“Come siamo arrivati sull’orlo della Terza guerra mondiale? Sulle armi non c’è destra e sinistra, il partito trasversale coinvolge quasi tutte le forze politiche. Ma non può vincere. Per questo serve andare a votare, compiere una rivoluzione, un gesto di rottura, ma pacifico. Un gesto per un’Europa più verde, pacifista“. Dal Teatro Brancaccio di Roma Giuseppe Conte chiude con un appello alle urne, nel tentativo di recuperare terreno anche tra l’astensionismo, il tour elettorale nei teatri, dopo aver fatto già tappa a Milano, Ancona, Napoli, Cagliari, Firenze, Palermo e Bari.
Con un format inedito, solo sul palco, ritmo e toni da one man show, l’ex premier ripercorre le battaglie che il M5s intende portare avanti in Europa con i suoi eletti: “Saranno costruttori di pace“, garantisce, puntando ancora una volta a differenziarsi sul tema della guerra e degli armamenti, dall’Ucraina fino alla Palestina. Perché, spiega, “ora siamo in campagna elettorale e tutti parlano di pace. Addirittura anche la Lega, che ha votato di tutto e di più. Ma vi vuole dare l’elmetto e la mimetica per andare a combattere”, accusa, contro la proposta sulla leva militare obbligatoria per i giovani. E ancora, su Gaza: “Abbiamo respinto con fermezza l’atroce attacco di Hamas in Israele, ma da subito abbiamo compreso che si scatenava una reazione indiscriminata. Abbiamo condannato Netanyahu. Non mi sento rappresentato da un governo che per tre volte si è astenuto sulla risoluzione Onu”
Ma non è l’unica stoccata rivolta verso la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il suo esecutivo, di fronte a una platea di circa 1300 persone, secondo i numeri forniti dallo staff M5s: “La Sanità è un disastro in tutta Italia. Mi indigno di fronte a un governo che riunisce il Consiglio dei ministri e non mette un euro per tagliare le liste d’attesa, mentre va a fare uno spot elettorale da un miliardo in Albania del tutto inutile”, continua nel corso del suo intervento. Ma non solo: “Dice che ‘è una del popolo’? Ma che popolo frequenta? La favola dell’underdog è stata ben costruita, ma sono 28 anni che è in politica”.
Sul videowall, dietro il comizio teatrale di Conte, scorrono pure i volti di alcuni ministri del governo, tra gaffe e inchieste che li coinvolgono: “Quante guerre non ci sarebbero state di fronte a cene ben organizzate?”, ironizza Conte sulle dichiarazioni del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, il “cognato d’Italia e ineffabile gaffeur” E Daniela Santanchè? Sta lì incollata e la solidarietà di partito prevale rispetto allo sputtanamento internazionale che ne sta derivando”.
Conte punge anche sul tema della corruzione: “Noi candidiamo Giuseppe Antoci, campione dell’antimafia. Altri candidano Vittorio Sgarbi. Ci abbiamo messo tanto per farlo dimettere e che fa Giorgia Meloni? Lo candida alle Europee, ma spieghi perché: cosa c’è dietro? Non aveva detto che non era ricattabile? Ogni tanto Sgarbi mi manda degli insulti sul cellulare: ma non ce l’abbiamo con te, Vittorio”.
“Questo governo – continua l’ex presidente del Consiglio – “ci sta portando in braghe di tela”. Perché Meloni “è la nostra patriota, ma per l’Italia ci sono tredici miliardi di tagli l’anno” con il nuovo patto di Stabilità. “Noi siamo quelli che hanno portato i 209 miliardi del Recovery Fund, loro meno 13 miliardi l’anno. Hanno detto che i soldi venivano da Silvio Berlusconi, che li ha messi Mario Draghi, alla fine è arrivato pure l’algoritmo, con le dichiarazioni di Paolo Gentiloni. Ma prima, quando la campagna elettorale era lontana, lui la pensava diversamente”, accusa, tra le risate del pubblico.
Anche verso gli esponenti dem e il Pd le stoccate non mancano, dai voti in Italia e al Parlamento Ue sulle armi e non solo. Ma il cantiere dell’alternativa, al di là dei toni da campagna elettorale, dovrà proseguire, spiega pure Pasquale Tridico, capolista M5s alla circoscrizione Sud: “Si voterà anche per le amministrative, in 23 grandi città siamo in alleanza con i progressisti, laddove ci sono le condizioni l’intesa è una realtà”.
Grande assente alla kermesse, invece, è stato ancora una volta il garante del M5s Beppe Grillo. “Ma lui c’è sempre, anche quando non c’è”, taglia corto il capogruppo del M5S al Senato Stefano Patuanelli, mentre la vicepresidente vicaria Paola Taverna invita “a non inventare casi”. Ma il pericolo maggiore, in vista del voto, resta l’astensionismo, soprattutto al Sud, tradizionalmente serbatoio di voti per il M5s.
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