Diventa inevitabilmente un caso diplomatico la decisione di Mosca di nazionalizzare le filiali russe dell’italiana Ariston e della tedesca Bosch. L’annuncio è arrivato venerdì, quando Vladimir Putin ha firmato un decreto per il “trasferimento temporaneo” delle due aziende alla russa Gazprom Domestic Systems, la società del gruppo statale Gazprom che produce elettrodomestici. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che a caldo aveva fatto sapere di aver “attivato la nostra Ambasciata e parlato con i vertici dell’azienda italiana”, ha dato mandato al segretario generale della Farnesina di convocare l’ambasciatore russo per chiarimenti. Poco dopo il Servizio di Azione Esterna Ue, in una nota, ha definito la mossa “ennesima prova del disprezzo della Russia per il diritto e le regole internazionali” e chiesto a Mosca di “revocare queste misure e a cercare soluzioni accettabili con le aziende europee”.

Il decreto di Putin, postato sul portale ufficiale per le informazioni legali, riguarda la Ariston Thermo Rus, controllata da Ariston Holding, e la BSH Household Appliances, controllata da BSH Hausgerate GmbH. Lo stabilimento di Vsevolozhsk di Ariston Group, a 20 km da San Pietroburgo, è stato inaugurato nel 2005. Si tratta di un sito di 64mila mq, di cui 30mila coperti, con 200 dipendenti tra diretti e indiretti, più altri 100 della rete commerciale. Nell’impianto vengono prodotti scalda acqua elettrici per il mercato locale. Con l’inizio della guerra in Ucraina e delle sanzioni, il gruppo ha interrotto gli investimenti sul sito che continua a operare in modo ordinario. Il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha parlato con il presidente dell’azienda delle caldaie e scalda acqua, Paolo Merloni per “esprimere la vicinanza del Governo, pronto a tutelare l’azienda in ogni sede”.

Dall’inizio della guerra in Ucraina, la Russia ha posto sotto “gestione temporanea” i beni di una manciata di aziende occidentali, giustificando queste mosse come ritorsioni per le azioni di altri Paesi contro imprese russe, colpite da sanzioni. Lo scorso anno Putin aveva firmato un altro decreto per il trasferimento temporaneo della gestione delle filiali russe di Danone e di Carlsberg all’agenzia federale per la gestione delle proprietà, Rosimushchestvo. Il provvedimento era stato adottato dopo che la società francese e quella danese avevano annunciato l’intenzione di uscire dal mercato russo. Il 98,56% delle azioni del birrificio russo Baltika, appartenente a Carlsberg, e decine di migliaia di azioni appartenenti a Danone erano state poste sotto il controllo dell’Agenzia. Nel caso di Ariston e Bosch, invece, la gestione viene trasferita, sempre “temporaneamente”, ad un altro gruppo industriale, sebbene controllato dal governo.

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