospite su un aspetto da lui ritenuto particolarmente interessante: “Sull’unica unghia che non è stata toccata e analizzata dai Ris all’epoca, è stato trovato molto DNA riconducibile alla linea familiare di Andrea Sempio”, rivela infatti Giletti sostenendo che si tratti di una sua indiscrezione. Ma l’avvocato schiva la domanda, precisando che “quando l’indiscrezione diventa la prova, io ragionerò su questa prova”.
Il DNA riconducibile alla famiglia Sempio: “Verificheremo possibili punti di contatto indiretto”
Sul perché ci sia un DNA riconducibile alla linea maschile dei Sempio sulle mani della vittima, l’avvocato ribadisce di voler tenere in considerazione qualsiasi ipotesi: “Noi del pool difensivo non ci siamo fermati al dato giuridico, abbiamo voluto prendere in considerazione l’ipotesi che quella valutazione, sia pure non replicata, un valore ce l’abbia, sia pur come prova o indizio che ci sia stato un contatto – non sappiamo di quale natura – fra una superficie toccata da Chiara Poggi e una superficie toccata da Andrea Sempio”. Proprio per fare luce su questo aspetto, Cataliotti rivela che il team difensivo di Sempio sta “predisponendo una nostra perizia sui possibili punti di contatto indiretto”.
L’avvocato ammette che Sempio “non è mai entrato in quella casa senza Marco Poggi”, ma sostiene anche il DNA “su una superficie può rimanere 27 anni”: “Ammesso che Chiara possa essersi lavata le mani, che è altamente verosimile, può essere venuta a contatto con superfici che fossero usualmente toccate, sia pur non in tempi immediatamente precedenti, dal nostro cliente – aggiunge ancora -. Questo è l’esercizio che abbiamo fatto dotandoci della planimetria dell’immobile e comparando quello che Sempio ci ha detto stragiudizialmente con quelle che sono le risultanze processuali. Il mio perito sta ipotizzando 15 forse 20 punti di contatto”, le parole del legale.
Interrogato sul punto da Giletti, che si chiede perché non si trovi il DNA di Stasi ma solo quello riconducibile alla famiglia Sempio, l’avvocato precisa che “il reperto di DNA trovato sulle mani di Chiara Poggi è un aplotipo Y misto, cioè lasciato da più persone. Vi era un reperto più facilmente isolabile, che poi è stato comparato con Stasi, Sempio e altri frequentatori della casa e quello parrebbe forse riconducibile alla famiglia Sempio. E ciò non esclude che quello più degradato fosse riconducibile ad altri. Questa è la vera risposta”, replica Cataliotti.
Lo scontrino del parcheggio di Vigevano: “Se fosse un processo non sarebbe un alibi”
L’avvocato, infine, dice la sua sull’ormai noto scontrino del parcheggio di Vigevano – datato 13 agosto 2007 con orario di inizio fissato alle 10:18 – di cui Sempio aveva parlato agli inquirenti per supportare la versione secondo la quale si trovasse in una città diversa da Garlasco il giorno del delitto: “Io so che l’originale di quello scontrino non è mai stato sequestrato. So che ne parlò il 4 ottobre 2008 sentito come testimone, non so se gli sia stata chiesta espressamente la consegna perché la domanda venne rappresentata con l’acronimo adr (a domanda risponde, ndr). Se fosse un processo non sarebbe un alibi perché non indica la targa né il nome di chi quell’auto la utilizzò quella mattina. È evidente che se quell’affermazione venisse provato che fosse falsa, un rilievo sia pur indiziario lo verrebbe ad avere”, ammette Cataliotti.