Punti tolti, poi rimessi, poi ritolti (ma un po’ di meno). Il balletto della penalizzazione non ha condizionato solamente la stagione della Juventus, ma ha falsato tutto il campionato. C’è stata una Serie A cominciata il 13 agosto 2022, un’altra iniziata il 4 gennaio dopo l’assurda pausa per i Mondiali, un’altra partita il 20 gennaio con i bianconeri penalizzati di 15 punti, un’altra aperta il 20 aprile con la Juve senza sanzioni e ora un finale che vede la squadra di Allegri con 10 punti in meno. Nel mezzo una classifica stravolta in tre occasioni dalla giustizia sportiva. Servono con urgenza nuove regole, che definiscano una volta per tutte il concetto di “afflittività e rendano chiara la corrispondenza tra illecito commesso e punti di penalizzazione. Serve innanzitutto una revisione delle tempistiche. Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, ha già annunciato un intervento in direzione di una maggiore “celerità” dei provvedimenti. Ma la velocità nel pasticcio che ha riguardato la Juventus non c’entra: il problema sono le decisioni prese a stagione in corso, annullate ancora a stagione in corso e poi ridefinite a stagione sempre in corso. Mentre sulla Juventus pende ancora un altro giudizio, quello sulla manovra stipendi e le sospette partnership con altri club, da cui potrebbe arrivare un’altra penalizzazione. La Serie A quindi chiuderà un campionato compromesso con una classifica sub iudice: non esattamente un bel biglietto da visita per un movimento che si vanta di essere rinato grazie alle tre finali europee conquistate.

“È una mancanza di rispetto verso gente che lavora, tra giocatori e allenatori. Si deve decidere una cosa e che la decidano”, ha sbottato Max Allegri nel post-partita di EmpoliJuventus, persa per 4 a 1 dai bianconeri, evidentemente storditi da una penalizzazione arrivata praticamente a ridosso del fischio d’inizio. “A livello psicologico è una cosa allucinante. Era meglio che si definiva tutto due mesi fa: avremmo saputo di che morte morire”, ha aggiunto Allegri. Detto che è stata la Juventus a presentare ricorso al Collegio di Garanzia del Coni, allungando il procedimento sportivo che si era chiuso inizialmente con il -15, su un punto il tecnico bianconero ha ragione: avere una sola penalizzazione, certa e definitiva, sarebbe stato meglio per tutti, non solo per la Juve. Lo ha sottolineato d’altronde lo stesso Mourinho, non esattamente un amico della Vecchia Signora: “Per me è uno scherzo, è strano per tutti sapere questa cosa a due giornate dalla fine, anche per la Juventus. Se mi avessero detto questo prima di Monza o Bologna avremmo avuto un approccio diverso al campionato”.

Il portoghese va al nocciolo della questione. Anche se l’allarme lo aveva lanciata già l’allenatore dell’Inter Simone Inzaghi ancora a metà marzo, quando prima dello scontro diretto con la Juve (allora penalizzata di 15 punti) aveva avvertito: “Tutte le squadre hanno bisogno di chiarezza“. Chiarezza che invece non c’è stata. E così la Roma di Mou ha giocato l’ultimo mese facendo massiccio turnover in campionato, perché la situazione di classifica suggeriva di fare all-in sull’Europa League, puntando a vincere la coppa per tornare in Champions. Risultato? 4 punti raccolti nelle ultime 5 giornate. Ancora più emblematico il cammino dell’Inter: tagliata fuori dalla lotta per lo scudetto ma relativamente certa di finire tra le prime quattro (quando la Juve era a -15), la squadra di Inzaghi ha a lungo vivacchiato alternando vittorie a clamorosi tonfi. Dopo che la penalizzazione ai bianconeri era stata momentaneamente tolta, i nerazzurri si sono ritrovati improvvisamente a rischio di restare fuori dalla Champions e con un altro atteggiamento hanno messo in fila 5 vittorie consecutive.

Praticamente un campionato a tre facce, che ha condizionato non solo la lotta per l’Europa ma tutta la classifica. Perché le varie squadre hanno affrontato una Juventus diversa a seconda della situazione di classifica e di conseguenza anche le altre “big” hanno avuto atteggiamenti e motivazioni che mutavano con il modificarsi della penalizzazione. Emblematica la vittoria dell’Empoli di lunedì sera: i toscani avevano già meritatamente conquistato la salvezza, ma cosa sarebbe successo se ad esempio a sfidare la Juve ci fosse stato un Lecce o uno Spezia, ancora in corsa per rimanere in Serie A? Fortunatamente, a questo punto, almeno il Napoli aveva ammazzato la corsa scudetto già a gennaio e il pasticcio che ha riguardato i bianconeri non ha condizionato la vittoria del titolo, mai stato in discussione. La figuraccia, però, resta eccome: da disputare ci sono ancora due giornate decisive. Ed è impossibile sapere, ad esempio, con quale spirito la Juve giocherà domenica sera contro il Milan, che in ballo ha una qualificazione alla Champions fondamentale per costruire il futuro rossonero.

Senza entrare nel merito specifico della penalizzazione e del caso plusvalenze, è evidente quindi come gingillarsi con i punti in classifica di una squadra come fossero semplici numeri abbia creato danni enormi all’intera Serie A. “Bisogna tutelare tutte le parti in causa ma con tempi rapidi, bisogna accorciarli il più possibile”, ha detto Malagò. La velocità è importante, ma ancora di più lo è la certezza di un provvedimento che stravolge il campionato. La Juventus – come qualsiasi squadra in futuro – doveva essere penalizzata a campionato concluso, oppure la sanzione doveva avere effetto una volta diventata definitiva (il -10 ad esempio ancora non lo è, perché il club potrebbe ricorrere nuovamente al Coni). Se a fine maggio termina la Serie A, a inizio giugno si stabiliscono le eventuali penalizzazioni. Invece quest’anno il campionato avrà un doppio paradosso: un andamento condizionato dagli assurdi Mondiali in Qatar e da una sanzione modificata per due volte in corsa, poi una classifica finale ancora provvisoria, perché a giugno si deciderà sul filone stipendi. Se la Juventus finirà questa stagione con le ossa rotte, la giustizia sportiva non ne esce tanto meglio.

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