La compagnia di un animale domestico avrebbe il potere di ridurre i rischi di un declino cognitivo negli anziani, migliorando così la qualità della loro vita quotidiana. È quanto è emerso dai dati preliminari di una ricerca che verrà presentata durante il 74° congresso annuale della American Academy of Neurology, in programma ad aprile, a Seattle. Lo studio ha analizzato le capacità cognitive di 1.369 anziani, somministrando loro una serie di test di valutazione. Gli esperti hanno potuto osservare come, a distanza di sei anni, i punteggi legati a questi test siano diminuiti a un ritmo più lento tra i proprietari di animali domestici. I vantaggi erano superiori in chi aveva accanto un animale domestico da più di 5 anni. Tiffany Braley, specialista dell’University of Michigan Medical Center e membro dell’American Academy of Neurology, ha spiegato che lo stress può influenzare negativamente la funzione cognitiva, è quindi possibile che questi risultati trovino una spiegazione proprio nei potenziali effetti di assorbimento dello stress tra chi ha vicino un animale domestico.

Oltre quindi al miglioramento delle capacità cognitive negli anziani, ci potremmo aspettare altri benefici? “Sì, in realtà sono innumerevoli: dalla regolazione emotiva, alle attitudini sociali e della salute mentale”, sottolinea la dottoressa Daniela Barbini, psicologa, psicoterapeuta e docente della scuola di specializzazione in psicoterapia Coirag, Responsabile di progetto in Interventi assistiti con animali, Associazione italiana pet therapy. “E lo dimostrano altre ricerche, svolte in America, in cui hanno rivelato che la compagnia di un animale domestico ha effetti sulla pressione sanguigna o la frequenza cardiaca e le variabili psicologiche come l’empatia e l’interazione sociale. È noto che la presenza di un animale amichevole stimola l’interazione anche tra le persone presenti, funge da ‘catalizzatore sociale’. Lo osservò in primis Boris Levinson (1964), psicoterapeuta e ‘padre’ della pet therapy (oggi definita ‘Interventi assistiti con animali’), il quale notò che la presenza del suo cane facilitava la comunicazione con un paziente”.

Dottoressa Barbini, attraverso quali meccanismi psicologici si producono questi effetti?
“La possibilità di instaurare un legame uomo-animale risiede nelle caratteristiche del cervello e in alcune funzioni specifiche che abbiamo in comune con gli animali. Condividiamo una rete di locus filogenetici, strutture che generano ormoni e regolano il comportamento sociale e la risposta a condizioni di stress. Ci accomuna l’ormone peptidico ossitocina, che è ‘il lubrificante’ essenziale per i legami sociali. Questo induce la prossimità all’altro, la riduzione dell’ansia e l’induzione alla calma, nonché l’innalzarsi della soglia del dolore”.

Ci sono differenze negli effetti psichici a seconda dell’animale con cui si stabilisce un rapporto?
“Direi che questa rete di locus filogenetici, che si manifesta a livello dei lobi frontali del cervello e del mesencefalo, così come l’ormone peptidico ossitocina, è presente in tutti i mammiferi. È importante notare che l’ossitocina è prodotta tanto negli esseri umani quanto negli animali, come conseguenza dell’accarezzamento, del contatto pelle a pelle e forse anche della condivisione degli sguardi. Questi effetti sono particolarmente intensi tra esseri umani e i loro fidati cani, ma alla base c’è sempre la relazione che abbiamo costruito con loro, anche nel rispetto della loro natura e dei loro bisogni. L’effetto psichico non cambia, cambia il rapporto corporeo a seconda dell’animale”.

Si parla di anziani, ma se pensiamo anche ai tanti ragazzi che hanno accusato diversi disagi psichici per le limitazioni sociali della pandemia, cosa consiglierebbe nell’ambito degli “Interventi Assistiti con Animali”?
“Differenzierei questi tipi interventi, che sono strutturati con obiettivi specifici e una équipe apposita, dal rapporto con gli animali domestici. In riferimento a quest’ultimo aspetto, dobbiamo sempre tenere presente che un animale comporta anche impegni quotidiani e costanti nel tempo, per cui suggerirei di non sceglierlo impulsivamente, perché il legame deve portare vantaggi ad ambo le parti. Ogni animale ha proprie caratteristiche ‘di personalità’, per i cani le possiamo riassumere in: arousal – qual è il livello di attivazione emozionale?; emozioni – in che stato emozionale è? (per comunicare meglio con lui, evitando inutili frustrazioni); motivazione – che cosa si aspetta e cerca dal mondo? Un animale può di fatto aiutare molto rispetto al disagio che oggi vivono soprattutto i giovani. Andrebbe quindi scelto quello che più è complementare alla nostra personalità, in quanto conta sempre il binomio padrone-animale. Per esempio, se siamo persone molto ansiose, in allerta, non consiglierei un cane da guardia, con motivazione protettiva, perché stimoleremmo troppo la sua propensione a difenderci. Raccomanderei invece un cane con alta motivazione sociale, che può stimolare l’interazione”.

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