Cinema

Ecco il cortometraggio Il Moro: scritto, diretto e prodotto dall’attrice Daphne Di Cinto (la duchessa di Hastings nella serie tv Bridgerton)

di Davide Turrini

“Rimarrai sempre il figlio di una schiava”. L’invidia di un nobile cugino ha colorato di sangue pagine e pagine di storia. Ma la rabbia che provò Ippolito de Medici di fronte al cugino Alessandro, di pelle piuttosto scuretta, eletto Duca di Firenze nel 1530 è una di quelle pieghe del passato spesso messe in disparte. Ne recupera quindi una manciata di istanti storici possibili e di coordinate etiche probabili, il cortometraggio Il Moro: scritto, diretto e prodotto dall’attrice Daphne Di Cinto (la duchessa di Hastings nella serie tv Bridgerton).

Quattro quadri in interno e uno in esterno per ventidue minuti di corto dove il ritorno dei Medici a Firenze, e l’alleanza stretta tra Papa Clemente VII (un Medici anche lui) e gli Asburgo per ottenere definitivamente un ducato che rimarrà immutato nei secoli fino a metà ottocento, si esemplifica nella scelta di Clemente VII (Paolo Sassanelli) tra il giovane già cardinale Ippolito (Andrea Melis) e l’altro giovane nipote Alessandro (Alberto Boubakar Malanchino) per lo scranno ducale. Sulla paternità di Alessandro non c’è mai stata nessuna univocità tra gli storici, anche se ne Il Moro la si dà per scontata a Clemente e non a Lorenzo II de Medici. L’unico dato certo, invece, è che Alessandro aveva sicuramente una madre, probabilmente una serva della famiglia, nera. Figlio illegittimo dunque e perlopiù mezzo africano. Nessuno scandalo, però. Bastava allora, e fino al compianto Robespierre, che il bollino del colore del sangue fosse “blu”.

Eppure nei pochi istanti di Il Moro scatta la congiura, con il pugnale di Ippolito che fende la notte fiorentina ma che gli si ritorce contro. Alessandro accetterà l’investitura dal padre papa oramai vecchio e malato, e correrà fiero tra i bastioni del castello ducale per incontrare mamma. “Facendo ricerca su Alessandro de’ Medici mi sono imbattuta in un parallelismo sorprendente con l’esperienza delle persone Afro-Europee contemporanee”, spiega la regista. “Alessandro doveva affrontare i giudizi altrui a causa delle sue “umili origini”. Oggi, più di 500 anni dopo, molti di noi sono costretti a continuare ad affrontare giudizi altrui a causa dei nostri background e dei colori delle nostre pelli. In Italia, la Black-face e la N-word sono ancora considerate normali in TV. Persone nate e cresciute in Italia si vedono la cittadinanza negata a causa delle provenienze dei loro genitori, nonostante il Bel Paese sia il luogo che chiamano casa. Perché dobbiamo ancora discutere della legittimità della nostra esistenza? La storia di Alessandro vuole fare luce sia sulla nostra costante presenza nel continente nel corso della storia, sia sulle conseguenze del colonialismo che ancora influenzano tante vite oggi”. Che poi Alessandro de Medici non risulti all’appello degli archivi tra i nobili più illuminati e umili del Rinascimento nemmeno in materia di schiavismo è, forse, un’altra storia. In compenso Il Moro in questi giorni sta viaggiando negli Stati Uniti per una complessa ma non impossibile corsa alla nomination degli Oscar 2024 nella categoria del Miglior Cortometraggio.

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