L’aveva detto nei giorni scorsi la ministra del Lavoro Marina Calderone in una risposta poco più lunga di un tweet, l’ha ribadito la presidente del Consiglio Giorgia Meloni nell’intervista al Corriere della Sera e ora lo riconferma il vicepremier Antonio Tajani, leader di Forza Italia: il governo è contrario all’introduzione di un salario minimo per legge perché – è la sua risposta – potrebbe danneggiare i lavoratori che guadagnano di meno. Eppure, oltre alle critiche delle opposizioni e allo scontro interno ai sindacati, va registrata la posizione di Confindustria, che invece apre al dialogo sul salario minimo. Il presidente Carlo Bonomi si è detto più volte disponibile a un confronto e anche oggi all’Assemblea Generale di Assolombarda (presente la premier Meloni) ribadisce: “Se vogliamo parlare di salario minimo con una soglia minima di 9 euro lordi, non è un problema di Confindustria, che va sopra questa soglia”. “Il salario minimo – aggiunge Bonomi – è una discussione fatta a livello europeo, in paesi con bassa contrattazione collettiva nazionale. Non è il caso della Italia. L’Italia è un esempio virtuoso. Se vogliamo parlare di salario minimo in contratti collettivi nazionali confindustria sono tutti sopra quella soglia. Ci sono settori dove si paga meno, ma bisogna entrare nel merito e dire chi non paga, basta incrociare i dati Inps. L’industria non paga poco ma il giusto.”

Tajani sostiene di rifarsi al testo approvato dalla Commissione Ue nei mesi scorsi: il salario minimo “bisogna applicarlo quando non c’è una contrattazione collettiva con percentuali oltre l’80%. Questo non è il caso dell’Italia“. “Riteniamo invece – aggiunge Tajani ribadendo quanto detto da Calderone – che la contrattazione collettiva sia l’elemento migliore per fare aumentare gli stipendi dei lavoratori. Per chi non aderisce al contratto collettivo, questo sì per legge, si può decidere che il salario minimo collettivo viene utilizzato per tutti i lavoratori che non hanno un contratto collettivo. Questa è una garanzia anche per coloro che non hanno una contrattazione collettiva“.

Un’ennesima chiusura che per il presidente del M5s Giuseppe Conte è “preoccupante perché è la reazione di chi non vede il problema”. E se Meloni dice no all’introduzione di una soglia minima è “comprensibile – riflette l’ex premier- perché guadagna delle indennità che sono fino a 30 volte” tanto. L’ex premier ricorda: “Il 17 giugno invece di fare comizi tradizionali abbiamo offerto il palco alle persone che sono in condizioni precarie e di sfruttamento. Il sistema mediatico ha parlato solo di quello che ha detto Grillo per spostare l’obiettivo“. Per la segretaria del Pd Elly Schlein “è una precisa strategia politica, di aumentare diseguaglianze, precarietà, mentre ritardano sull’attuazione del Pnrr che ci darebbe strumenti per produrre una buona impresa. Il Paese ha un potenziale significativo, il Pd inizierà un ciclo di incontri per capire quali politiche industriali servono e mancano da troppo tempo. Il salario minimo è un passo fondamentale oggi ma non sufficiente”, spiega Schlein parlando all’Università Roma Tre.

Lo scontro non è solo politico, ma anche interno ai sindacati. Se da un lato Cgil e Uil hanno espresso il loro favore alla proposta di legge delle opposizioni, che prevede come prima garanzia per i lavoratori la contrattazione collettiva, d’altra c’è il leader Cisl Luigi Sbarra (con Ugl) che ha subito spalleggiato la posizione del governo. E oggi Pierpaolo Bombardieri, leader Uil, attacca: “Il salario minimo in questo Paese serve perché ci sono 3 milioni di lavoratori che sono sotto quella soglia. C’è però un problema di lavoro sottopagato e contratti pirata, firmati anche da sindacati gialli che spesso il governo chiama a quel tavolo e che dialogano molto bene con Sbarra, quindi è probabile che ci sia un problema di questa natura”, taglia corto il numero uno della Uil. “In Francia c’è una legge di sostegno ai sindacati e ai contratti maggiormente rappresentativi. Questo paese e la politica si sente di fare una scelta di questa natura?. Oggi non mi pare – prosegue Bombardieri – visto che l’esecutivo fa partecipare ai tavoli di riforma organizzazioni sindacali che spesso non rappresentano nemmeno quei pochi al tavolo di confronto e ciò permette di dire alla ministra del lavoro, Marina Calderone, che ci sono solo 2 voci dissonanti su 17 sindacati“. “Peccato che al alcuni di quelli forse saranno iscritti davvero in pochi, il segretario generale stesso e forse anche la moglie“, conclude il leader Uil.

Il segretario generale Maurizio Landini ribadisce invece la posizione della Cgil: “Bisogna aumentare i salari rinnovando i contratti ma anche alzare la paga oraria di contratti che ce l’hanno troppo bassa. Oggi è il momento di ragionare su una legge che anche nel nostro Paese introduca il salario minimo, tenendo conto che in Italia c’è una contrattazione collettiva molto importante. Quindi serve una legge che dia validità generale ai contratti nazionali di lavoro. In modo che diventi vincolo di legge sia la paga oraria sia tutti gli altri diritti contenuti nei contratti”, spiega a margine del convegno Inflazione e salari: quali politiche?. “Tutti i lavoratori, dai subordinati agli autonomi a partita Iva, devono avere gli stessi diritti e le stesse tutele, questo è l’obiettivo sul piano legislativo. Milioni di persone hanno paghe orarie sotto i nove euro e non è più accettabile. C’è stata poi una crescita dei cosiddetti contratti pirata, quindi credo che questi due temi debbano essere affrontati insieme”, sottolinea Landini.

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