La Banca centrale europea ha tagliato il costo del denaro dell’area euro dello 0,25 portandolo al 3%, il livello più basso dal maggio 2023. Si tratta della quarta riduzione dei tassi nel giro di sei mesi. La mossa era attesa dagli analisti ed ampiamente annunciata, ed ha l’obiettivo di fornire una spinta ad una crescita economica che rimane in Europa estremamente debole a fronte di un’inflazione che si attesta su valori non eccessivi (2,3% a novembre), seppur in risalita. Qualche settimana fa si era ipotizzato un taglio più energico, di mezzo punto, ma successivi dati economici non così negativi, hanno riportato la scelta della banca centrale verso un intervento più morbido.

Tuttavia nel Consiglio direttivo “c’è stato un dibattito con qualcuno che ha proposto di considerare un taglio dei tassi da mezzo punto, ma alla fine c’è stata la decisione unanime che 25 punti base rappresentavano la giusta decisione”, ha detto la presidente della Bce Christine Lagarde. A spingere per una sforbiciata più decisa sarebbe stato soprattutto il rappresentante della Francia.

“Non ci penso, davvero”, ha poi risposto Lagarde, sull’ipotesi di un taglio dei tassi da mezzo punto percentuale a gennaio, su cui puntano le scommesse degli investitori. Lagarde ha comunque aggiunto che “le cose cambiano nel tempo, in funzione dei dati” e “molte cose si chiariranno nei prossimi mesi, non nelle prossime settimane”.

“Sono tentata di rispondere che la domanda andrebbe fatta a qualcun altro. Il nostro obiettivo è la stabilità dei prezzi, ognuno deve fare il sul lavoro” e “gli Stati membri, in particolare nell’area euro, devono rispettare le regole di governance che si sono dati facendo allo stesso tempo un consolidamento di bilancio e misure che rilancino la crescita”, ha poi puntualizzato la banchiera centrale.

Il rischio di avere tassi troppo bassi è che possano favorire una ripresa dell’inflazione. Si tenga conto, però, che nella zona euro il valore “neutro” dei tassi, ossia che non spinge né frena la crescita, è considerato il 2%. Il livello attuale rimane quindi restrittivo. La prossima settimana si riunirà la Federal Reserve, la banca centrale statunitense, che dovrebbe, a sua volta, decidere una riduzione dei tassi.

La Bce fa sapere di aver ritoccato le sue stime d’inflazione, portandole al 2,4% nel 2024 (da 2,5% di settembre), al 2,1% nel 2025 (da 2,2%) e mantenendo l’1,9% per il 2026. Un quadro che porta la banca centrale a dichiarare, in una nota, che “il processo disinflazionistico è ben avviato” e ad abbandonare la formula, adottata fino a ottobre, secondo cui “manterrà i tassi di riferimento su livelli sufficientemente restrittivi”. Non c’è l’orientamento – auspicato da alcuni – sulle prossime mosse, dove la Bce continuerà con un “approccio guidato dai dati”. La Banca centrale ha però anche rivisto nuovamente al ribasso le stime di crescita. Secondo le ‘staff projections’ la crescita della zona euro si fermerà allo 0,7% nel 2024, (da 0,8% di settembre), a 1,1% nel 2025 (da 1,3%) e dell’1,4% nel 2026 (da 1,5%).

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