Finisce con i 75mila di San Siro nerazzurro, che cantano “Milano siamo noi”. E la squadra – Lautaro l’eroe di questa notte, Dimarco il ragazzo della Nord, ma anche Lukaku e mister Inzaghi – sotto la curva, pazza di gioia, forse anche un po’ incredula perché nessuno poteva immaginarlo a inizio a stagione, figuriamoci due mesi fa. L’Inter è in finale di Champions.

È giusto partire dall’epilogo, perché in realtà è solo l’inizio: l’ultimo atto di Istanbul, dove ci sarà di nuovo una squadra italiana, sei anni dopo la Juventus nel 2017. Di nuovo l’Inter, 13 anni dopo il Triplete di Mourinho, stavolta vincendo un derby in semifinale che è già storia. I nerazzurri resistono: la rimonta del Milan – coltivata più come un sogno, esorcizzata più come uno spauracchio che come una possibilità concreta – rimane solo sulla carta. L’Inter vince anche al ritorno, 1-0, con il gol di Lautaro, che spezza l’equilibrio dopo 70 minuti di difesa, tanta tensione e in fondo pochi rischi.

LA CRONACA DELLA PARTITA

Inzaghi l’ha vinta ancora a modo suo. All’andata aveva annichilito il Milan in 15 minuti. Al ritorno l’ha neutralizzato in uno stillicidio lungo più di un’ora. Ha speculato sul doppio vantaggio con una gara – non c’è da aver paura a dirlo – prettamente difensiva. Ha puntato sugli evidenti limiti in attacco del Milan, scegliendo di non far innescare mai la velocità di Leao e Theo, anche a costo di sacrificare un paio di pedine dello scacchiere. Come Dumfries, che una settimana fa aveva tenuto bloccato bassissimo il dirimpettaio, e stavolta è quasi in marcatura a uomo sul campione portoghese. Nei ritmi soporiferi imposti da Inzaghi, in realtà si è addormentato soprattutto il gioco dell’Inter, che ha confermato l’impressione di essere nettamente superiore, almeno in questo momento. Ma la scommessa alla fine paga.

Quanto al Milan, davvero troppo poco per sperare in una rimonta che sarebbe stata storica e invece non è nemmeno accennata. Leao, tanto atteso, tanto temuto, è presente solo per onor di firma: le gambe evidentemente non girano, trotterella per novanta minuti sull’out di sinistra, si accende una sola volta ed è anche l’unica che il Milan forse crede davvero di poterla ribaltare. Ai rossoneri servivano tre gol per passare, almeno due per i supplementari: non ne ha segnato neanche uno in 180 minuti, e in fondo la storia di questa doppia sfida è tutta qui.

Il Milan comunque ci ha provato, ha onorato il derby. Soprattutto all’inizio, quando fa la partita, mentre l’Inter aspetta, pure troppo. Va subito vicino a dimezzare lo svantaggio: su un mancato fischio di Turpin in mezzo al campo, Tonali va via e scarica a rimorchio per Diaz a colpo sicuro, miracolo di Onana.

La fiamma viva rossonera dura venti minuti, dopo aver concesso tanto (più sul piano emotivo che del gioco), l’Inter riprende timidamente il controllo della gara. Serve un episodio per sbloccarla. Potrebbe essere la prima accelerazione di Leao, il primo contropiede per una scivolata di Darmian, fuori di poco. Oppure il solito piazzato di Calhanoglu, salvato dal riflesso di Maignan. Il primo tempo scivola via sullo 0-0, carico di emozioni ma meno di occasioni.

Nella ripresa dovrebbe cambiare cambiare qualcosa e invece nulla. Messias e Tonali si limitano a scucchiaiare una marea di cross dalla trequarti che esaltano il posizionamento di Acerbi. Ai rossoneri restano 45 minuti per giocarsi tutto. Poi 30. A 20 dalla fine non possono più aspettare, ma è anche il momento dell’ingresso di Lukaku. Nelle maglie larghe della stanchezza, la sua stazza fa la differenza: libera Lautaro in area, che da posizione defilata sfrutta la prima, grave incertezza di Maignan, sempre insuperabile e stavolta così incerto sul suo palo. San Siro esplode: manca ancora un po’, ma ormai il divario per il Milan è incolmabile. La festa può iniziare: una bolgia sugli spalti, un tripudio nerazzurro che durerà fino al novantesimo, e poi a notte fonda, in piazza Duomo, in ogni strada della metà Milano interista.

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