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‘Ndrangheta, la denuncia del procuratore Musolino: “La repressione non è la soluzione, la politica non ha capito che produciamo criminalità”

L'analisi del segretario di Md durante la manifestazione organizzata dal testimone di giustizia Nino De Masi
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“Dite voi come vi relazionate con Pino Piromalli, con Antonio Piromalli? Come vi relazionate con Ciccio Pesce o con i vari Bellocco che sono usciti?”. Rompe gli schemi il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Stefano Musolino e, a Gioia Tauro, durante la manifestazione “Favuriti” organizzata dall’imprenditore e testimone di giustizia Nino De Masi, si rivolge ai sindaci della Piana facendo i nomi e i cognomi dei boss della ‘ndrangheta. Per il magistrato, segretario nazionale di Md, è importante come i cittadini si relazionano con i capicosca che da diversi mesi a questa parte, scontata la pena, sono ritornati sul territorio: “Questo – spiega – cambia tutto. Cambia proprio la storia anche di queste persone perché se Pino Piromalli esce dal carcere quasi ottantenne e va e zappa l’orticello suo siamo tutti a posto. Se Ciccio Pesce dopo anni di galera decide di dedicarsi alla sua famiglia, poco male. Se, invece, trovano una società pronta ad accoglierli per continuare a riconoscergli un ruolo apicale in determinate dinamiche, il problema non l’abbiamo risolto. Cioè stiamo costituendo, come società, le basi perché queste persone tornino a delinquere”.

L’intervento di Musolino è a tutto campo e affronta il tema della ‘ndrangheta non solo dalla prospettiva di magistrato della Direzione distrettuale antimafia ma da quella del cittadino: “Chi sono le persone, cosa fanno e come funzionano le dinamiche, non è che devo venire a spiegarlo io da Reggio Calabria. Le persone di Gioia Tauro lo sanno come funziona. Il punto è quanta voglia hanno di immaginare un futuro diverso”. Per Musolino, nato e cresciuto a Reggio Calabria, questa terra “è bellissima e abbiamo anche intelligenze capaci di sfruttarla”. A condizionarla, però, ci sono dei sistemi che andrebbero scardinati, che non vuol dire limitarsi all’azione di repressione delle forze dell’ordine e della Procura: “Non dipende dalla magistratura – afferma – Questa è una cosa su cui io sono convintissimo. Ci sono magistrati molto più autorevoli di me che hanno parlato di una palengenesi addirittura della politica calabrese a mezzo dello strumento giudiziario. Io non ci credo a questa cosa. Io non credo che la repressione sia lo strumento attraverso cui possa rinascere una società. Una società rinasce se ha voglia di rinascere, se trova gli strumenti al suo interno”.

Il riferimento è alla politica. Per formazione e convinzione, Musolino non è mai stato sulle posizioni giustizialiste (“Il tema non è quanti ne arrestiamo”), ma non ha mai sposato neanche la narrativa che utilizza l’alibi della ‘ndrangheta per non fare le cose: “Il tema, in una terra come la nostra, è prima di tutto cosa funziona quando le persone escono (dal carcere, ndr). Noi abbiamo problemi colossali di cui non parliamo. Preferiamo ignorare. E però, siccome siamo in un posto piccolo, tantissime persone se ne sono andate, molti di quelli che sono rimasti sono familiari di persone come i Piromalli che hanno un sacco di familiari. Ma che fa un familiare di Piromalli se vuole aprire un’azienda e svolgere un’attività con il pubblico quando ha bisogno di un’autorizzazione o concessione? Rischia di beccarsi un’interdittiva. È una soluzione? Può essere niente, può essere uno che sta cercando di farsi la sua vita e per il peso del cognome prende un’interdittiva, quindi gli stiamo dicendo continuo a fare il Piromalli”.

E ancora: “Sciogliamo i comuni sulla base di una legge antimafia fondata su parentele, prossimità legate a chi viene eletto, ma la dirigenza praticamente non viene toccata e ci sono posti dove il commissariamento dura da anni. È una negazione di democrazia clamorosa. Noi dobbiamo immaginare questo posto come un posto dove succedono le cose normali, dove non abbiamo bisogno che Nino De Masi (l’imprenditore e testimone di giustizia, ndr) faccia l’eroe. Lui deve poter fare solo l’imprenditore. Questo è il posto normale che dobbiamo sognare. Questa è la Calabria che dobbiamo immaginare, non un posto dove la magistratura e le forze dell’ordine hanno un ruolo enfatico, anche perché non ce l’hanno, perché non abbiamo numeri di forze dell’ordine adeguati al fenomeno che dobbiamo affrontare. Non ce li abbiamo”. L’ultima stoccata allo Stato che dice di voler combattere la ‘ndrangheta ma non mette nelle condizioni gli inquirenti di farlo: “Noi dobbiamo fare sistematicamente scelte perché i numeri delle forze dell’ordine che lavorano con sacrifici clamorosi per noi non sono sufficienti. Lo Stato non ha ancora capito che produciamo criminalità che inquina tutto, non è che resta solo qua. Loro immaginano ‘problema vostro’ e invece è un problema nazionale. Di questo problema nazionale non si coglie la rilevanza e perciò vedete gli organici che c’hanno le forze dell’ordine a Palermo e vedete gli organici che c’hanno le forze di Reggio Calabria”.

il video è stato concesso al Fatto dall’imprenditore Nino De Masi, anima del progetto “Favuriti” e della serata organizzata all’interno della sua azienda

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