Il percorso di risanamento immaginato dall’ad di Acciaierie d’Italia, Lucia Morselli, è “impraticabile”, in primis a causa della “conflittualità tra i soci” sull’impegno finanziario per salvare la società, ormai a corto di liquidità e con i rubinetti chiusi da parte delle banche. L’esperto indipendente nominato per valutare la richiesta di composizione negoziata della crisi dell’ex Ilva ha ‘bocciato’ il piano delineato dalla manager, espressione del socio privato ArcelorMittal, per uscire dalla crisi finanziaria che sta spingendo il siderurgico al collasso. In una relazione di 23 pagine depositata lunedì – e che Il Fatto Quotidiano ha potuto visionare – il commercialista Cesare Giuseppe Meroni avvisa che prima di entrare nel merito delle richieste di misure cautelari chieste da Morselli è “opportuno interrogarsi in merito alla percorribilità” del percorso di risanamento. In via teorica, specifica Meroni l’azienda se “supportata finanziariamente in modo adeguato” potrebbe “realizzare la massa critica di produzione industriale auspicata, e obiettivo da sempre prefissato, condizionatamente alla piena efficienza degli impianti e dal rispetto delle norme ambientali”. Ma lo stallo tra i soci è un cappio al collo che sta definitivamente strozzando l’Ilva, vicina a un punto di non ritorno.

Ma alla luce della pronuncia del tribunale di Milano che ha bocciato l’istanza di inibizione nei confronti di Invitalia, il socio di minoranza statale ‘autorizzato’ a chiedere l’amministrazione straordinaria al ministero delle Imprese, Meroni scrive di dover “prendere atto che, da una parte, la posizione dei soci è rimasta sostanzialmente immutata – non essendo, pertanto, ipotizzabile, quanto meno nel brevissimo periodo, il raggiungimento di un accordo tra Invitalia e ArcelorMittal idoneo ad assicurare quel sostegno finanziario indispensabile a garantire la continuità aziendale – e, dall’altro, che le preliminari (seppur generiche) aperture di alcuni intermediari finanziari rispetto ad un intervento nel breve periodo paiono allo stato venute meno” o comunque non sarebbero realizzabili con rapidità, fattore essenziale per garantire la sopravvivenza dell’ex Ilva.

Bisogna anche tener presente che Invitalia “ha negato l’erogazione in tempi brevi dei finanziamenti previsti dal piano per il corrente mese di febbraio” e che Unicredit ha addebitato la rata da 30 milioni di euro. Alla luce di tutto ciò, conclude, “non pare (…) che si possa giungere ad una conclusione diversa dalla sopravvenuta impraticabilità del percorso di risanamento” che sta alla base della domanda di accesso alla composizione negoziata. Troppo tardi, insomma. “Né sussistono, a parere di chi scrive, le condizioni per l’elaborazione – nell’ambito del presente strumento – di un percorso alternativo che potrebbero in ipotesi giustificare l’adozione delle richieste misure protettive”, scrive ancora il perito.

La situazione finanziaria “delineatasi a seguito delle circostanze apprese in questi ultimi giorni è tale per cui ben difficilmente pare potersi ipotizzare una soluzione della crisi diversa da quella rappresentata dall’urgente ricorso ad una procedura che apra il concorso tra i creditori”, è il giudizio di Meroni. Al momento, insomma, non ci sono “concrete prospettive di risanamento nell’ambito della composizione negoziata” e quindi anche adottando le misure cautelari richieste dai vertici di Acciaierie d’Italia non si giungerebbe a una “prognosi favorevole”.

In sostanza, spiega il commercialista, la composizione negoziata “avrebbe potuto – fermi restando i già richiamati limiti di un giudizio necessariamente preliminare e provvisorio – consentire l’avvio di un percorso idoneo al risanamento” purché “accompagnato dal verificarsi di una serie di condizioni necessarie a tale scopo”, ma “sembra allo stato doversi prendere atto che le consultazioni intercorse con i principali attori presenti e futuri dell’ipotizzata ristrutturazione non abbiano dato l’esito sperato” dall’ad Morselli. Anzi, specifica, “gli unici atti formali compiuti negli ultimi giorni” suggeriscono di “ricorrere ad altri più incisivi strumenti previsti dall’ordinamento concorsuale”. L’amministrazione straordinaria è sempre più vicina.

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