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Con più cura per il verde pubblico, forse a Roma non sarebbe scappato il morto

Con più cura per il verde pubblico, forse a Roma non sarebbe scappato il morto
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Secondo il nostro codice penale, non impedire un evento che si ha l’obbligo di impedire equivale a cagionarlo. E’, quindi, non solo giustificata, ma doverosa l’apertura di un fascicolo per omicidio colposo da parte della Procura di Roma dopo la morte di una signora a causa del crollo di un albero.

Certo, colpa anche del forte vento ma resta forte il dubbio che ciò non sarebbe successo se l’albero fosse stato curato e controllato a dovere. Soprattutto se si pensa ai tanti alberi secolari che ormai da anni non vengono più curati ma, al massimo, vengono tagliati e abbandonati in quantità tale che anche la Procura ha deciso di non fare più sequestri. Del resto che altro si può pretendere in una città dove 330.000 alberi sono affidati alle cure di meno di duecento addetti?

E non solo gli alberi. A Roma coesistono differenti tipologie di aree verdi, circa 82.000 ettari, che costituiscono il 63,8% dei 128.530 ettari del territorio comunale con aree agricole, parchi e riserve naturali, ville storiche e giardini pubblici; all’interno delle aree verdi romane, secondo l’ultimo aggiornamento del Catasto del verde di giugno 2022, sono attrezzate 409 aree ludiche, 103 aree sportive e 189 aree cani.

A fronte di questo immenso patrimonio, mentre nel 1980 il Servizio giardini aveva un organico di oltre 1.800 persone con una importante scuola giardinieri, oggi il personale è sceso a 540 unità, di cui soltanto 250 sono lavoratori tecnici operativi. Per il resto, si ricorre a ditte esterne, a volte nemmeno di Roma, che -come recentemente denunciato in una intervista a “Italia Libera” da Jacopa Stinchelli, coordinatrice del movimento “Difendiamo i Pini di Roma” – spesso, in assenza di adeguati controlli, sembrano più interessate alla quantità delle potature e degli abbattimenti che non alla qualità delle cure e alla conservazione del patrimonio arboreo.

Con i risultati disastrosi che sono sotto gli occhi di tutti: tanto verde pubblico abbandonato a se stesso e adibito a ricettacolo di rifiuti e ben 50.000 pini che muoiono per la cocciniglia e vengono abbattuti senza essere sostituiti. In totale contrasto, peraltro, con il regolamento per il verde romano varato nel 2021 secondo cui “ad ogni albero abbattuto deve seguire il ripristino entro un anno dall’abbattimento” con “l’obbligo di rimozione immediata della ceppaia” e prescrizioni severissime onde evitare la cementificazione del territorio restato libero.

Perché altrimenti, come sta avvenendo, si apre la strada ai cantieri, ai palazzinari, al cemento, al consumo del suolo e agli speculatori. Con il rischio concreto – è sempre Stinchelli che parla – che Roma perda la sua connotazione, unica al mondo, di città ove convivono e si intrecciano arte, storia, cultura e natura, di cui alberi e verde sono fattori essenziali.

E’ questa la vera bellezza e la vera ricchezza di Roma. Ora si promettono interventi drastici. Staremo a vedere. Ma ci voleva il morto?

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