Prima la pubblicazione di una nota di lettura di 16 pagine del Servizio del Bilancio del Senato con diverse critiche al disegno di legge sull’autonomia differenziata presentato dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli. Poi la marcia indietro con una nota di Palazzo Madama secondo cui “una bozza provvisoria, non ancora verificata, sul disegno di legge sull’autonomia è stata erroneamente pubblicata online”. Ma il documento era datato 12 maggio, giorno in cui infatti l’account Twitter del Servizio Bilancio ne aveva annunciato la pubblicazione. Sono passati quattro giorni, il che rende inverosimile che si sia trattato di una svista. Tanto più che il senatore del Pd Alessandro Alfieri, responsabile Pnrr e Riforme per il Pd, ha confermato che “il dossier era stato già mandato per mail a tutti i senatori venerdì scorso, quindi ben 5 giorni fa. Ridicolo parlare di bozza”. Alfieri ha aggiunto che “è stato tolto dal sito del Senato”, parlando di “un atto molto grave, di vera e propria censura“. In realtà il testo è ancora disponibile dalla pagina Dossier di documentazione con in testa la dicitura “Bozza provvisoria non verificata. Tentando di accedere dal lancio Twitter compare invece la dicitura “Pagina non disponibile”. Per Marco Sarracino, responsabile Sud e Coesione della segreteria Pd, “sarebbe grave se una manina avesse sollecitato il ritiro di un documento di un organo dello Stato. E sarebbe ancora peggio se fosse partito un processo di normalizzazione delle strutture tecniche, che come è noto svolgono con grande professionalità e imparzialità il loro lavoro”.

Il caso è deflagrato martedì pomeriggio, quando il dossier è stato lanciato anche attraverso il profilo Linkedin del Servizio con una nota che si chiede: “Sarà possibile realizzarla (l’autonomia ndr) senza aggravio per le casse dello Stato e continuando ad assicurare i Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep), che costituiscono il nucleo invalicabile di quei diritti civili e sociali, previsti dalla Costituzione, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, in modo da erogare a tutti i cittadini i servizi fondamentali, dalla sanità all’istruzione?”. E risponde che nel testo sono state in realtà rilevate “alcune criticità“. Per esempio, “nel caso del trasferimento alle regioni di un consistente numero di funzioni oggi svolte dallo Stato (e delle relative risorse umane, strumentali e finanziarie), ci sarebbe una forte crescita del bilancio regionale ed un ridimensionamento di quello statale, col rischio di non riuscire a conservare i livelli essenziali delle prestazioni presso le regioni non differenziate”. Non solo: “Le regioni più povere, oppure quelle con bassi livelli di tributi erariali maturati nel proprio territorio, potrebbero avere maggiori difficoltà a finanziare, e dunque ad acquisire, le funzioni aggiuntive. E il trasferimento delle nuove funzioni amministrative a comuni, province e città metropolitane da parte delle regioni differenziate potrebbe far venir meno il conseguimento di economie di scala, dovuto alla presenza dei costi fissi indivisibili legati all’erogazione dei servizi la cui incidenza aumenta al diminuire della popolazione”.

A quel punto il documento è stato notato da Repubblica, che ne ha dato conto sul proprio sito. Le opposizioni hanno colto l’occasione per ribadire il loro no al ddl: “Se un organo tecnico dice che il ddl sull’Autonomia di Calderoli rischia concretamente di creare disuguaglianze tra le regioni vuol dire che le nostre preoccupazioni, le nostre critiche e le nostre contrarietà erano e sono fondate”, commenta il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia, mentre per Roberto Fico, ex presidente della Camera e presidente del Comitato di garanzia del M5s, “questa riforma è un pericolo per l’unità del Paese, un danno per l’intera comunità e uno strumento che creerà solamente problemi alle regioni del Nord”. Passate poche ore, è arrivata la spiegazione che si trattava di una “bozza non verificata”.

Il testo completo aggiunge che “le risorse attribuite mediante compartecipazione sono influenzate dal gettito del tributo erariale che a sua volta dipende dal ciclo economico che caratterizza in un dato momento il Paese. In una fase avversa dell’economia è lecito aspettarsi una riduzione del gettito del tributo erariale e una riduzione delle risorse da compartecipazione in assenza di una sua rideterminazione”. Non solo: “La compartecipazione sui gettiti dei tributi erariali limita i margini di manovra delle regioni rispetto agli effetti determinati dalle politiche di intervento del governo centrale sui medesimi tributi, salvo poter ricorrere ai propri spazi di autonomia tributaria. In altre parole, con le compartecipazioni le regioni non hanno quel margine di manovrabilità tipico dei tributi propri in quanto è assente la potestà di variazione dell’aliquota stabilita dallo Stato”.

Il Servizio Bilancio commenta poi che, anche se il disegno di legge sull’autonomia differenziata prevede che “non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”, tuttavia “effetti onerosi potranno concretizzarsi al momento della determinazione dei relativi Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”. E altri costi “potrebbero inoltre derivare nella fase successiva alla determinazione dei Lep, in sede di verifica su specifici profili o settori di attività oggetto dell’intesa” tra Stato e Regioni, “con riferimento alla garanzia del raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni, nonché in sede di monitoraggio degli stessi”.

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