Fuori dai confini dell’ex Unione Sovietica il tentato golpe della Wagner, la multinazionale mercenaria di Prigozhin, confonde le idee. Lo si intuisce dai commenti dei cosiddetti esperti e politici, in primis il ministro Tajani che lo ha interpretato come un colpo mortale a Putin. Pochissime le voci competenti e lucide, quelle al di fuori della propaganda mediatica e politica, e bisogna dire che tra queste ce ne sono state alcune italiane. Quindi spezziamo una lancia a favore dei nostri osservatori russi.

Per capire il modus operandi russo bisogna conoscere profondamente il paese, bisogna aver vissuto lì aver toccato con mano le idiosincrasie russe, ma soprattutto bisogna conoscere la sua storia, non quella recente ma tutta la storia tessuta con un filo infinito che nessuno è mai riuscito a recidere. Nelle sue maglie si intuisce l’importanza che il personale riveste nel politico, e questo vale per personaggi come Rasputin o Prigozhin. Qualcuno potrebbe commentare che tutto ciò avviene perché il paese non è mai riuscito a diventare una democrazia, è possibile, però è anche vero che nell’ultimo tentativo di mini golpe, quello dell’agosto del 1991, durato un paio di giorni, il popolo fece da solo da spettatore, la disputa di potere era tutta interna e venne risolta da un uomo, Boris Yeltsin, che si aggiudicò il titolo di Presidente a seguito delle prime elezioni ‘democratiche’ in Russia.

Ma veniamo al nuovo golpe. Se presupponiamo che il personale crea il politico in Russia allora i fatti dello scorso weekend possono essere relazionati alla decisione del Cremlino di incamerare le forze mercenarie della Wagner all’interno dell’esercito russo e l’impero commerciale, la Wagner multinazionale, nel bilancio nazionale. Riguardo al primo punto si è scritto molto, ma in questo contesto vale la pena ricordare il primo luglio i mercenari della Wagner dovevano mettere la firma su un documento di reclutamento che li legava alle forze armate russe. A questo punto la stella di Prigozhin si sarebbe definitivamente offuscata che in Russia significa diventare un buco nero, senza i suoi uomini Prigozhin aveva le ore contate, sarebbe finito come Trotzki. Che fare?

A quanto pare colui che molti definivano il cuoco di Putin aveva cercato appoggio in quest’ultimo giocando la carta dell’impopolarità della guerra in Ucraina. L’idea di allearsi con Putin contro il suo stato maggiore, denunciando i fiaschi della guerra, e far fuori tutti per poi essere scelto per guidare tutta l’offensiva sul fronte ucraino a molti sembra assurda, ma a chi conosce i giochi di potere russi ed il ruolo che la persona riveste nella storia del paese il ragionamento di Prigozhin non sembra poi così astruso. In fondo anche Putin è asceso al vertice del paese dai bassifondi di Leningrado, lo ha fatto rivoltandosi contro i suoi padroni, ad esempio Beresowky, con i quali aveva finto alleanze, perché il suo cuoco non potrebbe fare un ulteriore passo verso quel trono usando proprio Putin?

Prigozhin aveva però fatto i conti senza l’oste, possibilmente perché aveva paura. I suoi ripetuti tentativi di contattare Putin non hanno avuto successo. Il motivo? È molto probabile che dietro il desiderio di smantellare la Wagner ci sia stato proprio lui. La guerra in Ucraina ha dato grande visibilità a Prigozhin che si era trasformato in uno youtuber, godendo visibilmente della popolarità mediatica che aveva rafforzato il suo marchio, quello del business della violenza in Africa dove la Wagner negli ultimi dieci anni ha fatto affari d’oro.

E veniamo al secondo punto: la multinazionale Wagner. Prigozhin ha dimostrato di avere fiuto negli affari, da delinquente e carcerato è diventato il cuoco di Putin, servendo a tavola capi di Stato e personaggio famosi. Il salto nell’industria della violenza avviene una decina d’anni quando quando a Putin serviva qualcuno che facesse il suo lavoro sporco fuori dei confini dell’ex Unione Sovietica, qualcuno che conducesse una guerra fuori dalle regole internazionali sullo stampo di quanto era avvenuto in Cecenia o Georgia. A Prigozhin l’idea di diventare un capo mercenario è piaciuta subito perché aveva intuito i guadagni che questa nuova avventura avrebbe potuto produrre.

Il modello seguito era semplice la Wagner veniva pagata da Putin per fare gli interessi della Russia fuori dei confini nazionali e dai governi alleati per recuperare le risorse cadute in mano dei ribelli. La prima sperimentazione avviene in Siria. Prigozhin negozia con Assad il 25 per cento delle risorse dei pozzi petroliferi strappati allo Stato islamico o riconquistati ad altre forze, centinaia di milioni di dollari iniziano a fluire verso i suoi conti. Prossima tappa l’Africa e le risorse di quel continente. La Wagner crea Midas, una società di esplorazione e sfruttamento minerario con la quale penetra l’economia di paesi come la Repubblica del Centro Africa dove il gruppo viene ingaggiato per la sicurezza del regime.

Altra tappa il Venezuela di Maduro. Il modello di business è sempre lo stesso come identiche sono le strategie sul campo, creare intorno al gruppo un alone di terrore attraverso operazioni apertamente barbare, di violenza sadica, insomma tutto ciò che le convenzioni internazionali vietano.

La fuoriuscita di Prigozhin dalla Wagner non ha minimamente intaccato la multinazionale della violenza, i mercenari della Wagner e società come Midas continuano ad operare in Africa o Sud America. C’è solo bisogno del cambio del Ceo e di canditati: Putin ne ha diversi sottomano perché negli ultimi dieci anni il successo della Wagner ha portato alla creazione di diverse organizzazioni simili, ben felici di fare concorrenza al gruppo di Prigozhin.

Morale: lascio al lettore dedurla.

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