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In cella e accusato di crimini contro l’umanità: ma Duterte viene eletto sindaco nelle Filippine

L'ex presidente, detenuto a Le Hague, con oltre il 60% delle schede scrutinate ha sfondato i 405mila voti, contro i 49mila del suo concorrente più vicino
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Una vittoria a valanga nonostante il diretto interessato abbia seguito il tutto da dietro le sbarre. L’ex presidente delle Filippine Rodrigo Duterte, detenuto presso la Corte penale internazionale dell’Aja per presunti crimini contro l’umanità, ha ottenuto l’elezione a sindaco nella città roccaforte della sua famiglia, Davao, che ha governato per oltre vent’anni prima di diventare presidente. Lo rendono noto le autorità locali dopo un conteggio provvisorio. Con oltre il 60% dei voti scrutinati, Duterte ha ottenuto un’insormontabile maggioranza di 405mila voti, contro i 49mila del suo concorrente più vicino.

Secondo la legge filippina, i candidati con accuse penali, compresi quelli in stato di detenzione, possono candidarsi alle elezioni a meno che non siano stati condannati e abbiano esaurito tutti i ricorsi. Ma rimane incerto come l’ex presidente potrà governare la città di 1,8 milioni di abitanti dalla sua cella in Olanda. La figlia Sara, al momento vicepresidente del Paese (e sottoposta ad impeachment), ha dichiarato ai media subito dopo aver votato che si sta studiando il modo di garantire che il padre diventi effettivamente sindaco. “I suoi avvocati alla Corte penale internazionale e nelle Filippine – ha detto – stanno discutendo su come possa giurare come vincitore dell’elezione a sindaco qui a Davao“. C’è un precedente di esercizio di una carica politica da una cella nelle Filippine: l’ex senatrice Leila de Lima, imprigionata dal presidente Duterte sulla base di accuse di traffico di droga (che secondo gruppi per i diritti umani erano false), per sei anni si è consultata regolarmente con gli alleati da dietro le sbarre, e ha perfino votato per delega.

L’elezione di Rodrigo Duterte si inserisce nelle votazioni di metà mandato per rinnovare circa 18mila seggi nazionali e locali. Oltre 68 milioni di filippini si sono registrati per votare per la metà dei 24 membri del Senato, tutti i 317 seggi della Camera dei Rappresentanti e varie cariche nelle province, nelle città e nei comuni. I riflettori sono puntati sulla corsa al Senato che potrebbe determinare il futuro politico della figlia di Duterte. Queste elezioni sono considerata un referendum sulla faida in corso tra lei e il presidente Ferdinand Marcos. La faida, da tempo latente, tra i due ex alleati è esplosa a febbraio, quando la Camera ha messo sotto accusa Sara per presunti “crimini gravi”, tra cui corruzione e un complotto per assassinare il presidente. Solo un mese dopo, suo padre è stato arrestato e condotto in aereo alla Corte penale internazionale (Cpi) lo stesso giorno, per affrontare un’accusa di crimini contro l’umanità per la sua sanguinosa campagna antidroga. Sara Duterte avrà bisogno di nove voti nei 24 seggi del Senato per preservare qualsiasi speranza di una futura corsa presidenziale.

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