Crime

Le Iene svelano chi è il “supertestimone” del delitto di Garlasco: “Non sono uno stupido, ho fatto uno più uno”

L’uomo, dunque, ha deciso di rinunciare al proprio anonimato con dichiarazioni inedite sul caso nel servizio realizzato dalla “Iene” Alessandro De Giuseppe e Riccardo Festinese e andato in onda martedì 27 maggio su Italia1

di Claudio Savino
Le Iene svelano chi è il “supertestimone” del delitto di Garlasco: “Non sono uno stupido, ho fatto uno più uno”

È stata svelata l’identità del presunto “supertestimone” ascoltato da Le Iene sul delitto di Garlasco. Si tratta di Gianni Bruscagin, che al programma Mediaset aveva raccontato la sua versione su quanto sarebbe accaduto il giorno dell’omicidio di Chiara Poggi, l’allora 26enne uccisa nella villetta di famiglia il 13 agosto 2007, per cui è stato condannato in via definitiva l’ex fidanzato della giovane, Alberto Stasi, ora in regime di semilibertà. L’uomo, dunque, ha deciso di rinunciare al proprio anonimato con dichiarazioni inedite sul caso nel servizio realizzato dalle “Iene” Alessandro De Giuseppe e Riccardo Festinese e andato in onda martedì 27 maggio su Italia1. All’interno del reportage è stata mostrata anche un’intervista ad Alberto Stasi. in cui ribadisce la sua presunta innocenza: “Andrea Sempio? Non lo conoscevo. Mi auguro che si possa arrivare alla verità, sono fiducioso”.

Le parole di Stasi
Il servizio si apre con una ricostruzione dell’intero caso Garlasco, del quale Le Iene ripercorrono una serie di presunti errori che qualcuno sostiene siano stati commessi dagli investigatori nel corso delle indagini, alcuni confermati anche dalla Cassazione. E sono state mandate in onda anche le dichiarazioni di Alberto Stasi, il fidanzato dell’epoca di Chiara, condannato in via definitiva a 16 anni di carcere e ora in regime di semilibertà: “Sto vivendo uno tsunami di emozioni, mi auguro che si possa arrivare alla verità e alla giustizia per Chiara”, spiega l’uomo. “Andrea Sempio? Non lo conoscevo, era un amico del fratello di Chiara e quindi era estraneo alla mia cerchia di amicizie e conoscenze, non l’avevo mai visto e mai sentito. Se mi sento fiducioso sulle nuove indagini? La vivo con speranza, credo ancora in una giustizia giusta: serve la buona volontà di uomini di buona volontà”, afferma Stasi che quindi ribadisce la sua presunta innocenza nel caso.

La prima testimonianza di Bruscagin a Le Iene
Nell’intervista in onda lo scorso 20 maggio, Bruscagin aveva invece svelato la testimonianza che gli avrebbe fornito una sua conoscente, la cui zia avrebbe vissuto nel comune pavese di Tromello, vicino alla casa della nonna di Stefania e Paola Cappa, le cugine mai indagate di Chiara. La signora – oggi deceduta – avrebbe riferito di aver visto una delle due sorelle tentare di entrare nell’abitazione, il giorno dell’omicidio, con un borsone pesante e che “era talmente agitata da non riuscire ad infilare la chiave nella porta”. Sarebbe poi entrata e successivamente uscita, ma senza la borsa che avrebbe avuto con sé, aveva aggiunto Bruscagin, che, secondo le Iene, si riferirebbe a Stefania Cappa. Le due sorelle non risultano indagate al momento. La testimonianza, registrata circa due mesi prima della messa in onda, era già stata ascoltata dagli inquirenti, che avevano deciso di perquisire il canale di Tromello – in cui hanno trovato diversi attrezzi di metallo che saranno oggetto di analisi approfondite – oltre alla casa di Andrea Sempio, amico del fratello della vittima e indagato, per concorso in omicidio con Stasi o con ignoti, nella nuova inchiesta della Procura di Pavia sul delitto.

Il presunto “supertestimone”, inoltre, ha sostenuto di aver già raccontato la sua versione nel 2007 all’avvocato della famiglia Poggi, Gian Luigi Tizzoni, dopo una presunta richiesta di aiuto da parte del legale, che, secondo quanto dice l’uomo, “non ha voluto sentire la mia testimonianza”, aveva dichiarato a Le Iene. L’avvocato, però, ha successivamente spiegato di conoscere “benissimo” questo “supertestimone”, a cui aveva detto di non essere interessato “perché non c’era nulla di concreto in quello che diceva, ma gli dissi di andare dai carabinieri. Parole che, però, il “teste” nega, sostenendo di essere lui a dire la verità, come dichiarato nell’ultima intervista a Le Iene.

La risposta di Bruscagin al legale Tizzoni
“Ho deciso di metterci la faccia in quanto questo signore mi ha pubblicamente diffamato e io voglio avere la soddisfazione di confutare quello che lui dice”, spiega Bruscagin riferendosi all’avvocato Tizzoni, che aveva invece parlato pochi giorni dopo la messa in onda della prima testimonianza. “Smentisco categoricamente di essere stato io a cercarlo, è stato lui, io non sapevo nemmeno che lui si occupasse di questo caso. L’ho saputo nel momento in cui lui mi chiede aiuto”, aggiunge il presunto “supertestimone”, che poi afferma: “Mi ha chiamato telefonicamente, ci siamo incontrati vicino casa sua e mi ha chiesto aiuto. Secondo me perché mi conosceva da tanto tempo, mia mamma lavorava da sua mamma e pensava di potersi fidare di me. Il giorno dopo aver scoperto quella cosa l’ho chiamato e gli ho detto di aver ascoltato delle dichiarazioni sulle gemelle, ma lui mi ha stoppato subito e non ha voluto sapere niente. Mi ha detto che non si poteva affrontare un’altra indagine su altre persone perché ce n’era già un’altra in corso. Io non sono uno stupido, ho fatto uno più uno, ho pensato ‘ma questo qua cosa sta facendo?’. Penso che l’avvocato che difende la famiglia di una ragazza che è stata uccisa se trova un indizio penso che mi avrebbe accolto a braccia aperte. Poi che se fosse servito o meno non si sa, ma se mi hai chiesto aiuto e ti porto un indizio, ripeto, lui mi ha chiesto aiuto. Non mi ha mai detto di andare dai Carabinieri”.

Bruscagin, infine, ha spiegato quali sono state le sue mosse successive al presunto incontro con Tizzoni: “Mi sono permesso soltanto di parlare con un colonnello dei Carabinieri di mia conoscenza, lui mi ha detto per il momento di tenere tutto per me perché non era il momento giusto per divulgare queste cose perché avrei rischiato di andarci di mezzo io. Era un colonnello di Milano che mi ha messo in allerta perché secondo lui coloro che si stavano occupando del caso all’epoca non erano affidabili. Io ai Carabinieri ho già detto tutto, ho detto nome e cognome di questa persona”, conclude l’uomo, che poi mostra i biglietti sui quali ha scritto le presunte testimonianze di allora, con tanto di datazione risalente – almeno apparentemente – al periodo relativo dell’omicidio di Chiara Poggi.

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