Il 4 maggio 2023 per gli esperti militari è una data da segnare in rosso sul calendario: quel giorno l’aviazione ucraina ha annunciato che la difesa aerea, usando uno dei Patriot forniti dagli americani, aveva abbattuto per la prima volta un missile ipersonico Kh-47 Kinzhal, lanciato da un MiG-31K dall’interno della Russia. Conferme in tal senso sono arrivate anche da fonti governative statunitensi, oltre che da analisti molto ben informati. Che cos’è questo missile ipersonico e come mai il suo abbattimento – che sia avvenuto una o più volte (si parla di sei missili in totale) poco conta – per gli occidentali rappresenta un dividendo enorme e non del tutto inatteso dell’aver investito tanto nella difesa dell’Ucraina.

Putin stesso ha fornito la risposta al primo quesito il 1 marzo 2018, quando annunciò in un discorso all’assemblea parlamentare “la creazione di un sistema missilistico ipersonico ad alta precisione unico nel suo genere al mondo, le cui caratteristiche di volo consentono di portare il missile sul bersaglio in pochi minuti volando dieci volte più velocemente del suono e consentendo di superare tutte le difese antiaeree e antimissile esistenti e, credo, sistemi non ancora operativi, portando testate nucleari e convenzionali in un raggio di oltre 2mila chilometri”.

Evidentemente, l’aver abbattuto almeno un “pugnale” (questo significa kinzhal in russo) e l’averlo fatto con uno dei sistemi di difesa antimissile più importanti dell’occidente, il Patriot, annulla l’imbattibilità di questi missili, che sfiorano i 15mila chilometri orari di velocità e i 2mila di gittata: soprattutto, ha conseguenze profonde sull’architettura voluta da Putin stesso per le forze armate strategiche della Federazione Russa nei quasi 24 anni in cui è stato al potere.

Un caso su tutti: che cosa sarà del sistema Sarmat, capace di trasportare centinaia di tonnellate di potenti testate nucleari, comprese quelle ipersoniche, secondo lo stesso Putin “uno dei mezzi più moderni per eludere la difesa missilistica grazie all’elevato grado di protezione dai lanciamissili”? Va bene che quando raggiunge la velocità di 20 Mach (all’incirca 28mila chilometri orari, 20 volte oltre la velocità del suono) è, per adesso, imprendibile per chiunque: tuttavia, non lo fa subito, ha bisogno di percorrere enormi distanze prima di superare i Mach 10 di un Kinzhal, ma soprattutto viene lanciato da terra e, per forza di cose, deve attraversare almeno una porzione del territorio russo a una velocità che, a questo punto, possiamo dire non lo mette in sicurezza. Diventa un’arma molto rischiosa, perché nell’ipotesi che venisse abbattuto quando si trova ancora sopra la Russia o nelle vicinanze provocherebbe un’ecatombe nucleare su ampie porzioni del Paese e della sua popolazione.

Tutto questo sforzo di produzione di missili ipersonici capaci di perforare qualsiasi difesa allo scopo di rafforzare il potenziale di combattimento delle forze armate russe e di assicurare – è sempre Putin che parla, nel 2022 – “ in modo affidabile la sicurezza della Russia dalle minacce esterne”, è stato una reazione alla “crescita costante e incontrollata del numero di missili antibalistici americani, con la qualità sempre migliore e creando via via nuove aree di lancio missilistico avendo come obiettivo la completa svalutazione del potenziale nucleare della Russia intercettandone i missili nucleari”. Proprio questa impostazione ora vacilla: il Cremlino non ha capito per tempo che c’era il rischio concreto che fornendo armi e sistemi di difesa all’Ucraina il contributo degli occidentali diventasse non solo il sostegno a un Paese invaso, ma un vero e proprio collaudo di massa delle potenzialità e limiti dei propri mezzi e soprattutto di quelli del nemico. In fondo, l’occidente ha mandato quello che di buono aveva: la Russia, oltre ai ferri vecchi, ha buttato dentro anche le sue eccellenze, esponendole così al rischio di veri e propri test. Sarà un caso che, dopo mesi passati a esitare e a passare a Kiev solo vecchi arnesi, le cancellerie europee e Washington hanno cominciato a fornire ai soldati ucraini, ben addestrati e meglio organizzati, pezzi via via migliori? Il Cremlino si è fatto prendere la mano e – su consiglio del generale Surovikin – ha fatto un uso massiccio dei missili, finendo per scontrarsi con sistemi di difesa sempre più evoluti. Così ha finito per contribuire abbondantemente a quello che potremmo tranquillamente definire un collaudo non autorizzato della tecnologia russa. E stiamo parlando di un Paese, la Russia, che prima del 24 febbraio 2022 aveva nell’industria bellica una fonte di valuta pregiata, seconda solo agli idrocarburi.

A ben vedere è quello che era successo, durante l’inverno, con i droni kamikaze iraniani, che dopo aver devastato per settimane le infrastrutture energetiche ucraine contrastati solo da colpi di mitragliatrice, ora vengono abbattuti quasi sempre. Diminuisce, così, la minaccia nucleare russa? È più corretto dire che adesso Mosca ne conosce meglio i limiti. Chi si stropiccia le mani è la Polonia che per tempo aveva comprato dei sistemi Patriot da disporre attorno all’exclave russa di Kaliningrad, una volta che divenne evidente, un anno fa, che diversi intercettori MiG-31 armati di missili Kinzhal erano stati spostati nella base aerea navale di Chernyakhovsk. Rimane alla finestra la Repubblica Popolare Cinese, che grazie agli errori del Cremlino ha capito quanta prudenza si debba usare prima di impiegare un’arma la cui tecnologia è costata molti investimenti e la cui conoscenza dei limiti fa gola a molti. È anche per questo che Pechino non ha fornito alcun aiuto militare a Mosca.

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