Adesso il centrodestra ha paura che a Vicenza si ripeta ciò che è avvenuto a Verona nel giugno 2022, con l’incredibile vittoria di Damiano Tommasi su Federico Sboarina, o a Udine, ad aprile, con il recupero dell’ex rettore Alberto Felice De Toni, grazie all’alleanza con i Cinque Stelle, su Pietro Fontanini. In quei casi, il centrosinistra ha riconquistato a sorpresa due roccaforti dell’alleanza di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, sconfiggendo altrettanti sindaci uscenti.

Nel capoluogo berico il primo turno di metà maggio avrebbe dovuto consacrare la riconferma di Francesco Rucco, avvocato, espressione di una coalizione che lo scorso settembre aveva raccolto il 44 per cento. Più o meno ha ripetuto lo stesso dato percentuale, arrivando al 44,06 per cento, anche se con molti voti in meno, visto che a Vicenza l’affluenza è stata solo del 55,8 per cento, 14 punti in meno delle politiche d’autunno.

Il fatto è che Rucco, per il momento, è secondo. A superarlo di un migliaio di voti è stato il principale dei sei sfidanti, Giacomo Possamai, 33 anni, capogruppo del Pd in consiglio regionale, che ha rinunciato a un seggio sicuro in Parlamento per correre a Vicenza, la sua città. In questi mesi ha battuto a tappeto i quartieri e ha raggiunto un risultato del 46,23 per cento, pari a 21.896 consensi, mentre Rucco si è fermato a 20.867. Il centrodestra adesso rischia grosso, non tanto per il contributo che potrebbero dare i Cinquestelle (1,7 per cento), ma per il ruolo che potrebbero giocare due ex-assessori della giunta uscente, come Claudio Cicero e Lucio Zoppello, che hanno raccolto meno del 3 per cento, necessario per entrare con un seggio in consiglio comunale.

Hanno il dente avvelenato con Rucco, come il suo ex vicesindaco Matteo Tosetto, a cui era stata tolta la delega. L’ex coordinatore provinciale di Forza Italia si è vendicato entrando nella coalizione di Possamai, dove ha portato una dote del 3,46 per cento, ossia più di 1.500 voti che finora hanno fatto la differenza. Il centrosinistra berico riflette una tradizione centrista della città, incarnata dalla lunga amministrazione del cattolico Achille Variati, che nel 1990 divenne sindaco con la Democrazia Cristiana e dal 2008 al 2018 si è ripetuto con il Partito Democratico.

La coalizione di Possamai, quindi, pesca un po’ dappertutto. Ha imbarcato Azione e Italia Viva, quando Carlo Calenda e Matteo Renzi non avevano ancora litigato. Il contributo ricevuto dal Terzo Polo è stato però modesto, soltanto il 3,5 per cento, poco più di un terzo dell’11,58 per cento raccolto a settembre. Il pallottoliere dei partiti, per quanto valga in una elezione locale, dice che il Pd è sceso dal 21,3 dello scorso autunno al 14,7 per cento di oggi. La crescita del centrosinistra è quindi effetto soprattutto della lista che porta il nome del candidato, arrivata al 13,1 per cento, quasi quanto il partito. Commento di Possamai: “Un risultato straordinario, un segno di cambiamento, ma abbiamo vinto solo la prima tappa. Gli altri dicevano che erano avanti di 17 punti, possiamo dire di aver fatto una discreta rimonta”.

Rucco aveva perfino fatto capire che avrebbe vinto al primo turno. Adesso deve rincorrere e, nascondendo la delusione, spiega: “Un sondaggio Swg dava una forbice tra il 45 e il 49 per cento, quindi ci aspettavamo il ballottaggio. Non è per niente finita, adesso corriamo, il margine c’è: siamo di fronte a una sostanziale parità, con una differenza di solo qualche centinaio di voti. Finora Possamai si è nascosto, non ha voluto confronti, ora non potrà più farlo”. Le gerarchie nel centrodestra dicono che Rucco da solo ha ottenuto il 24 per cento, mentre Fratelli d’Italia è precipitato dal 24,88 per cento di otto mesi fa al 10 per cento. La Lega si è quasi dimezzata: dall’11,48 al 6,4 per cento.

In Veneto si è registrato un successo vistosissimo a Treviso. Il sindaco leghista uscente, Mario Conte, ha stravinto con il 64,57 per cento dei voti, lasciando l’imprenditore Giorgio De Nardi del centrosinistra a un modestissimo 28, 29 per cento. La civica di Conte è arrivata quasi al 30 per cento, confermando una tendenza già incarnata dai governatori Luca Zaia in Veneto e Massimiliano Fedriga in Friuli Venezia Giulia, che si sono rispettivamente confermati nel 2020 e nel 2023 con percentuali ancora più vistose. La Lega è risalita nel capoluogo della Marca al 17 per cento, dopo che a settembre era precipitata all’11 per cento. Così ha ristabilito i rapporti di forze con Fratelli d’Italia che si sono più che dimezzati: avevano il 26 per cento alle politiche, ora sono appena all’11 per cento. Così Treviso si conferma una roccaforte leghista, visto che dal 1994 (sindaco Giancarlo Gentilini) è rimasta all’opposizione solo per un quinquennio.

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