Mentre il prezzo della benzina continua ad aumentare, il governo Meloni esclude un nuovo taglio delle accise. Ma non dice che quell’intervento è previsto, ad alcune condizioni, da un suo provvedimento varato solo sette mesi fa. Il decreto Trasparenza carburanti adottato lo scorso gennaio promette infatti di ridurre le imposte in caso di aumento dei prezzi della materia prima, rispolverando la cosiddetta accisa mobile voluta da Bersani nel 2008. Il problema è che l’extra gettito incassato dallo Stato in queste settimane è provvidenziale in vista del finanziamento della prossima legge di Bilancio, per la quale vanno trovati almeno 20 miliardi di coperture. Il Tesoro è quindi assai restio a rinunciare a una parte dei ricchi incassi Iva per calmierare le accise.

In prima linea, da giorni, c’è Adolfo Urso: il ministro delle Imprese e del made in Italy va ripetendo che ripristinare lo sconto introdotto da Draghi nel 2022 è escluso perché costa troppo e l’esecutivo di centrodestra ha scelto di utilizzare quelle risorse “per il taglio del cuneo fiscale, i salari più bassi e le famiglie numerose”. Eppure l’esponente di Fratelli d’Italia dovrebbe sapere che la soglia oltre la quale è prevista l’attivazione dell’accisa mobile si sta avvicinando. A breve Palazzo Chigi e via XX Settembre potrebbero dover decidere se tener fede agli impegni o fare come niente fosse e continuare a incamerare risorse a spese degli automobilisti.

Il caro benzina, come si ricorderà, è stata una delle prime grosse grane di Meloni. Che nella sua prima manovra economica ha scelto di non rifinanziare la riduzione di 25 centesimi dell’accisa sulla benzina. A inizio gennaio i rincari sono stati inevitabili e la premier ha dovuto arrampicarsi sugli specchi per tentare di smentire la contraddizione con i contenuti del programma elettorale di FdI, stando al quale le imposte sui carburanti sarebbero state “automaticamente ridotte” in caso di aumento delle entrate statali. Aumento che c’era stato eccome, grazie all’ottimo andamento dell’Iva. Per placare le polemiche è arrivato qualche giorno dopo il decreto che prevede tra il resto l’obbligo per i benzinai di esporre a partire dall’1 agosto cartelli con il prezzo medio nazionale dei carburanti (trovata del tutto inefficace, come si è visto, nell’impedire gli aumenti) e una app pubblica per confrontare le cifre, finora irrealizzata.

Lì dentro però c’è anche un’altra norma, che tutta la maggioranza sembra appunto aver dimenticato: l’articolo 2 modifica l’articolo della finanziaria del 2007 con cui in caso di forti rialzi dei prezzi dei carburanti si consentiva al ministero dell’Economia di compensare ogni tre mesi le maggiori entrate Iva con una revisione al ribasso delle accise. Il nuovo provvedimento stabilisce che il Mef, d’accordo con il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica guidato da Gilberto Pichetto Fratin, può agire se le quotazioni medie del greggio superano, nel bimestre precedente, il valore di riferimento indicato nell’ultimo Documento di economia e finanza. Ecco: il Def di aprile ha stimato il prezzo del petrolio Brent per il 2023 a 82,3 dollari al barile. La media degli ultimi due mesi si attesta sugli 80,5 euro, in costante crescita: basti dire che a inizio agosto era a 77,6 euro. Dopo il lieve calo dei giorni scorsi, venerdì i future sul barile sono risaliti a 84 euro.

“Colpa dell’Opec+”, il cartello dei paesi arabi alleati con la Russia, che “ha cominciato a tagliare la produzione per far salire i prezzi”, ha detto Urso. In realtà sull’oro nero incidono tante variabili, a partire dal tasso di crescita delle maggiori economie mondiali. Ma il punto è che, se nelle prossime settimane il mercato continuerà a muoversi in quella direzione, il tetto di 82,3 euro verrà facilmente superato. A quel punto spetterà al ministero guidato da Giancarlo Giorgetti valutare come muoversi. E, nel caso non intenda agire, Meloni dovrà spiegare la scelta agli elettori. Visto che il 12 gennaio, al Tg5, la presidente del Consiglio aveva garantito: “Se il prezzo sale oltre una determinata soglia, quello che lo Stato incassa in più di Iva verrà utilizzato per abbassare il prezzo”.

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