“Il vento di Palermo, alza la polvere del campo. E in un istante quasi eterno, un ragazzino è come un lampo“. Comincia così la canzone che l’attore e cantautore Andrea Rivera ha voluto scrivere per omaggiare Totò Schillaci, scomparso ieri 18 settembre all’età di 59 anni. Quel ragazzino diventato bomber ed eroe azzurro a Italia 90, simbolo delle notti magiche proprio grazie a quei lampi, quel guizzo da animale del gol, quegli occhi spiritati prima e dopo aver messo il pallone in rete. In pochi versi, Rivera riesce a restituire per immagini che cosa è stato Schillaci, per Palermo e per l’Italia: nato al Cep , il quartiere più povero del capoluogo siciliano – “Senza una lira eri già ricco” – è diventato il bomber che almeno per un’estate provò a riunire l’Italia: “C’hai fatto vivere abbracciati“.
Sport News - 19 Settembre 2024
“C’hai fatto vivere abbracciati”: la canzone dell’attore Andrea Rivera dedicata a Totò Schillaci
La Playlist Sport News
- 08:37 - Mafia: condanne definitive per omicidio imprenditore Urso, due in carcere
Palermo, 8 ott. (Adnkronos) - I Carabinieri della Compagnia di Bagheria (Palermo), coadiuvati dai militari del Reparto Territoriale di Termini Imerese e della Compagnia di Vercelli, a seguito dell’accoglimento del ricorso presentato dalla Procura Generale di Palermo, hanno arrestato due uomini, di 61 e 37 anni, già noti alle forze dell’ordine, ritenuti i responsabili dell’omicidio dell’imprenditore Vincenzo Urso, avvenuto ad Altavilla Milicia alle prime ore del 25 ottobre 2009. "I militari, dopo anni di serrate indagini, erano riusciti a ricostruire l’esatta dinamica dell’efferato delitto, individuando il movente ed i mandanti dell’omicidio dell’imprenditore, ucciso perché la sua impresa di movimento terra faceva concorrenza a quella della famiglia mafiosa locale, poi smantellata con le operazioni “Argo” e “Reset”, nell’ambito delle quali sono stati arrestati, rispettivamente, il reggente della famiglia di Altavilla Milicia, Francesco Lombardo ed il figlio Andrea", dicono i Carabinieri.
Le risultanze investigative raccolte, suffragate anche dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, "hanno permesso di dare ulteriori certezze alle indagini dei Carabinieri che, con nuovi elementi a disposizione, sono riusciti ad individuare nei due arrestati, un pregiudicato di origini napoletane e un giovane di Termini Imerese, i killer dell’imprenditore, a quali sono bastati 20.000 euro per “mettersi a disposizione”".
Dopo la sentenza della Suprema Corte i Carabinieri hanno proceduto alla cattura dei due, che dovranno ora scontare, rispettivamente, la pena dell’ergastolo e di 21 anni di reclusione.
- 08:18 - Blitz antidroga a Roma, colpo a clan Casamonica e Spada
Roma, 8 ott. - (Adnkronos) - E' in corso un’operazione della Polizia contro lo spaccio di stupefacenti nella zona di Torre Angela a Roma. Sono sette le misure cautelari emesse dal Tribunale di Roma al termine di un’indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia. Tra i destinatari delle misure alcuni esponenti dei clan Casamonica e Spada.
- 07:18 - Palermo: vasto incendio capannone azienda ortofrutta, fiamme spente nella notte
Palermo, 8 ott. (Adnkronos) - E' stato spento solo a notte fonda l'incendio divampato ieri sera in un deposito di Misilmeri, nel palermitano. Le colonne di fumo nero si sono alzate per decine di metri ed erano visibili a km di distanza. Sono intervenuti quattro squadre dei vigili del fuoco che sono state impegnate per ore per spegnere le fiamme del capannone di un'azienda di ortofrutta.
- 06:46 - "Non sono Biden", Harris tra lealtà e distanza a un mese da elezioni Usa
Washington, 7 ott. (Adnkronos) - Tra le battute più apprezzate fatte da Kamala Harris durante il dibattito presidenziale di settembre, al primo posto figura "Chiaramente, non sono Joe Biden". A ricordarlo, citando una ricerca interna al team Harris, è la Cnn in un articolo che spiega come la vicepresidente stia cercando di raggiungere un difficile equilibrio tra giusto spazio personale ed eccessiva presa di distanza da Biden, lealtà verso il presidente e rischi per la vittoria. Equilibrio tanto più difficile per una vicepresidente che deve trovare risposte per elettori desiderosi di cambiamenti, fare fronte a repubblicani che rispondono a ogni sua nuova proposta chiedendole perché non l'abbia già attuata e restare all'ombra di un presidente in carica i cui numeri sono saliti in alcuni dei collegi di cui ha maggiormente bisogno.
Candidarsi come 'estensione' del presidente non è essere in una posizione forte, come sanno gli assistenti di Harris, mentre lo è affermare ciò che lei rappresenta. Si tratta di decidere fino a che punto sia prudente staccarsi o non sia meglio invece continuare ad appoggiarsi ad un presidente che - ad esempio domani - volerà a Milwaukee per un evento in cui si annunceranno altri progetti resi possibili dal lavoro dell'amministrazione. Nessuno tra i membri del team della vicepresidente è comunque contrariato per il fatto che Biden stia per trascorrere un'intera settimana all'estero per un viaggio diplomatico in Germania e Angola. Alcuni vorrebbero anzi che stesse via più a lungo.
Il team di Harris sta cercando di elaborare nuovi piani e promesse elettorali su ciò che Harris farebbe da presidente, in parte per far risaltare le differenze con Biden, emerse ad esempio nei suoi recenti discorsi sui diritti all'aborto e sulla gestione del confine meridionale. "La sfida" di avere così poco tempo a disposizione nel quadro di una corsa elettorale breve, ha detto alla Cnn un consigliere della vicepresidente, consiste nel cercare "di raggiungere gli elettori indecisi, e riuscire a comunicare loro le differenze con Biden".
Gli incarichi ufficiali del presidente possono interferire con la campagna della candidata Harris: lo stesso viaggio nelle terre colpite dall'uragano Helene è stata una fonte di tensione tra le due agende. La decisione di Biden di recarsi in North Carolina all'inizio della settimana ha fatto sì che Harris abbia dovuto rimandare il proprio viaggio in uno Stato che sta combattendo intensamente per vincere.
Nessuna questione per Harris è stata più spinosa dell'escalation di violenza in Medio Oriente in vista dell'anniversario degli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023: con centinaia di migliaia di voti in palio nel solo Michigan, una serie di leader la sta spingendo a prendere esplicitamente le distanze da Biden. Ma i suoi assistenti sanno che non ci può essere alcuna distanza per una persona che siede alla sua destra nella Situation Room.
L'economia rimane però la questione dove le cose si fanno più difficili: perché gli elettori continuano a lamentarsi di una ripresa che continua comunque ad essere maggiore di quanto quasi tutti gli esperti avessero previsto. Biden vuole accaparrarsi il merito, mentre Harris vuole parlare delle difficoltà che la gente sta provando e di quanto ancora ci sia da fare senza risultare coinvolta nelle sofferenze patite sotto la guida di questa amministrazione.
- 19:57 - Omicidio poliziotto Agostino, ergastolo per il boss Scotto
Palermo, 7 ott. (Adnkronos) - Papà Vincenzo aspettava questo momento da 35 anni, da quando il 5 agosto del 1989 i sicari di Cosa nostra uccisero il figlio poliziotto, Nino Agostino, e la moglie Ida Castelluccio, incinta di 4 mesi. Lo ripeteva sempre: "Solo quando sarà fatta giustizia, mi taglierò la barba". Ma non ha fatto in tempo. Perché è morto lo scorso 24 aprile. Però, oggi pomeriggio c'erano le figlie, Ida e Flora, il nipote Nino Morana, cresciuto con il nonno alla ricerca di giustizia. La sentenza è arrivata dopo oltre 7 ore di Camera di consiglio all'aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo. Ergastolo per il boss Gaetano Scotto. "Oggi mio nonno avrebbe tagliato la barba, e ce la tagliamo tutti metaforicamente. Con lui", ha detto il nipote Nino Morana. "E' in parte una vittoria per tutti noi", ha poi aggiunto. Ma prima ha lanciato un appello al boss Gaetano Scotto: "Collabori per fare luce sui tanti punti oscuri sulla morte di mio zio Nino...".
Accanto a lui c'è anche don Luigi Ciotti. L'Associazione Libera si è costituita parte civile nel processo. E' emozionata anche la Procuratrice generale Lia Sava, che ha sostenuto l’accusa con Umberto De Giglio e Nico Gozzo. Gaetano Scotto era accusato di duplice omicidio aggravato in concorso mentre Francesco Paolo Rizzuto, il coimputato che è stato assolto su richiesta della stessa Procura generale, di favoreggiamento aggravato. Scotto è stato condannato anche al pagamento di oltre mezzo milione di euro per il risarcimento delle parti civili.
Durante il processo è emerso che il poliziotto Nino Agostino, che all'epoca era in servizio al Commissariato di San Lorenzo di Palermo raccoglieva informazioni sui latitanti nel territorio del mandamento di Resuttana. "Un fatto importante da risultare decisivo nella valutazione di quella che deve essere la responsabilità di chi faceva parte di questa compagine criminale", hanno spiegato le difese di parti civili, durante le arringhe. Non ci sono state repliche, né dalla Procura generale né dalle difese, prima che i giudici entrassero in camera di consiglio. In passato il boss Nino Madonia era stato giudicato in un procedimento parallelo con rito abbreviato. Adesso sul banco degli imputati Gaetano Scotto, suo stretto collaboratore, per il quale la procura generale nelle scorse settimane ha chiesto l'ergastolo. Che oggi è stato concesso. Ma per la difesa di Scotto non si sarebbe trattato di un omicidio di mafia. Il delitto sarebbe stato di ben "altra natura che trae origine da ben altri rapporti". Elementi che porterebbero "alla assoluta mancanza di prova nei confronti di Scotto Gaetano. Per tali motivi concludo, così come il mio precedente difensore, chiedendo l'assoluzione di Scotto Gaetano per non aver commesso il fatto contestato", ha detto l'avvocato Giuseppe Scozzola.
Il pg Umberto De Giglio, ha detto durante la requisitoria che gli elementi raccolti ''in questo processo dimostrano con certezza che l'agente di polizia Antonino Agostino è stato assassinato da soggetti appartenenti a Cosa nostra''. In particolare "da Scotto e Madonia". Secondo la procura generale, ''Scotto ha eseguito materialmente l'omicidio come ci riferiscono concordemente Vito Lo Forte, Vito Galatolo e Oreste Pagano in base alle informazioni che gli stessi hanno appreso da fonti e in contesti diversi''. ''Tutte le direzioni delle diverse visuali dalle quali si può analizzare il duplice omicidio si incrociano proprio sulla posizione della figura di Scotto. Tutte le traiettorie probatorie ci portano a Scotto'', ha spiegato il Pg De Giglio durante la requisitoria.
E ancora: "Tutte le direzioni delle diverse visuali dalle quali si può analizzare il duplice omicidio si incrociano proprio sulla posizione della figura di Scotto. Tutte le traiettorie probatorie ci portano a Scotto”. Non solo. L’accusa ritiene anche che il boss dell’Acquasanta quale “uno dei mandanti dell’omicidio”. E ciò “non solo in quanto esponente di vertice del mandamento di Resuttana, in stretti rapporti con Nino Madonia, ma anche in ragione dei rapporti particolari che Scotto intratteneva con uomini delle istituzioni come il maresciallo Salzano e Giovanni Aiello (faccia da mostro ndr). E quindi in ragione di quella particolare posizione occupata da Scotto proprio in quello spazio di complicità tra mafia e istituzioni. Quello stesso spazio in cui si era introdotto Agostino nella sua attività di raccolta di informazioni. E in cui si deve collocare l’omicidio di Agostino”.
Il poliziotto Agostino, ha ricordato la procura generale, “era entrato in contatto con soggetti legati a servizi segreti instaurando rapporti quantomeno di collaborazione operativa” con costoro. Era entrato in contatto con il giudice Giovanni Falcone - avendo fatto servizio di protezione per l’estremista Alberto Volo, al tempo sentito da Falcone - e “aveva cercato di raccogliere informazioni sull’attentato all’Addaura” in cui sarebbe dovuto morire Falcone.
“Tutto questo - disse De Giglio in requisitoria - lo aveva introdotto in quello spazio di contiguità in cui si verificavano le connessioni illecite tra mondo mafioso ed apparati dello Stato. Aveva visto incontri tra mafiosi ed esponenti delle istituzioni. O comunque aveva compreso il significato illecito delle relazioni sistemiche tra i due mondi. Manifestando la volontà di non finire in questo calderone, Agostino aveva guadagnato l’ostilità non solo di Cosa nostra ma anche interna del suo mondo. In particolare di coloro nelle istituzioni che temevano che Agostino potesse rivelare quanto aveva vissuto e soprattutto quanto aveva visto”.
Il giovane poliziotto “è stato ucciso anche per evitare che potesse rivelare quelle informazioni che aveva raccolto in merito ai rapporti esistenti tra esponenti mafiosi ed alcuni uomini dello Stato, appartenenti alla Polizia o ai servizi segreti”. Alla procura generale risulta “ancora accertato che in alcuni ambienti della polizia e dei servizi l’eliminazione di Agostino fu salutata con favore. Risulta infine provata che soggetti legati o appartenenti a servizi di sicurezza realizzavano azioni depistanti, dirette a sviare le indagini sul duplice omicidio allo scopo di nascondere l’attività effettivamente svolta da Agostino”. Oggi pomeriggio, alle 17.16 è arrivata la sentenza, tanto attesa, tanto cercata, da papà Vincenzo Agostino. Che oggi avrebbe tagliato la barba. Dopo 35 anni. (di Elvira Terranova)
- 19:44 - **Mafia: Nipote Agostino, 'Oggi mio nonno avrebbe tagliato la barba, Scotto collabori'**
Palermo, 7 ott. (Adnkronos) - "Oggi mio nonno avrebbe tagliato la barba, e ce la tagliamo tutti metaforicamente. Con lui". Lo ha detto lasciando l'aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo è Nino Morana, nipote di Vincenzo Agostino, che dopo l'omicidio del figlio, Nino, non tagliò mai più la barba in attesa di giustizia. Una sentenza arrivata solo oggi a distanza di 35 anni. Ma Vincenzo Agostino nel frattempo è morto. "E' in parte una vittoria per tutti noi", ha detto Nino Morana. Che poi lancia un appello ai boss Gaetano Scotto e a Nino Madonia: "Collaborino, chiariscano i punti scuri sull'omicidio di mio zio".
- 19:10 - Autonomia: Todde, 'tutte le regioni devono essere coinvolte in definizione Lep'
Roma, 7 ott. (Adnkronos) - "Oggi, durante l’indagine conoscitiva sulla determinazione e attuazione dei Livelli essenziali di prestazione (Lep) che si è svolta a Cagliari, ho ribadito un concetto chiave: i Lep sono l’unica vera misura dell’efficienza dello Stato nel garantire i diritti civili e sociali. Non possiamo accettare che, dopo oltre 20 anni dalla loro introduzione, siano ancora solo parole sulla carta". Lo scrive su Facebook Alessandra Todde, governatrice della Sardegna.
"La Sardegna, purtroppo - aggiunge -, è una regione che continua a essere fortemente penalizzata sull’istruzione, sulle infrastrutture, sulla occupazione. Ma non è stato tanto importante condividere il cahier de doleance, che tutti noi ben conosciamo, quanto far capire alla commissione che senza le risorse necessarie siamo fermi alla teoria. La realtà che viviamo è aggravata da un modello di finanziamento basato su una 'spesa storica' che non risponde alle esigenze attuali dei territori. Questo sistema non fa altro che cristallizzare le disuguaglianze, lasciando regioni come la nostra sempre più indietro".
"Vogliamo che i Lep tornino al centro dell’agenda politica nazionale. La loro definizione deve essere basata su reali fabbisogni standard, non su vecchi criteri che hanno già dimostrato di essere inadeguati. La determinazione dei Lep è fondamentale per assicurare che i cittadini della Sardegna abbiano gli stessi diritti di quelli di regioni più ricche. Diritti come l’accesso al lavoro, all’istruzione, alla salute e alla mobilità devono essere garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale", sottolinea ancora Todde.
"Non si può più accettare che la definizione dei Lep venga utilizzata solo come uno strumento per favorire l’autonomia differenziata di alcune regioni a discapito delle altre. Un milione e 300 mila cittadini hanno già firmato contro questo progetto, e quattro Regioni hanno fatto ricorso alla Corte costituzionale. Dobbiamo ascoltare queste voci".
"Bisogna creare un sistema in cui ogni Regione, anche la più periferica e meno sviluppata, abbia pari dignità. È urgente istituire un tavolo permanente in cui tutte le Regioni siano coinvolte nella definizione dei Lep, per garantire una vera equità territoriale. Il nostro futuro non può dipendere dai giochi politici. Deve essere basato sul rispetto dei diritti di tutti i cittadini, senza alcuna distinzione", conclude la governatrice sarda.