Eppure, nonostante sia stata più volte smentita, la pista palestinese acquisisce ciclicamente vigore. Gli ultimi a farla entrare in un’aula di tribunale sono stati gli avvocati di Gilberto Cavallini, l’ex Nar condannato all’ergastolo in primo grado: avrebbero voluto far testimoniare sia Carlos che Giovanardi al processo d’appello, sulla base del carteggio di Giovannone relativo all’arresto di Saleh. Come ha raccontato Stefania Limiti sul ilfattoquotidiano.it, però, la procura generale di Bologna ha prodotto una memoria in cui smentisce, ancora una volta, la pista palestinese. Per i magistrati legare la bomba alla stazione con le attività del Fronte popolare per la liberazione della Palestina è “fuor di luogo e definitivamente superata dagli accadimenti e dalla corrispondenza intercorsa dopo la strage tra i vertici del FPLP e le autorità italiane”. Da quelle carte emerge che “era forte l’interesse dei palestinesi a tenere aperto il dialogo con l’Italia, che, viceversa, avrebbe interrotto ogni trattativa o si sarebbe comportata in modo ben diverso se il FPLP, o anche qualche sua frangia estrema, si fossero resi responsabile della strage del 2 agosto 1980″. Tra le carte che provano questa tesi, tra l’altro, c’è la recente desecretazione di un telex dell’Ucigos, la struttura antiterrorismo del ministero dell’Interno: ancora nel 1981 l’Olp comunicava i movimenti di persone che arrivavano in Italia. Un elemento che dimostra come fosse ancora in piedi un dialogo con gli uomini di Arafat. Dialogo che si sarebbe dovuto interrompere se i palestinesi avessero davvero fatto strage. Tra l’altro come reazione a un banale arresto di un loro combattente.

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