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Raid su Gaza, altri 16 morti. Consiglio d’Europa attacca Israele: “Nella Striscia pulizia etnica e genocidio”

Uccisi alcuni civili mentre stavano soccorrendo altri feriti. Israele: "Entrati 107 camion di aiuti". Msf: "Ne sono arrivati 4, insufficienti". Parroco della Striscia: "Da 3 mesi non riceviamo nulla"
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A Gaza è un altro giorno di guerra, di attacchi sui civili da parte dell’esercito israeliano. Almeno 16 palestinesi sono rimasti uccisi e decine di altri feriti in una serie di raid aerei che hanno colpito la Striscia dalle prime ore di oggi nella città di Deir al-Balah e ad Abasan al-Jadida. Nel frattempo Israele conferma che sono entrati a Gaza 107 camion di aiuti, dopo oltre un giorno di blocco al valico di frontiera. Ed è dal Consiglio d’Europa che arrivano parole durissime nei confronti di Israele, le cui operazioni a Gaza “vanno nella direzione della pulizia etnica e del genocidio”.

I raid – Secondo testimoni oculari citati da Wafa, alcune delle vittime erano civili che cercavano di soccorrere i feriti quando sono stati a loro volta colpiti. Altre 3 persone, fra cui una bambina, sono morte a Gaza City nel bombardamento di un appartamento. A Khan Younis, poi, 2 fratelli sono stati uccisi e il padre è rimasto gravemente ferito in un raid israeliano che ha colpito la casa di famiglia nella zona ovest del campo profughi della città. La crisi umanitaria resta gravissima: mentre ieri la Mezzaluna rossa palestinese confermava che gli aiuti fossero bloccati al valico, oggi il coordinatore israeliano delle attività governative nei territori (Cogat) ha annunciato che ieri 107 camion carichi di aiuti umanitari sono entrati, dopo aver chiuso i valichi il 2 marzo. Secondo il Cogat, i tir ieri trasportavano farina, cibo, farmaci e attrezzature mediche. Gli aiuti sono stati sottoposti a un’ispezione da parte delle autorità israeliane prima di entrare a Gaza attraverso il valico di Kerem Shalom. I funzionari delle Nazioni Unite affermano che i gruppi umanitari hanno dovuto affrontare notevoli difficoltà nella distribuzione degli aiuti a causa dell’insicurezza, del rischio di saccheggi e dei problemi di coordinamento con le autorità israeliane. E Medici Senza Frontiere (Msf) afferma che soltanto 4 tir sono entrati nella Striscia. Al loro interno: antidolorifici, antibiotici, garze, guanti medici, soluzioni saline e mascherine. “È una goccia nell’oceano”, dice Angelo Rusconi, capo progetto di Msf a Gaza. “Gli aiuti devono arrivare in quantità sufficiente e in modo da poter raggiungere chi ne ha bisogno”, chiarisce Rusconi.

L’attacco del Consiglio d’Europa – Le scelte operate da Israele a Gaza “vanno nella direzione della pulizia etnica e del genocidio”, afferma Saskia Kluit (Paesi Bassi, Soc), relatrice dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa per il rapporto sottolineando “l’assoluta e urgente necessità di porre fine alla crisi umanitaria per le donne, i bambini e gli ostaggi a Gaza”. “Con il blocco totale delle forniture umanitarie essenziali dal 2 marzo 2025 e la ripresa dell’attacco su larga scala al territorio da parte delle autorità israeliane, la situazione è peggiorata oltre ogni immaginazione“, dichiara la parlamentare. “I bambini sono le prime vittime di questa violenza sistematica. Senza cibo, acqua pulita, cure mediche e un riparo sicuro, il loro diritto alla vita viene negato”, aggiunge. “È chiaro che il governo israeliano non rispetta il diritto umanitario internazionale, che richiede che gli aiuti umanitari siano consegnati incondizionatamente, senza ostacoli e in quantità sufficiente a sostenere la salute di una popolazione”, evidenzia Kluit. “La popolazione palestinese di Gaza è confinata in uno spazio sempre più ristretto, senza possibilità di fuga e senza tregua da bombardamenti e attacchi, e le cosiddette zone di sicurezza non ne offrono alcuna”, continua la parlamentare. “Esorto ancora una volta Israele a interrompere immediatamente l’uccisione della popolazione di Gaza“, dice Kluit, sostenendo che “la comunità internazionale deve ora adempiere al suo dovere di dire la verità e seguire gli obblighi legali previsti dalle convenzioni di Ginevra, compresa la convenzione sul genocidio”.

“Da tre mesi non riceviamo aiuti, stiamo razionando tutto” – Dall’unica parrocchia cattolica di Gaza, padre Gabriel Romanelli – a cui Papa Francesco ha telefonato fino a poco prima di morire – avverte che la situazione continua ad essere “molto grave” e ha spiegato che “all’interno del complesso parrocchiale stiamo facendo il possibile, anche se sentiamo molti bombardamenti e a volte le schegge ci raggiungono”. Attualmente la chiesa ospita circa 500 uomini, donne e bambini, tra cui un gruppo di disabili assistiti dalle Missionarie della Carità. “All’interno del complesso parrocchiale – dice – stiamo facendo il possibile, anche se sentiamo molti bombardamenti e a volte le schegge ci raggiungono”. A loro gli aiuti non arrivano da tre mesi: “Per ora, stiamo razionando tutto ciò che abbiamo, e solo dopo questo razionamento potremo distribuire ai rifugiati nel complesso e alle persone che vengono da fuori”, spiega il parroco. Nonostante questi vincoli, di recente padre Gabriel è riuscito a distribuire acqua sia all’interno sia all’esterno del complesso. Circa 52 membri della popolazione cristiana, ortodossi e cattolici, su un totale di circa mille persone presenti prima del conflitto, sono stati uccisi nel corso degli attacchi o sono morti per malattie non curate. Padre Gabriel afferma di aver rilevato anche segni di malattia mentale, compresa la depressione. “La cosa più grave che notiamo è che nessuno parla della fine della guerra o del diritto di rimanere qui, di ricostruire le case, di ricominciare”, conclude.

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