Negli ultimi anni la Turchia si è distinta per le politiche economiche non ortodosse imposte dal presidente Recep Tayyip Erdogan, ma qualcosa sta cambiando. Nei giorni scorsi, la nuova governatrice della Banca centrale, Hafize Gaye Erkan, ha annunciato un aumento dei tassi di interesse dall’8,5 al 15%, segnando un primo importante cambio di passo rispetto alle politiche monetarie applicate fino a quel momento. L’obiettivo della governatrice, prima donna a ricoprire tale incarico, è quello di contrastare l’inflazione e far risalire il valore della lira, che si è svalutata pesantemente negli ultimi anni. L’aumento dei tassi deciso da Erkan, però, è stato meno alto di quello che ci si aspettava e potrebbe non essere abbastanza per riconquistare la fiducia degli investitori esteri, mentre la moneta continua a perdere valore. Il ruolo che la governatrice si trova a ricoprire non è certo dei più facili: deve fare i conti con una situazione economia complessa e con un presidente abituato a imporre il proprio volere sulla Banca centrale, ormai scarsamente indipendente.

Erdogan però sembra aver capito che è tempo di allentare la presa sull’economia per evitare il collasso e la nomina di Erkan conferma questa ipotesi. La nuova governatrice è una figura prettamente tecnica, lontana dai circoli di potere della Turchia e quindi in grado di rassicurare investitori esteri e ambienti economici internazionali. La sua formazione si è svolta esclusivamente all’estero. Ha lavorato in Goldman Sachs e First Republic Bank ed è generalmente considerata una sostenitrice di politiche economiche ortodosse. Da Erkan ci si aspetta dunque un aumento ulteriore dei tassi nei prossimi mesi per abbassare l’inflazione, che ha superato il 40% ed è in continua crescita, ma restano dei dubbi sul grado di indipendenza di cui la nuova governatrice potrà davvero godere.

Il presidente turco, in controtendenza rispetto alle altre economie mondiali, ha bloccato l’aumento dei tassi di interesse fin dal 2021 per far crescere la Turchia e incentivare l’export, ma le sue politiche hanno causato il deprezzamento della lira e il crollo del potere d’acquisto della popolazione. Per far fronte agli effetti negativi delle scelte non ortodosse del presidente, la Banca centrale ha dovuto attingere alle riserve di valuta per mantenere a livelli accettabili i tassi di cambio, ma senza grandi risultati. La lira ha continuato a perdere valore mentre si esaurivano le scorte di moneta, con il rischio che la Turchia diventasse a tutti gli effetti uno Stato fallito.

Le politiche messe in campo da Erkan, al contrario, dovrebbero fermare l’inflazione, ma è necessario un intervento più drastico per riconquistare la fiducia dei mercati. Come sa bene la governatrice. “Siamo di fronte al primo di una lunga serie di aumenti dei tassi di interesse”, spiega Atilla Yesilada, economista turco e analista di GlobalSource Partners. “Mi aspetto un incremento del 25 per cento entro la fine dell’anno, ma servirà a poco se – come credo – l’inflazione arriverà al 50-55% nello stesso periodo di tempo”. La Banca centrale però non si sta concentrando solo sui tassi di interesse. “Stanno aumentando anche altri tassi, come quelli sui saldi delle carte di credito. In questo modo aumenteranno gli oneri finanziari delle famiglie già indebitate e alla fine, ipotizzando ulteriori rialzi dei tassi, l’accesso al credito diventerà più difficile per cui si ridurrà anche l’indebitamento”. Le persone, dunque, saranno meno propense a spendere denaro, il che dovrebbe portare a una riduzione dell’inflazione ma anche al rallentamento dell’economia, fino ad arrivare ipoteticamente a una fase di recessione.

Ciò che ci si aspetta, in particolare, è un calo della domanda di beni di consumo durevoli ad alto costo, come case e automobili. Sempre che Erdogan sia d’accordo. Il presidente ha fatto della trasformazione urbana e dell’edilizia due pilastri del suo successo e in tempi più recenti ha investito fortemente nello sviluppo della prima macchina elettrica totalmente prodotta in Turchia. Le politiche economiche di Erkan rischiano di danneggiare la popolarità del presidente e di intralciare i piani di Erdogan, che potrebbe tornare a imporre il proprio volere alla Banca centrale.

Ma il vero problema per il capo di Stato resta l’inflazione. “Agli elettori non interessa molto il livello del tasso di interesse. Ciò che li preoccupa davvero è una valuta volatile e debole”, conclude Yesilada. “La popolarità di Erdogan diminuirà se la lira continuerà a perdere valore”. Come sta ancora accadendo.

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