Per Renato Schifani il processo sul cosiddetto “sistema Montante” finisce oggi. Il tribunale di Caltanissetta, presieduto dal giudice Francesco D’Arrigo, ha emesso sentenza di prescrizione per il governatore della Sicilia, difeso dagli avvocati Roberto Tricoli, Sonia Costa e Massimiliano Miceli. Schifani, che era accusato di concorso esterno in associazione a delinquere e rivelazione di segreti d’ufficio, ha accettato la prescrizione. Reati prescritti anche per il professore Angelo Cuva e per il caporeparto dell’Aisi Andrea Cavacece.

Il governatore accetta la prescrizione – Era già emerso come per Schifani si fossero prescritte le contestazioni relative alla rivelazione di segreti d’ufficio. Il pm Maurizio Bonaccorso si era opposto alla prescrizione del reato di concorso esterno in associazione a delinquere. Secondo l’accusa il reato si sarebbe prescritto soltanto nell’ottobre del 2024, ma il tribunale ha respinto questa richiesta, accogliendo invece la tesi dei difensori del governatore, che consideravano estinte tutte le contestazioni. “Il nostro cliente si è sempre dichiarato totalmente estraneo ai fatti addebitatigli, non avendo mai avuto rapporti con Antonello Montante, così come palesemente risulta dagli atti processuali”, sostengono i legali dell’ex presidente del Senato. “Il nostro assistito – continuano gli avvocati – pur potendo addurre varie ragioni di carattere sanitario (intervento al cuore) ed elettorali (regionali del 2022), non ha mai chiesto la sospensione del processo per legittimo impedimento, al fine di evitare la paralisi dello stesso ed il danno conseguente a carico degli altri imputati aventi diritto alla celebrazione in giudizio entro ragionevoli tempi, così come sancito dall’Art. 111 della Costituzione. Proprio sulla base di questo sacrosanto principio, il nostro assistito ha condiviso con i difensori di non potere non prendere atto della decisione del Tribunale”. In ogni caso Schifani ha preferito avvalersi della prescrizione, invece di rinunciarvi e cercare di ottenere un’assoluzione nel merito.

Le altre prescrizioni – Prescritte le contestazioni anche per l’ex capo dei servizi segreti Arturo Esposito, per il capo reparto dell’Aisi Cavacece e per il tributarista Cuva, anche loro accusati di far parte della “catena delle talpe” di Antonello Montante, l’ex presidente di Confindustria Sicilia già condannato in appello a 8 anni di carcere. Sentenza di prescrizione è stata emessa anche per Maurizio Bernava, ex segretario generale della Cisl. Il sindacalista era accusato di aver rivelato parte delle dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria quando è stato sentito come persona informata sui fatti. Escono dal processo anche i fratelli Andrea e Salvatore Calì che, secondo la Procura di Caltanissetta, avrebbero cercato delle cimici non soltanto a casa di Montante ma anche nella sede di Confindustria a Caltanissetta, oltre alle abitazioni di alcuni indagati dell’epoca oggi imputati.

Il “Sistema Montante” – Il processo nei confronti di Antonello Montante, ex leader degli industriali siciliani considerato per anni paladino dell’Antimafia, nasce dall’inchiesta condotta nel 2018 dalla Squadra Mobile di Caltanissetta e coordinata dalla Dda nissena. Secondo gli inquirenti Montante, che è stato anche vice presidente nazionale di Confindustria con delega alla Legalità, avrebbe messo in piedi un vero e proprio “sistema di potere”, ideato e attuato “grazie a una ramificata rete di relazioni e complicità intessuta con vari personaggi inseriti ai vertici dei vari settori delle istituzioni”. L’imprenditore è accusato di aver creato un’attività di dossieraggio realizzata attraverso l’accesso alla banca dati delle forze dell’ordine finalizzata a ricattare “nemici”, condizionare attività politiche e amministrative e acquisire informazioni su indagini a suo carico. Nel processo di primo grado, celebrato col rito abbreviato, la condanna era stata di 14 anni. In appello la pena per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e accesso abusivo al sistema informatico è scesa a 8 anni.

Gli altri imputati – Nel maxiprocesso celebrato col rito ordinario sono alla sbarra, oltre allo stesso ex presidente di Confindustria Sicilia, l’ex presidente della Regione Rosario Crocetta, gli ex assessori Linda Vancheri e Mariella Lo Bello, l’ex commissario Irsap Maria Grazia Brandara, gli imprenditori Giuseppe Catanzaro, Rosario Amarù e Carmelo Turco. E poi Vincenzo Savastano, vice questore aggiunto all’epoca dei fatti della Polizia presso l’ufficio di frontiera di Fiumicino, Gaetano Scillia, capocentro Dia di Caltanissetta dal 2010 al 2014, Arturo De Felice, direttore della Dia dal 2012 al 2014, Giuseppe D’Agata, colonnello dei carabinieri, Diego Di Simone Perricone, ex capo della sicurezza di Confindustria. Ma anche il “re dei supermercati” Massimo Romano, il colonnello dei carabinieri Giuseppe D’Agata, il poliziotto Salvatore Graceffa; il dirigente di Confindustria Carlo La Rotonda, il maggiore della Guardia di Finanza Ettore Orfanello, il luogotenente Mario Sanfilippo e il colonnello dei carabinieri Letterio Romeo.

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