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Napoli, il caso dei turisti israeliani al ristorante insegna: la pizza unisce, i social confondono

Doveva essere un pranzo tranquillo con una pizza e due chiacchiere. È finita con urla, accuse di antisemitismo e un video virale
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Doveva essere un pranzo tranquillo con ’na pizza e due chiacchiere. È finita con urla, accuse di antisemitismo e un video virale.

A Napoli pure ’na margherita può trasformarsi in un caso internazionale. Succede alla Taverna Santa Chiara, nel cuore di Napoli. Un gruppo di turisti israeliani mangia serenamente. Alla fine del pasto, qualche chiacchiera tra tavoli. Si parla di Israele. La proprietaria si avvicina e spiega che il locale aderisce a una campagna politica di solidarietà verso la Palestina. E fin qui, solo parole. Poi si alzano i toni. Poi si alza il telefonino. E quando il telefonino entra in scena, la tragedia è assicurata.

Versione 1 (turisti): Siamo stati cacciati perché israeliani.

Versione 2 (ristoratrice): Ho espresso una posizione politica, sono stata aggredita verbalmente e filmata senza consenso.

Il video vola sui social. Il popolo del web — giudice, giuria e boia — si divide: chi urla all’antisemitismo, chi difende la libertà di opinione, chi non sa niente ma commenta lo stesso (categoria sempre numerosa). Come avrebbe detto Eduardo De Filippo: “Adda passà ’a nuttata.” Ma sui social… la nuttata non passa mai. E Totò, con la sua ironia eterna, avrebbe alzato gli occhi al cielo e chiesto: “Ma siamo uomini o caporali?”

La morale? La pizza unisce. La politica divide. I social… confondono.

A Napoli si può discutere di tutto: calcio, amore, persino geopolitica. Ma c’è una regola antica che nemmeno il tempo e i like possono cancellare: “A tavola si magna, nun se fa ’a guerra.”

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