Come tutte le stragi della controversa storia italiana anche a Bologna i depistaggi cominciano subito. Già nei mesi dopo l’esplosione agli inquirenti vengono prospettate una miriade di piste straniere, tutte accomunate da due caratteristiche: sono false, ma allontanano le responsabilità dell’eversione di destra. Il primo tentativo di condurre le indagini verso i palestinesi risale al 25 giugno 1981 quando la Questura di Bologna trasmette un comunicato dell’Ansa: i poliziotti spiegano di avere raccolto le dichiarazioni di Naum Farah, un militante della Falange Libanese, che in pratica sostiene di avere la prove del coinvolgimento palestinese nelle stragi di Monaco di Baviera e di Bologna. “Accusiamo Abu Ayad di aver organizzato le stragi di Bologna e di Monaco. Karl Heinz Hoffmann, che agiva in collaborazione con lui, ha incontrato nel luglio 1980 alcuni estremisti italiani per preparare l’attacco alla stazione, ed è implicato anche nell’attacco all’Oktoberfest“, diceva il libanese, spiegando che i due “si erano addestrati all’uso delle armi presso il campo palestinese di Bir Hassan”. Risale alllo stesso periodo, il 15 giugno del 1981, un documento del colonnello Stefano Giovannone, capocentro del Sismi a Beirut, che comunicava “l’ultimatum dei palestinesi a seguito del rigetto dell’istanza di scarcerazione di Abu Saleh” con tanto di minaccia relativa al “dirottamento di un aereo dell’Alitalia o l’occupazione di un’ambasciata italiana in un Paese del Centro o Sud America”.

Cos’era successo? Nel novembre del 1979 il giordano Abu Anzeh Saleh, esponente del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, viene arrestato a Bologna con due lanciamissili terra-aria Strela di fabbricazione sovietica. Quell’arresto innervosì effettivamente il fronte di Arafat, che aveva un’intesa segreta col nostro governo: era il cosiddetto “Lodo Moro“e prevedeva la libera circolazione di armi e uomini su suolo italiano in cambio dell’impegno da parte dei palestinesi a non compiere alcuna azione armata sul nostro territorio. Quella crisi, però, venne risolta in breve tempo: i palestinesi arrestati vennero assolti in primo grado, la procura non fece appello e si parlò anche di un indennizzo pagato dai nostri servizi per i missili sequestrati. In questo modo le interlocuzioni tra il governo italiano e l’Olp proseguirono anche dopo il 2 agosto: perché i nostro esecutivo avrebbe dovuto continuare a parlare con quelli che sospettava essere gli assassini di 85 persone?

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Iris Setti, il femminicidio nasce dal maschilismo: quello che fa più male e l’indifferenza

next
Articolo Successivo

“Attentato alla sicurezza dei trasporti”, si indaga per terrorismo per lo stop dell’Alta velocità: identificato un militante dell’area anarco-antagonista

next