La dichiarazione di latitanza è questione di ore: la condanna a 7 anni e mezzo è di due settimane fa e da allora l’ex primo cittadino di Carloforte, in Sardegna, è introvabile. Condannato in via definitiva per la bancarotta della società Sept Italia, industria sarda che produceva vernici, fallita nel 2010 con un buco di circa 10 milioni di euro, Marco Simeone sembra non aver lasciato tracce di sè.

Secondo quanto riporta il quotidiano L’Unione Sarda, l’ordine di esecuzione pena firmato il 24 giugno dalla Procura generale di Cagliari è andato a vuoto. I carabinieri di Carbonia, incaricati dalla magistratura di rintracciare l’imprenditore ed ex politico per condurlo in carcere, hanno risposto dopo circa due settimane con un “verbale di vane ricerche“.

Già nelle prossime ore, dunque, Simeone potrebbe essere dichiarato latitante. Poi scatterà l’ordine di cattura europeo, diramato oltre che sul territorio nazionale anche nel Paesi comunitari, notificato a tutte le forze di polizia. I carabinieri lo hanno cercato sia negli indirizzi conosciuti che in quelli dei familiari. Ci sarebbe già stato anche un primo controllo nelle liste dei passeggeri delle navi e dei voli partiti dalla Sardegna, ma senza successo. Di lui, dunque, si sono perse le tracce. Potrebbe essersi allontanato dalla Sardegna con una barca.

Due settimane fa la Suprema Corte aveva reso irrevocabile, dunque definitiva, la condanna di secondo grado per il crac della Sept Italia. Al termine dell’inchiesta della Guardia di Finanza, coordinata dal pm di Cagliari Giangiacomo Pilia, l’ex sindaco di Carloforte era stato condannato a nove anni, poi ridotti a sette e mezzo in appello.
Nell’ottobre del 2021 era stato arrestato e poi rimesso in libertà dopo 10 mesi di custodia cautelare in carcere e altri cinque ai domiciliari.

Nel luglio 2022 era arrivata anche la condanna di primo grado a nove anni per il fallimento di tre società: Wahoo, Saffirina e Quasar. Mentre in un altro processo, sempre in primo grado, era stato condannato a tre anni per il fallimento della Marma, ritenuta dagli inquirenti la cassaforte del Gruppo. A maggio, invece, la Corte d’appello di Cagliari (dopo un annullamento della Cassazione) lo aveva assolto con formula piena dall’accusa di peculato per l’uso delle auto del Comune di Carloforte.

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