di Stefania Rotondo

“Mamma, non piangere. Ti diranno che era giusto, che ero da sola. Che il mio ex psicopatico avesse delle ragioni, che ero infedele, che ero una puttana. Ti diranno che ho osato volare molto in alto, in un mondo senza aria. Ma ti giuro, sono morta combattendo”. L’attivista peruviana Cristina Torres Caceres ha scritto Se domani non torno per tutte le Giulia del mondo, che vengono giudicate inappropriate, oggetti, possedimenti. Le Giulia, invece, sono reali, e meritano di vivere una vita libera quanto i cattivi ma anche quanto i bravi ragazzi, i Filippo che non farebbero male neanche a una mosca, e che invece le massacrano, le caricano su di un auto e le gettano da un dirupo.

Ci sono posti in questa Terra dove le Giulia contano meno di nulla, che diventano spose bambine, che per uscire vengono coperte dalla testa ai piedi, alle quali è precluso il diritto allo studio, al voto, che vengono stuprate e poi uccise perché rivendicano i propri diritti. E poi ci sono luoghi, come i nostri, occidentali, democratici e liberi, che dovrebbero loro consentire di spiccare il volo, e dove invece, lo strisciante patriarcato subìto dalle donne ma anche dagli uomini, le sopraffà non solo fisicamente ma anche psicologicamente, le isola, le sminuisce, lede la loro autostima, a tutti i livelli sociali.

Sono anni che lo psichiatra Paolo Crepet mette in guardia sui pericoli dei ‘si’ incondizionati e sull’importanza pedagogica dei ‘no’. “Ci sono individui che non sanno distinguere i sentimenti. Il solo pensare che una donna sia come una motocicletta, una proprietà, non c’entra nulla con l’amore. È una concezione medievale. Abbiamo creato delle generazioni che non conoscono la frustrazione, che non sanno che esistono anche i no”, dice in un’intervista.

La cronaca ci dice che le vittime sono le donne. Dietro un assassino c’è una questione culturale ed educativa, ma non c’è il mondo femminile da una parte e il mondo maschile dall’altra, bensì secoli di contrazione tra i due generi, perché la stessa cultura patriarcale li ha pervasi entrambi. Non è una un’eresia cogliere la complicità tra mamme e bambini bulli. E quando una relazione diventa burrascosa, la madre del maschio spesso dice che l’amore prevede il dominio. E questo succedeva ieri e succede ahinoi anche oggi.

Le donne sono cambiate grazie al femminismo. Ma ritengo che i sensi di colpa che nascono dall’abbandono quotidiano dei figli per svolgere la propria attività lavorativa, il pensare di non difendere abbastanza i propri cuccioli, possano provacare l’ansia di tutela. La tragedia nasce anche quando le donne accettano e nascondono per vergogna determinati comportamenti da parte dei propri compagni. E così anche un bravo ragazzo, o un bravo uomo, all’apparenza, può diventare mostro.

Per questo dire che la violenza è maschile è dire una banalità. Lo sanno anche le pietre che la camorra è in mano a tante donne. Ecco dunque come il meccanismo del potere patriarcale ammalia, fa male e consuma le stesse donne.

La politica vuole soluzioni semplici. Ma non esistono. Ci vorrebbe solo educazione sentimentale che rendesse le donne e gli uomini più responsabili emotivamente.

Un appello a tutte le donne. Non andate mai da sole all’ultimo appuntamento. Anzi, non ci andate e basta. Abbiate il coraggio di chiedere aiuto, anche psicologico, e non abbiate vergogna. Nessuna donna si merita lo schiaffo, non si deve cadere nella trappola dell’accettazione. E soprattutto, ricordate: amore non è possedere.

“Possa Giulia riposare in pace, possa questa essere l’ultima volta che succede una cosa del genere. Qualcosa deve cambiare”. Ha detto la sorella Elena. Per tutte le Giulia, in ogni latitudine del mondo.

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