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Gaza, “Israele richiama migliaia di riservisti, si va verso l’espansione delle operazioni di terra”. Nuovi raid: almeno 23 vittime

Lo riporta il quotidiano Haaretz. L'idea di prendere il controllo della Striscia è condivisa, ma l'ultradestra preme per l'occupazione e l'esercito preferisce un approccio più graduale
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La guerra dal cielo continua a mietere morti, nella Striscia di Gaza. Almeno 23 persone sono rimaste uccise da questa mattina, ha riferito Al Jazeera. Ieri, aggiunge l’emittente qatarina, i palestinesi morti nella Striscia erano stati in totale 38. Le operazioni di terra, invece, stanno conoscendo una fase di relativo stallo, mentre a Tel Aviv si discute della loro ripresa. Secondo Haaretz, le Israele Defense Forces sono pronte a richiamare in servizio decine di migliaia di riservisti in vista della prevista espansione dei combattimenti. In base ai piani dell’esercito, un certo numero di richiamati sarà impiegato in Libano e Siria, altri verranno inviati in Cisgiordania. In questa fase, riferisce il quotidiano liberal, i riservisti andranno a sostituire le unità regolari, che saranno dislocate a sud e inizieranno a prepararsi per le operazioni a nell’enclave. Tuttavia i riservisti sono già stati informati che alcuni di loro saranno tenuti a partecipare anche ai combattimenti nella Striscia.

Lo scorso anno, alla vigilia del 76° anniversario dell’Indipendenza di Israele, Benjamin Netanyahu aveva promesso che la vittoria totale su Hamas era dietro l’angolo. Un anno dopo la situazione è in stallo e il dibattito tra il governo e l’apparato di difesa va avanti da giorni. In questo momento l’idea di acquisire il controllo di Gaza pare condivisa, ma mentre l’ultradestra che sostiene l’esecutivo Netanyahu preme affinché si proceda con una effettiva occupazione, l’esercito preferisce un approccio più graduale, cercando di ampliare gradualmente la propria presenza limitando le perdite: nelle ultime 2 settimane 4 soldati sono stati uccisi, altri 10 sono rimasti feriti. L’unica certezza è che nel mirino continua a esserci Hamas. Decapitata l’organizzazione, ora Tel Aviv punta a smantellare definitivamente il suo potenziale offensivo e debellare i suoi combattenti armati, stimati attorno alle 20mila unità. Finora il tentativo di rovesciarla è fallito in parte a causa del controllo che il gruppo è in grado di esercitare sulla vita dei civili attraverso la gestione degli aiuti umanitari, usati anche per reperire risorse finanziarie con la vendita sul mercato nero.

Di qui lo scontro della scorsa settimana tra il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich e il capo di stato maggiore Eyal Zamir: il primo chiede che la gestione degli aiuti venga affidata alle Idf, in modo da togliere potere a Hamas e occupare fisicamente il territorio; il secondo si oppone, sottolineando i rischi che ciò comporterebbe per i soldati. La ripresa dei combattimenti avrà, infatti, gravi implicazioni anche per il personale militare e nello specifico per i riservisti, molti dei quali hanno prestato servizio per 200-300 giorni dal 7 ottobre 2023. Il tutto in un momento in cui i tassi di riserva sono in calo: secondo le Idf la percentuale di coloro che si presentano in servizio quando chiamati è diminuita di circa il 30%.

La crisi del reclutamento rischia di peggiorare durante la sessione estiva della Knesset, alla luce della richiesta degli ultra-ortodossi di emanare una legge che consenta loro di eludere la coscrizione obbligatoria e della richiesta dell’Alta Corte di risolvere la questione. Senza contare che l’allargamento delle operazioni si svolgerebbe in un contesto di crescente divisione interna nel paese, con migliaia di persone che scenderanno in piazza per protestare contro l’incapacità del governo di arrivare al rilascio degli ostaggi e il licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar. Non vi è inoltre alcuna garanzia che una nuova campagna sarà rapida, come dimostra l’anno e mezzo di combattimenti a Gaza.

Ma ad accelerare la decisione potrebbe essere un fattore esterno. Tra due settimane Donald Trump visiterà l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi e il Qatar. Il presidente degli Stati Uniti punta a raggiungere un accordo con Riad su un accordo su armi e tecnologia per centinaia di miliardi di dollari e procedere sulla strada di un accordo nucleare con l’Iran. Se i sauditi insistessero nel legare tali questioni alla fine della guerra a Gaza, la Casa Bianca potrebbe modificare almeno in parte la propria posizione nei confronti di Israele, chiedendo al governo di adeguarsi. Per questo fino ad allora Tel Aviv sarà tentata di aumentare la pressione sulla Striscia. Motivo per il quale la scorsa settimana, migliaia di riservisti sono stati avvisati che verranno richiamati a breve. Secondo l’emittente televisiva statale KAN, venerdì scorso Zamir ha approvato i piani per estendere le operazioni e l’esercito ha anche iniziato a istituire una nuova “zona umanitaria” nel sud di Gaza, tra il corridoio Morag e Rafah, “per trasferire i palestinesi dopo le ispezioni di sicurezza“.

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