Non solo le bordate contro gli Agnelli e Repubblica e la difesa del maxi piano di privatizzazioni da 20 miliardi. La premier Giorgia Meloni, intervistata a Quarta Repubblica, è anche tornata sulla fallimentare tassa sugli extraprofitti bancari. L’ha descritta come una grande prova di forza del governo, sostenendo che “nessuno aveva avuto il coraggio di mettere mano su questo settore” e rivendicando: “Per me è di destra anche questo: non guardare in faccia a nessuno, quando una cosa è giusta si fa e basta”. Come se ignorasse che grazie alla scappatoia offerta via emendamento dalla maggioranza quell’imposta non l’ha versata nemmeno un istituto. Ma stavolta la leader di Fratelli d’Italia ha anche costruito una verità alternativa sulle presunte conseguenze della misura.

“Da quando abbiamo varato questa tassa ad oggi i tassi che vengono riconosciuti sui depositi sono aumentati del 50% per le imprese e del 25% per le famiglie e il credito è aumentato“, ha assicurato durante l’intervista con Nicola Porro. La frase mette insieme un fatto platealmente falso e uno solo parzialmente vero ma del tutto scollegato dall’intervento del governo. Che il credito sia aumentato è falso: l’ultimo rapporto mensile dell’Associazione bancaria italiana mostra che i prestiti a famiglie e imprese sono in costante calo anno su anno dal dicembre 2022, quando gli impieghi di questa natura ammontavano a 1.326 miliardi. A novembre, quando il decreto Asset che ha introdotto la tassa è stato convertito in legge, erano scesi a 1.297. A dicembre sono calati a 1.296 miliardi, -2,2% rispetto a un anno prima.

I tassi sui depositi sono invece in effetti ai massimi degli ultimi anni: a dicembre il tasso medio sul totale dei depositi era per le nuove operazioni allo 0,96%, quello sui depositi a durata prestabilita (come quelli vincolati) al 3,91%. Ma sono in aumento da oltre un anno, ben prima dell’intervento sull’extra margine di interesse poi diventato un incentivo a rafforzare le riserve. Quel che è successo è semplicemente che i rialzi dei tassi da parte delle banche centrali si sono – pur con molto ritardo – tradotti in una crescente concorrenza tra le banche per raccogliere la liquidità di famiglie e imprese.

Anche le percentuali di incremento citate da Meloni sembrano non corrette o perlomeno molto arrotondate al rialzo. Guardiamo le statistiche di Bankitalia con il dettaglio sui tassi pagati a famiglie e imprese, aggiornate al momento fino a novembre: a luglio, prima del varo della versione originaria del decreto, sul totale dei depositi in essere delle famiglie con durata prestabilita veniva pagato lo 0,72%. Quattro mesi dopo il tasso era salito allo 0,85%: +18%. Per le società non finanziarie i valori sono rispettivamente di 0,88 e 1,27%, con una variazione del 44%.

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