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Ilva, Urso attacca ancora la procura: “Dice falsità sugli interventi urgenti dopo l’incidente”

Il governo attacca la procura di Taranto per la gestione della messa in sicurezza dell'altoforno 1, dove si è verificato un grave incidente. Bonelli: "Inaccettabile intimidazione"
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Un attacco concentrico. Pezzi del governo e della maggioranza si scagliano nuovamente contro la procura di Taranto per la celerità nell’autorizzare la messa in sicurezza dell’altoforno 1 dell’Ilva, dove il 7 maggio si è verificato un esplosione con un vasto incendio. In grave difficoltà con l’iter di vendita dell’acciaieria a Baku Steel, da ben prima dell’incidente che ha portato al sequestro senza facoltà d’uso dell’impianto, il ministro Adolfo Urso ha sferrato una nuova offensiva. E anche Gilberto Pichetto Fratin, titolare dell’Ambiente, ha addossato la colpa di un eventuale fallimento della trattativa ai magistrati. Mentre pezzi di Fratelli d’Italia continuano a chiedere l’invio degli ispettori in procura.

Quello che è accaduto a Taranto, “è di una gravità inaudita, dai documenti pubblicati dimostrano che la procura ha detto il falso”, le parole di Urso. Il nodo è l’autorizzazione a una manovra “salvavita” per la salute dell’altoforno: la procura sostiene che non è mai stata richiesta, mentre tutti gli altri interventi sono stati autorizzati nei tempi. Per il ministro, invece, “sin dal primo momento” i responsabili dell’altoforno li avevano ritenuti indispensabili. Emergerebbe “anche nell’atto del sequestro delle 5 di mattina”.

Negli scorsi giorni, la procura ha invece sostenuto che quella richiesta (il “colaggio dei fusi”) non sarebbe mai stata avanzata. Falsità, secondo Urso. Per colpa delle quali ora “l’impianto è compromesso”. Un caso di mancata collaborazione istituzionale, dice che mette in pericolo “la produzione, la possibilità di rilanciare lo stabilimento e migliaia di lavoratori di Taranto della sua filiera e dell’indotto” perché l’altoforno 1 ora è “compromesso”.

A spalleggiarlo è arrivato anche il ministro dell’Ambiente. Rispondendo a un’interrogazione in Aula del capogruppo del Pd Francesco Boccia, Pichetto Fratin ha sostenuto: “Da queste decisioni potrebbero esserci delle ricadute non solo occupazionali ma anche e soprattutto economiche in virtù del fatto che gli interessati potrebbero rivedere le loro posizioni e quindi anche l’offerta di acquisto dell’intero impianto Ilva”. In realtà, come spiegato da Il Fatto Quotidiano, il negoziato con Baku Steel era già in stallo prima dell’incidente a causa di ragioni finanziarie e legate al numero e alla portata delle prescrizioni in arrivo con la nuova Autorizzazione integrata ambientale.

Per Angelo Bonelli, parlamentare Alleanza Verdi Sinistra e co-portavoce di Europa Verde, quella di Urso è “un’inaccettabile intimidazione”. Il ministro, ha detto, “attacca i magistrati per coprire il proprio fallimento e la propria inadeguatezza”. Intanto oggi la Uilm ha distribuito un volantino ai cancelli dello stabilimento chiedendo al governo di “prendere atto che l’unica strada rimasta da percorrere è quella di interrompere l’inutile e dannosa trattativa di vendita con Baku, sempre a noi tenuta segreta, poiché gli azeri non hanno mai voluto impegnarsi a mettere risorse di tasca propria; avviare rapidamente la chiusura dell’amministrazione straordinaria con il passaggio dell’azienda allo Stato attraverso la nazionalizzazione per il tempo necessario, anche con il supporto di produttori siderurgici italiani”.

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