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Dovere, diligenza e decoro: gli avvocati di Milano a lezione di deontologia dalla regina Elisabetta II

A tre anni dalla morte la longeva sovrana d'Inghilterra può ancora essere considerata un modello. Anche per la professione forense. Tanto che il tema è stato al centro di un incontro che si è tenuto nei giorni scorsi alla Biblioteca Ambrosoli del Tribunale di Milano

di Redazione FqMagazine

Avvocati milanesi a lezione dalla regina Elisabetta II. A tre anni dalla morte la longeva sovrana d’Inghilterra può ancora essere considerata un modello. Anche per la professione forense. Tanto che il tema è stato al centro di un incontro che si è tenuto nei giorni scorsi alla Biblioteca Ambrosoli del Tribunale di Milano organizzato dalla Commissione di diritto bancario e terzo settore dell’Ordine degli Avvocati. Al tavolo dei relatori gli avvocati Marco Ubezio e Barbara Delfini, insieme alla collega e Presidente della Commissione Maddalena Arlenghi, consigliera dell’Ordine degli Avvocati di Milano.

L’avvocato Ubezio che è anche coautore del libro Elisabetta II, la regina infinita (Garzanti) sostiene che Elisabetta II sia ancora oggi un esempio di dovere, diligenza e decoro. A dargli man forte c’è il codice deontologico della professione forense, che all’articolo 9 recita: “L’avvocato deve esercitare attività professionale con dipendenza, lealtà, correttezza, probità, dignità, decoro, diligenza”. Dal canto suo Elisabetta II ha servito il suo Paese per oltre 70 anni con costanza e senso del dovere, affrontando ogni impegno con disciplina e rispetto delle istituzioni. “La sua figura è stata percepita come un punto fermo in un mondo in costante cambiamento, capace di attraversare crisi politiche, trasformazioni sociali e rivoluzioni culturali senza mai venir meno al proprio dovere – è la sintesi di quanto emerso nel corso dell’incontro, che fa parte del programma di formazione continua per gli Avvocati – La sua capacità di affrontare la vita tra dovere, devozione e diligenza, sono un modello anche per la professione forense”.

Un esempio? L’episodio in cui Elisabetta II si è trovata allineata con i governi africani del Commonwealth che erano contro l’apartheid sudafricano e chiedevano delle sanzioni per Città del Capo. La prima ministra inglese di allora, Margaret Thatcher, era invece contraria a sanzionare il regime del Sud Africa. Un paradosso per una sovrana incarnazione del conservatorismo che, come capo del Commonwealth, si sia trovata dalla stessa parte dei regimi socialisti africani contro il suo stesso governo. E che, è il ragionamento, è un’immagine esemplare sul tema dell’indipendenza e del dovere di fedeltà professionale. Mai un fallimento? Si, ma solo se letto con la lente della deontologia forense. Alla morte della principessa Diana Elisabetta non è riuscita a sottrarre il dolore dei nipoti all’esposizione pubblica. Un tema, quest’ultimo, che riguarda molti avvocati in un’epoca di spettacolarizzazione televisiva dei casi di cronaca.

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