Schifani ci ripensi: la Sicilia finanzi il film sul “mio ragazzo” Lillo Zucchetto
Apprendo con notevole rammarico la decisione della Regione Sicilia di non finanziare un film che racconti la breve vita di un poliziotto siciliano: Lillo Zucchetto. Vedo in questo diniego una Sicilia, che chiude gli occhi, che impedisce di conoscere il passato di un ragazzo siciliano. Il film al quale è stato negato il finanziamento non racconta episodi astratti o romanzati, ma la storia di chi col proprio sangue scrisse la pagina d’oro della lotta alla mafia. Il poliziotto Lillo Zucchetto nacque a Sutera e donò la propria vita per questo Paese: come spiegherò in questo post, poteva girarsi dall’altra parte e non lo fece.
Lillo Zucchetto è stato un poliziotto della Squadra Mobile di Ninni Cassarà. Chi scrive porta nel cuore la colpa di ritenersi responsabile della morte di Lillo. Accadde che nel finire del mese di agosto 1982, Lillo seppe da me che l’amico intimo di Totò Riina e capofamiglia di Villabate, Salvatore Montalto, si nascondeva in una villetta situata nell’agro delle Balate/Croceverde Giardina (Ciaculli). Ninni Cassarà mi volle nella sua squadra e Lillo, insistette nel voler lasciare la sua, per far parte della mia pattuglia. Così fu costituita la pattuglia con Lillo e Francesco “Ciccio” Belcamino.
Verso la fine del mese di agosto, iniziammo a lavorare insieme. E proprio il primissimo giorno, io e Lillo (Belcamino ero in ferie) vedemmo all’ingresso della stradina che immette alle Balate, un terzetto formato da Salvatore Montalto, Pino Greco “scarpuzzedda” e Mario Prestifilippo, latitanti conosciuti personalmente da Lillo. Ci convincemmo, quindi, che la notizia del mio confidente era positiva. Quella mattina fummo costretti a proseguire la marcia e appena possibile facemmo inversione, con lo scopo di sorprendere i tre: erano spariti. Io nel frattempo avevo fatto un sopralluogo della villa. Ci piazzammo sul costone che sovrasta Ciaculli e iniziammo l’appostamento con potenti binocoli e cannocchiali, prestati da una nota ditta palermitana.
All’inizio del mese di novembre, accadde un particolare importante: vedemmo finalmente Salvatore Montalto che accoglieva nella sua villa, una dozzina di persone: alcuni erano entrati e altri stazionavano accanto alle auto. Immaginammo un summit di mafia. Non potevamo usare la radio di bordo, giacché avevamo saputo che proprio a Ciaculli ci fosse una radio che captava le nostre conversazioni.
Ci fiondammo nel primo telefono pubblico ed io chiamai Cassarà a casa: mi rispose sua moglie Laura dicendomi che era a giocare a tennis. Era un giorno festivo. Andammo alla Mobile e il dirigente Ignazio D’Antoni organizzò una nutrita squadra, anche con carabinieri, per compiere il blitz. Noi ritornammo sul luogo dell’appostamento ed io avrei dovuto dare l’ok all’intervento. Ma le auto erano tutte sparite.
Il giorno dopo Ninni Cassarà, col suo vespone e con Lillo, volle fare un sopralluogo dell’agro. Da premettere che io stesso, col nostro elicottero, avevo fotografato l’intera zona per poi farne una gigantografia. Cassarà, nel ritornare indietro, fu costretto a lasciare il passo a due autovetture: una era guidata da Fici Giovanni, l’altra da Mario Prestifilippo con accanto Scarpuzzedda, che appena vide i due si chinò, probabilmente per prendere un’arma. Lillo riconobbe i due e loro riconobbero Lillo. Io e Belcamino eravamo appostati sul costone per monitorare la zona dall’alto.
Rientrammo in ufficio per attendere l’arrivo di Cassarà e Lillo. Passavano i minuti e loro non arrivavano. E quindi iniziammo a preoccuparci. Io presi un vespino sequestrato a degli scippatori e con Belcamino, partimmo: feci una manovra azzardata e cademmo per terra. Fummo costretti a rientrare alla Mobile: loro erano già in ufficio. Lillo ci racconta il motivo del ritardo e l’incontro col terzetto e aggiunge testualmente: “Mi hanno riconosciuto, male che va mi bruceranno la macchina”.
Giovedì 4 novembre, Lillo arrivò in ufficio e mi chiamò da parte: era preoccupato: “Ieri sera, mentre uscivo da casa, c’era Mario Prestifilippo accanto a una Fiat 131 di colore bianco, che senza dire nulla, mi ha guardato. Io mi sono allontanato con la mia macchina e lui mi ha seguito sino a quando all’incrocio è sparito”. Riferimmo tutto a Ninni Cassarà. Si organizzò il blitz per l’alba di domenica 7 novembre. Lillo volle partecipare, io non potei per motivi legati al territorio di crescita giovanile e, insieme a un collega, mi appostai sul costone per segnalare eventuali problemi.
Lillo, nel saltare la recinzione, si strappò i pantaloni e mentre Cassarà entrava in casa – la porta era aperta -, vide Montalto davanti al televisore e proprio in quell’istante si sentì dalla tv: “Fermi tutti polizia”. Montalto si girò e rimase basito. Insieme al latitante fu tratto in arresto un’altra persona.
La sera di domenica 14 novembre, Lillo Zucchetto stava uscendo dal bar e, mentre sbocconcellava un panino, venne assassinato con cinque colpi di pistola. Qualche giorno dopo la sua morte, la mafia mise in giro la voce, che Lillo era stato ammazzato per questione di “fimmine”. Cassarà ed io iniziammo, autorizzati dal pm Agata Consoli, una riservata indagine, mettendo sotto controllo un telefono di una donna abitante nello stesso stabile del dr Falcone. Le indagini ci condussero a Roma e accertammo che la “voce” era priva di fondamento.
Ed ora dopo aver minuziosamente raccontato i motivi che diedero luogo all’uccisione di Lillo Zucchetto, mi rivolgo direttamente al presidente della Regione Sicilia, dr Renato Schifani. Signor Presidente, la prego, riesamini la possibilità di finanziare il film del sacrificio del “mio ragazzo” Lillo Zucchetto. Mi auguro davvero che la sua, non sia una decisione definitiva, e che per onorare il sacrificio di un giovane, spero che ritorni sui suoi passi. Presidente, devo dirle che, se quel confidente non m’avesse dato la notizia, Lillo sarebbe ancora tra noi: facciamo conoscere ai nostri giovani siciliani, come un ragazzo di Sutera, di soli 27 anni, tenne fede al giuramento innanzi la Costituzione: non si tirò indietro, pur sapendo che già i suoi Killer l’avevano scoperto.
Mi rifiuto di credere, che lei presidente, rimarrà insensibile dopo aver letto la tragica fine di Lillo: Zucchetto si merita l’abbraccio di tutti e il film – sono sicuro – darà la possibilità a Lillo di entrare nel cuore di tutti i siciliani onesti. La prego non lasci che questo mio appello rimanga inascoltato. Con ossequio, Pippo Giordano.