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“Mio padre era morto che avevo 10 anni. Reagii a quel grande vuoto chiudendomi nella mia stanza”. Il dolore di Simone Cristicchi

Il vincitore del Festival di Sanremo 2007 racconta aspetti inediti della sua vita privata e un grande dolore

di F. Q.
“Mio padre era morto che avevo 10 anni. Reagii a quel grande vuoto chiudendomi nella mia stanza”. Il dolore di Simone Cristicchi

Il vincitore del Festival di Sanremo 2007 con “Ti regalerò una rosa”, Simone Cristicchi, sta portando ormai da tre anni in giro per l’Italia lo spettacolo “Paradiso. Dalle tenebre alla luce”, in cui porta sul palco la Terza Cantica de “La Divina Commedia”. Intervistato dal quotidiano La Stampa il cantautore ha dichiarato: “Sono ottimista, tendo a vedere sempre l’uscita dal tunnel. È il desiderio insito in ogni uomo di aspirare all’eternità. E più prosaicamente, a vivere meglio. È l’amore che muove tutto, come dice Dante”.

Ma la vita, si sa, è fatta di alti e bassi e di momenti difficili proprio come quelli che Dante ha attraversato percorrendo le strade dell’Inferno ne “La Divina Commedia”.

Cristicchi ha raccontato: “Lo dico perché io stesso l’ho fatto da bambino, di fronte a un grande dolore. Mio padre era morto che avevo 10 anni. Reagii a quel grande vuoto chiudendomi nella mia stanza a scrivere e disegnare fumetti. Ho riempito in modo quasi compulsivo centinaia di quaderni di storie strampalate e buffe, alla Jacovitti”.

È dunque grazie alla creatività che il cantautore ha trovato un po’ di meritata pace. Poi è arrivata la musica e la scelta verso il successo è stata immediata.

“PARADISO. DALLE TENEBRE ALLA LUCE” ECCO DI COSA PARLA – “La nostra vita è un grande mistero, che un giorno ci sarà rivelato – afferma Cristicchi – Questo sembra dirci Dante Alighieri, con la forza immutata delle sue parole, ancora oggi a distanza di settecento anni. In questo mistero mi sono calato, cercando di raccontare – tra monologhi e canzoni – l’inconsueto e rendere testimonianza di ciò che di “misterioso” è accaduto nella mia vita. La parola – nella sua nudità e potenza – è al centro dell’intero spettacolo, e affronta tutte le declinazioni possibili: parola recitata, parola narrata, parola cantata. La situazione che stiamo vivendo, ha mandato in frantumi tutte le certezze che avevamo, e ci troviamo in una dimensione paragonabile all’attraversata del deserto. Perché sappiamo che tutto ciò che è rimasto dietro non ha più validità, e quindi ci muoviamo in una dimensione sconosciuta. In questa selva oscura io credo che alla fine riprenderà il sopravvento quello che è già codificato in noi, quella unione fra noi e il Tutto. Perché è proprio quando tutto sembra perduto, quando le certezze crollano, che è possibile ritrovare la coordinata di origine”.

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