La tremenda uccisione di cinque operai della manutenzione, e il ferimento di altri due, travolti da un treno mentre stavano lavorando su di un binario, non costituisce per nulla un “incidente”. Kevin Laganà, 22 anni, Michael Zanera, 34 anni, Giuseppe Sorbillo, 43 anni, Giuseppe Saverio Lombardo, 52 anni, Giuseppe Aversa, 49 anni, sono le ennesime vittime di un sistema di sfruttamento e violazione dei diritti fondamentali, che ne ha già fatte migliaia, e risponde unicamente all’obiettivo del profitto e dell'”efficienza” a tutti i costi, comprese le vite delle persone.

E non si tratta di persone qualsiasi, perché sono lavoratori, cioè coloro che, a rischio della vita e in condizioni sempre peggiori da tanti punti di vista, si ostinano a mandare avanti questo nostro disastrato Paese, ogni giorno più devastato e maltrattato da cosche, cricche e camarille di ogni genere, tutte ben rappresentate all’interno dell’attuale governo e del quadro politico più in generale.

Come ha scritto l’Unione Sindacale di Base, proclamando un immediato sciopero di 24 ore nelle ferrovie in risposta alla strage, si tratta dell'”ennesimo episodio di una storia già scritta, fatta di appalti, privatizzazioni, mancato rispetto delle norme di sicurezza, aumento dei ritmi di lavoro, riduzione del personale. Il risultato sono gli assassinii sul lavoro, oggi cinque corpi smembrati da un treno che passava a 160 km/h e che si è fermato un chilometro dopo aver investito gli operai”.

Quella dello sciopero generale delle ferrovie, proclamato dall’Unione Sindacale di Base, cui è auspicabile si aggiungano altri sindacati, a cominciare dalla CGIL, costituisce solo la prima risposta a una situazione oramai intollerabile, e vede nella strage dei lavoratori l’aspetto più insopportabile di una condizione, quella operaia, che nel nostro Paese diventa sempre più insostenibile nel suo complesso.

Nei prossimi giorni partirà la raccolta delle firme su di un progetto di legge di iniziativa popolare dedicato proprio alla repressione degli omicidi sul lavoro. Fra le premesse di tale iniziativa sono indicate le cifre, davvero impressionanti, relative agli omicidi sul lavoro: negli ultimi cinque anni quattromila vittime (1.020 nel 2022), quattro milioni di lesioni e traumi e 300mila malattie professionali e croniche. Per arginare la strage la legge di iniziativa popolare propone l’introduzione dei reati di omicidio e di lesioni gravi sul lavoro, comminando pene detentive da cinque a dieci anni per il primo.

E’ in effetti davvero intollerabile che, in uno Stato pronto a inventarsi fattispecie criminose inconsistenti come la partecipazione ai rave, possano andare sostanzialmente impuniti gravissimi attentati alla vita umana e alla salute dei lavoratori, commessi in nome dell’accumulazione del capitale e del mantenimento del potere di cricche burocratiche e/o aziendali spesso composte da persone di assoluta incompetenza, come dimostrato anche da tanti altri episodi che hanno determinato la morte anche di tanti cittadini comuni.

Ovviamente non è immaginabile che la mera previsione della repressione penale del crimine possa portare a un miglioramento della situazione, ma la raccolta delle firme e l’introduzione di questa fattispecie serve a dare un obiettivo pratico e preciso all’indignazione di chi oggi, per responsabilità di partiti di sinistra e sindacati che da troppo tempo non svolgono in modo efficace il proprio ruolo di difesa dei lavoratori, si trova in condizione di frantumazione sociale e di disorientamento ideologico. L’Italia della signora Meloni e dei suoi accoliti Salvini e Tajani non è solo quella delle cifre record degli omicidi sul lavoro, ma anche quella dove si registrano le maggiori percentuali di povertà anche all’interno della stessa classe lavoratrice e quella dove i profitti continuano a salire (e le evasioni fiscali con essi) mentre continua implacabilmente a scendere il potere d’acquisto dei settori sociali più numerosi.

Certamente si tratta di fenomeni che hanno le loro radici in anni ormai lontani, ma è indubbio che, insieme a quello che l’ha immediatamente preceduto e forse ancora peggio di esso, il governo di destra attualmente in carica è quello che, più di ogni altro dall’avvento della Repubblica e forse anche prima, si presenta come zelante esecutore di ogni desiderio della “nostra” pessima classe padronale.

Occorre pertanto sperare che l’autunno che si preannuncia – mentre fortunatamente sembrerebbero fugati i torridi caldi della stagione estiva – sia caratterizzato da una nuova stagione di lotte operaie e popolari che diano finalmente espressione alla “collera degli onesti” che cova da tempo all’interno del nostro popolo e della nostra classe lavoratrice, unica vera depositaria del futuro dell’Italia e fautrice del suo progresso, ma che, in mancanza di un’adeguata rappresentanza politica e sindacale, paga ogni giorno, anche in termini di vite umane, un prezzo davvero insopportabile al sistema parassitario, ingiusto e inefficiente che fa finta di governare il nostro Paese.

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