“La generazione Z è la prima a crescere completamente immersa nella tecnologia digitale, ma a quale prezzo?” Questa domanda, sempre più pressante, ha spinto un gruppo bipartisan di 14 procuratori generali di diversi Stati americani a intentare una causa contro TikTok, accusando la piattaforma di aver reso i giovani “dipendenti” dai suoi contenuti, danneggiando gravemente la loro salute mentale. La piattaforma social cinese torna così ancora una volta sul banco degli imputati, ma ora al centro della controversia non c’è la sicurezza nazionale o la presunta raccolta illegale di dati, ma il benessere psichico dei giovani utenti.
La coalizione di procuratori, guidata da Letitia James, procuratrice generale di New York, e Rob Bonta, procuratore generale della California, ha presentato una serie di ricorsi separati contro ByteDance, la società madre di TikTok. Le accuse puntano il dito contro il meccanismo stesso dell’app, progettato per intrappolare gli utenti – soprattutto i più giovani – in un loop infinito di video a scorrimento, con notifiche continue e contenuti virali che spesso includono sfide pericolose. Un mix che, secondo gli esperti legali, porta i ragazzi a perdere il senso del tempo, compromettendo il sonno e alimentando disturbi psicologici.
“È come una sorta di nicotina digitale”, ha affermato Brian Schwalb, procuratore generale di Washington, spiegando come TikTok crei dipendenza nei giovani utenti. “Se TikTok avesse voluto rendere sicuro il suo prodotto, avrebbe potuto farlo”, ha aggiunto, sottolineando che la piattaforma avrebbe scelto deliberatamente di non intervenire per aumentare i propri profitti, a scapito della salute mentale degli utenti più vulnerabili. Il meccanismo dello “swiping compulsivo”, uno degli elementi più criticati, è accusato di essere progettato apposta per spingere i ragazzi a trascorrere più tempo sull’app, influenzando la loro salute emotiva e psicologica. Bob Bonta, procuratore generale della California, ha rincarato la dose: “Hanno scelto la dipendenza: più uso, più danni mentali e fisici per i nostri giovani, il tutto per ottenere maggiori profitti. È davvero così semplice”.
Da parte sua TikTok, che negli Stati Uniti conta oltre 170 milioni di utenti, ha rigettato le accuse con fermezza. “Siamo orgogliosi del lavoro che abbiamo svolto per proteggere gli adolescenti e continueremo a migliorare il nostro prodotto”, ha dichiarato il portavoce Alex Haurek. L’azienda sostiene di aver introdotto “robuste” misure di sicurezza per tutelare i giovani utenti e di aver collaborato attivamente con i procuratori per trovare soluzioni più efficaci. Tuttavia, la causa legale viene vista come un passo indietro: “È deludente,” ha affermato Haurek, ribadendo l’impegno continuo della piattaforma per migliorare l’esperienza degli utenti più giovani.
L’accusa contro TikTok non è isolata. Nel 2023, ben 41 Stati americani hanno intentato una causa simile contro Instagram, di proprietà di Meta, per la sua presunta manipolazione psicologica sui giovani utenti. I procuratori sostengono che i social media, con i loro algoritmi pensati per massimizzare l’interazione e la permanenza, stiano esacerbando problemi come l’ansia, la depressione e i disturbi legati all’immagine corporea, soprattutto nelle ragazze. Anche nel caso di TikTok, i procuratori sottolineano il ruolo dannoso di funzioni come i filtri di bellezza, che possono alimentare insicurezze e disagi psicologici. “Stiamo assistendo a una generazione che cresce con aspettative irrealistiche del proprio corpo e della propria vita“, ha spiegato Letitia James.
Oltre alle accuse legate alla salute mentale, TikTok si trova a fronteggiare altre minacce legali: negli Stati Uniti, la piattaforma è anche al centro di un acceso dibattito sulla sicurezza nazionale, con il governo che ha minacciato di vietare l’app a meno che non si separi dalla sua proprietà cinese. Inoltre, il Dipartimento di Giustizia sta indagando su presunte violazioni legate alla raccolta illegale dei dati sensibili degli utenti più giovani. L’impatto che questi cambiamenti potrebbero avere sulle piattaforme digitali e sulla salute mentale delle generazioni future è una questione che richiede una riflessione profonda e urgente. Come sottolinea Rob Bonta, “dobbiamo proteggere i nostri giovani dalle conseguenze dannose di un sistema che privilegia i profitti sulla loro sicurezza e benessere”.