Anche nel 2024 ci sono stati Luoghi della Cultura statali “per pochi intimi”. Aree e parchi archeologici, musei archeologici, anche Nazionali ed Antiquarium, nei quali i visitatori sono andati con il contagocce. Stessa sorte per parecchi altri monumenti, come villae, teatri e anfiteatri, tombe e necropoli, templi e mura urbiche. Ma ciò non è accaduto per la scarsa rilevanza dei siti interessati o perché non fornire indicazioni storiche. Piuttosto è successo perché si tratta di luoghi ubicati al di fuori dei classici itinerari turistici, per di più spesso non adeguatamente pubblicizzati e con aperture non continuate.
In aggiunta ci sono i tanti siti per i quali si protrae, ormai da anni, la chiusura, oppure che risultano “visitabili solo in occasione di aperture straordinarie”, non di rado accessibili esclusivamente “su prenotazione”. Come accade ad esempio all’anfiteatro di Cuma, al teatro di Miseno e al cosiddetto Tempio di Apollo al lago d’Averno, nel napoletano. Oppure al MUSe di Celano, nell’aquilano e al Museo archeologico Nazionale di Metaponto, nel materano.
Il paradosso è che per i Luoghi della Cultura statali è stato un anno da record. Secondo il servizio di statistica del ministero della Cultura, gli ingressi hanno registrato un incremento del 5,3% rispetto al 2023, , con una crescita degli incassi del 23%. A guidare la classifica 2024 Top 30 dei musei, monumenti ed aree archeologiche statali è ancora il Parco archeologico del Colosseo con 14.733.395, seguito dalle Gallerie degli Uffizi e dal Parco archeologico di Pompei, rispettivamente con oltre 5,2 e 4,2 milioni di visitatori. A chiudere la classifica, le Terme di Caracalla, con quasi 260mila ingressi. “Si tratta del miglior risultato di sempre dei musei e dei parchi archeologici statali”, ha dichiarato il ministro della Cultura Alessandro Giuli, rivendicando che “è il segno di quanto il governo stia ben operando”.
Eppure scorrendo i dati per singolo istituto museale si osservano ancora elementi sconfortanti, non diversamente da quanto rilevabile negli anni precedenti. Ogni regione ha una lista di luoghi meritevoli di maggiore valorizzazione, anche perché, non di rado inseriti, in contesti naturali più che apprezzabili. Ecco una lista di luoghi che non hanno raggiunto neppure i mille ingressi nel 2024. Lista nella quale emergono almeno cinque siti dove bisognerebbe andare, come si dice “Per riempirsi gli occhi”.
Ad esempio, in Abruzzo ci sono le aree archeologiche di Forcona, di Castel di Ieri e di Fossa, nell’aquilano, dove si sono recati rispettivamente 100, 180 e 820 visitatori. E poi c’è il Parco archeologico di Iuvanum, nella campagna di Montenerodomo, nel chietino, con 953 ingressi. Dall’altopiano sul quale sono i resti della città antica, abitata tra il II secolo a.C. e il VI secolo d.C, si gode di una vista mozzafiato. Ma è inoltrandosi nell’impianto realizzato intorno alla metà del I secolo a,C. che si apprezza davvero il sito. A partire dal foro, contorniato da portici e tabernae, con la basilica e l’augusteum sul fondo. Foro del quale rimane la pavimentazione in lastre di calcare locale sulla quale era l’epigrafe in lettere di bronzo con i nomi del mecenate, Erennio Capitone, e della sua erede Erennia Proiecta, che completò il lavoro.
Passando per il teatro, del quale restano la gradinata e l’orchestra. Fino all’area sacra, con almeno due templi e un sacello, sulla quale è stata realizzato, reimpiegando numerosi materiali lapidei, tra i quali alcune iscrizioni, il monastero benedettino di Santa Maria di Palazzo. Spostandosi sulle strade basolate esistenti, si fa ancora più interessante. Per renderla completa non si può fare a meno di visitare il vicino Museo archeologico. Sperando di trovarlo aperto.
Dall’Abruzzo alla Basilicata dove, senza discussioni, la maglia nera la ottiene il Parco Paleolitico di Notarchirico, con appena 258 ingressi. Davvero troppo pochi per il giacimento risalente al Paleolitico Inferiore, scoperto nel 1979 nei pressi di Venosa. Nell’area musealizzata è presente una sequenza stratigrafica costituita da nove livelli, ognuno dei quali ha restituito resti archeologici e paleontologici, attestando un’intensa e prolungata frequentazione della zona da parte dell’uomo e di diverse specie animali durante il Pleistocene Medio.
Al punto da essere considerato uno dei siti europei meglio conservati e ricchi di materiali. In particolare dal livello più superficiale provengono materiali in selce, calcare e quarzite e reperti ossei riferibili a elefanti, cervi, bisonti, daini e tartarughe, oltre ad un frammento di femore umano di Homo Heidelbergensis, che rappresenta la più antica attestazione umana in Italia. Potendo datarsi tra 695 e 670mila anni fa. Anche per questo è un autentico peccato che il sito sia aperto solo occasionalmente.
Spostandosi in Campania, dove va escluso perché inaugurato di recente, il Museo archeologico Nazionale di Sessa Aurunca, nel casertano, con 132 ingressi, nel salernitano, c’è il Museo Archeologico di Sala Consilina con 245 ingressi, nel casertano, il Museo archeologico dell’Agro atellano, a Succivo, con 272 e poi con 805 a Teano il Teatro romano di Teanum Sidicinum. Preceduto a Lauro, nell’avellinese, dalla Villa romana di San Giovanni in Palco, con 611. Seguito ad Alife, nel casertano, dal Museo Archeologico Nazionale dell’Antica Allifae, con 811 ingressi.
A ricordare l’esistenza di Allifae, il centro preromano, a lungo in lotta contro Roma, distrutto durante le guerre sannitiche tra la metà del IV e l’inizio del III secolo a.C., provvede proprio il Museo archeologico Nazionale. Inaugurato nel 2004 in un edificio comunale nei pressi del centro storico di Alife. Nell’ampia sala, che costituisce il fulcro dell’allestimento sono esposti i materiali, dall’età preistorica a quella romana, provenienti dal territorio matese-casertano. Mentre, in una sala sottostante, sono anche frammenti di pavimenti a mosaico con decorazioni geometriche bianco-nere databili tra il I secolo a.C. ed il I secolo d.C.
In Friuli Venezia Giulia, a Pordenone, c’è l’Area archeologica Villa romana di Torre, con 22 ingressi e a Trieste la Basilica paleocristiana con 753. Nel Lazio, a Fiumicino si trova la Basilica di sant’Ippolito con Antiquarium con 291 ingressi; a Roma, il cosiddetto Tempio di Minerva Medica, con 436, la Piramide Cestia con 478 , la Villa dei Sette Bassi con 497 ingressi e la Basilica di Santa Maria Maggiore (639 ingressi), fino alla Necropoli Madonna dell’olivo di Tuscania (762). Ma il luogo da visitare, assolutamente è la Villa di Orazio, a Licenza, dove si sono però recate solo 406 persone, poco più che una al giorno.
La Villa, lungo il torrente Licenza, nella media valle del fiume Aniene, è appartenuta al poeta Orazio, che la ebbe in dono tra il 33 e il 32 a.C. da Mecenate, il consigliere dell’imperatore Augusto. Ma è stata probabilmente utilizzata come luogo di sosta anche dagli imperatori Nerone e Vespasiano. Si tratta di una domus ad atrio e un ampio giardino porticato. Alla fase più antica, testimoniata dall’utilizzo dell’opera reticolata e da pavimenti a mosaico bianco e nero con ornato geometrico, segue quella di fine I-inizi II secolo nel quale si aggiunse un grande complesso termale. La suddivisione di alcuni ambienti con tramezzi in blocchetti, oltre alla presenza di alcune sepolture, indiziano per il IV-V secolo una diversa funzione. Infine, tra il VI e il IX secolo la trasformazione dell’area centrale in monastero.
In Lombardia, nel bresciano, ci sono le Fornaci romane di Lonato, con 518 ingressi. In Piemonte, a Ivrea, il Teatro romano (416 ingressi). In Toscana, a Rosignano marittima, nel livornese, il Museo archeologico di Castiglioncello, 613 accessi. Nelle Marche, nel fermano, c’è il Teatro romano di Falerone con 161 visitatori e nel maceratese ci sono l’Area archeologica di San Severino Marche con 156, a Porto Recanati l’Area archeologica di Potentia, con 414 e il Teatro romano di Helvia Recina con 616. In Puglia, a Taranto, il Parco archeologico di Collepasso, a Taranto, solo 14 ingressi.
Le testimonianze archeologiche, estremamente significative seppur non monumentali, sono inserite in un contesto verde, arricchito da una sezione dedicata alle erbe mediterranee. Il Centro di accoglienza fornisce un indispensabile ausilio alla comprensione dei resti nel Parco. Nell’area risparmiata dall’edificazione di un nuovo quartiere alla periferia della città, nel 1987, uno scavo archeologico ha permesso di conoscere parte di uno dei limiti della città antica. Rilevando la presenza del settore orientale delle mura di età greca, realizzate a doppio paramento di blocchi collegati da setti trasversali. Nella stessa zona diversi nuclei di tombe di varia tipologia, inquadrabili fra la fine del V e i primi decenni del IV sec. a.C. C’è anche una strada, di età romana, che attraversa perpendicolarmente le mura. Andare dove sfortunatamente vanno in pochi è un privilegio. Che va sfruttato.