Da lunedì è ufficiale: l‘Ilva tornerà in amministrazione straordinaria. Ma all’orizzonte si prospetta un duro scontro con Arcelor Mittal, che dopo aver ribadito di considerare la decisione “una grave violazione dell’accordo di investimento” oggi in una nota allontana da sé ogni responsabilità riguardo alla situazione finanziaria che ha condotto al commissariamento. Con debiti per oltre 3 miliardi di cui oltre 500 milioni scaduti. Il gruppo franco indiano che al momento gestisce il siderurgico in coabitazione con la società pubblica Invitalia, controllata dal Mef, continua infatti a rivendicare di aver fatto massicci investimenti nel programma ambientale e nell'”ammodernamento degli impianti di tutti i siti”, di essersi prodigata per “proseguire il partenariato pubblico-privato” e infine, in mancanza di accordo con l’altro socio, di aver “anche proposto di vendere la nostra partecipazione in ADI a Invitalia”.

Di chi è quindi la colpa se le casse entro fine mese sarebbero state vuote, tanto da non garantire la continuità aziendale? Mittal continua a chiamare in causa il sequestro degli impianti che a suo dire avrebbe impedito di acquistare l’azienda invece che accontentarsi di un affitto che rendeva Acciaierie d’Italia non bancabile. “Se dall’aprile 2021 ADI avesse avuto accesso al tradizionale mercato del debito e fosse stata così in grado di raccogliere il capitale circolante necessario per finanziare le sue esigenze correnti – invece di dipendere dalle iniezioni di capitale dai suoi azionisti come unica fonte di finanziamento – questa situazione avrebbe potuto essere evitata. Malauguratamente, le condizioni sospensive per consentire ad ADI di convertire il contratto di affitto di azienda in un acquisto formale (condizioni che esulano dal controllo di ADI), il cui soddisfacimento era originariamente previsto per il maggio 2022 e successivamente posticipato al maggio 2024 – rimangono oggi non soddisfatte”.

Poi le accuse al governo: “La situazione finanziaria di ADI è stata ulteriormente influenzata dal fatto che il governo italiano ha erogato meno di un terzo dei 2 miliardi di euro di misure di sostegno offerte al momento della creazione della partnership pubblico-privata con Invitalia”. La società guidata da Lucia Morselli lamenta poi che “un turnaround già di per sé complesso è stato reso ancora più impegnativo dall’instabilità causata dalla temporanea rimozione dell’immunità penale applicabile durante il periodo di attuazione del programma di investimenti ambientali, dal contesto della domanda durante la crisi di Covid e dalla crisi energetica in Europa lo scorso anno”.

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