Sconvolgente”, “Solo slogan in vista delle Europee”; “Imbarazzante”. Il giorno dopo la presentazione alla stampa del Decreto “Caivano”che contiene norme, tra le altre, che rendono più facile il carcere per i minori, il Daspo urbano per i 14enni e la pena della reclusione per i genitori che non mandano i figli a scuola – il mondo di chi lavora con i bambini più fragili e con i genitori non ha parole di elogio per i provvedimenti presi dal governo Meloni.

I più critici sono proprio i sacerdoti che conoscono il mondo dei minori che sono finiti dietro le sbarre e lavorano con loro da anni. Don Gino Rigoldi, cappellano del “Beccaria” a Milano è tranchant: “Questi signori che fanno i ministri abitano nei centri delle belle città e non hanno idea della realtà. Dopo la visita a un quartiere come quello di Caivano che è simile a certe zone di Milano, non si può pensare che l’unica soluzione ai problemi che si registrano in queste aree sia la punizione. Se sei nella deprivazione ti servono strumenti per emanciparti. Alla Barona, a Milano, da anni abbiamo un centro di aggregazione giovanile e lì non avvengono più fatti criminali”.

Don Rigoldi guarda anche al tema sovraffollamento: “Nelle carceri minorili non c’è più posto. Dove pensano di metterli tutti questi nuovi baby criminali? Non voglio passare per buonista: è chiaro che bisogna puntare gli occhi anche sui reati fatti dai minori ma la strada da percorrere è quella della prevenzione”. Il prete che da una vita si dedica ai ragazzi più difficili analizza la situazione attuale: “Nell’Italia settentrionale abbiamo molti minori migranti in carcere. È gente che non è stata accolta ed è finita per strada, senza un permesso, senza un tetto. Vedo i reati della fame, al Beccaria”.

D’accordo con lui è un altro sacerdote che conosce bene il disagio, don Antonio Mazzi. Il fondatore di Exodus si dice “sconvolto” dal provvedimento del Governo: “È da anni che dico che il carcere minorile va abolito e che vanno trovate soluzioni alternative. Ora dalla mattina alla sera, ci troviamo in un’Italia dove è tornata la pedagogia della punizione e non dell’educazione. È preoccupante questo cambiamento culturale messo in atto senza particolari reazioni da parte dell’opinione pubblica”. Don Mazzi pensa anche al reato di dispersione assoluta fino a ieri punito con una sanzione ed ora elevato a rango di delitto con la pena della reclusione fino a 2 anni: “Mentre chiediamo ai genitori di dialogare di più e meglio con la Scuola, la soluzione dello Stato è mandare in galera mamme e papà”.

Durissimo su quest’ultima questione il pedagogista Daniele Novara: “Mi chiedo se fossero lucidi quando hanno pensato a questo inasprimento della norma per i genitori. I ragazzi che non vanno a scuola non sono solo a Caivano. Dopo il Covid il problema tocca anche molte famiglie del Nord. Dovranno a questo punto mettere in carcere una famiglia su venti. Stanno punendo coloro che hanno tenuto in piedi il sistema Italia durante la pandemia. Questo accanimento verso i genitori è incompatibile. A questo punto non so più quanto sia campagna elettorale e quanto sia azione governativa”.

A dissentire con Meloni e ministri è anche lo psicoterapeuta Alberto Pellai, autore del noto libro L’età dello tsunami: “È un Decreto totalmente fuori luogo. Sul tema dell’abbandono scolastico l’unico approccio risolutivo è quello educativo. Avrebbe avuto più senso togliere la patria potestà”. Nemmeno Paolo Crepet, psicologo e psichiatra, plaude al provvedimento: “Sono contento che il Governo si occupi di giovani ma qui anziché parlare di comunità si parla di galera. Siamo di fronte a uno scivolone imbarazzante. Ma ci rendiamo conto che sono bambini? Se comunichiamo al mondo che abbiamo paura di loro, perdiamo ogni speranza”. Crepet non apprezza nemmeno l’incentivo all’utilizzo del Parental control contro i siti porno: “Questo strumento esiste da decenni. Non serve un Decreto per renderlo ufficiale. Mentre è legale che una ragazza metta su una piattaforma le sue foto più o meno vestita, questi parlano di parent control. Anche lo stop possibile all’uso del cellulare per i minori condannati è solo una boutade”.

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