Cinema

Gabriella Pession a FQMagazine: “Sono tornata in Italia dopo 3 anni in Usa: adesso sto girando a Roma con Anthony Hopkins. Dei tempi di oggi detesto approssimazione e perdita di grazia”

"Mi sento di appartenere a Roma. Certo, è una città faticosa, ma della quale accetti tutto. L'altro giorno ho fatto un giro a Trastevere con un'amica e mi sono commossa. Poi adesso sto girando questa serie -  ‘Those about to die’ -  ambientata all'epoca di Vespasiano...", il racconto dell'attrice

di Paolo Aruffo

Quando il talento e la consapevolezza si incontrano, nascono piccoli-grandi gioielli. Ne sa qualcosa Gabriella Pession, artista poliedrica: attrice, scrittrice, sceneggiatrice, produttrice. Ma soprattutto donna curiosa, vulcano di idee ed energie. A FqMagazine l’attrice ha raccontato i suoi nuovi progetti in cantiere, si è aperta sulla vita privata e sui motivi del ritorno in Italia, dopo un lungo periodo negli States. “Gli anni a Los Angeles sono stati meravigliosi – ha raccontato Pession -, ho imparato a stare ferma. Ma adesso sono felice di essere tornata in Italia e con un’esperienza meravigliosa che capita poche volte nella vita”.

Che bambina era Gabriella?
Sono stata una bambina molto vivace e curiosa. Avendo fatto sport da piccola, avevo questa voglia di affermarmi. Ho coltivato la mia dimensione della passione assoluta. La matrice della mia infanzia è molto legata al mio concetto di agonismo (faceva pattinaggio, ndr).

In che senso?
Mi sono sempre posta domande, mia madre mi ha raccontato che una volta mi disse: ‘Ma cosa fai?’, io risposi: ‘Io penso’. Avevo due anni. E queste grandi domande si sono poi protratte negli anni.

Come mai tutte queste domande?
Perché ho studiato filosofia e comunque anche verso i personaggi che interpreto ho questo tipo di atteggiamento. Io voglio sempre capire. Avendo avuto l’onore di lavorare con Lina Wertmüller poi, colei che mi ha scoperta, il mio percorso artistico è stato una maniera di cogliere le emozioni umane.

Quando è venuta a mancare, lei era negli Stati Uniti?
Sì. Per Lina ero la sua ‘bambina’, odiava quando portavo la riga in mezzo nei capelli, mi diceva: ‘È una roba orrenda’ e mi sistemava lei. Negli ultimi anni l’avevo persa un pochino, aveva degli sprazzi di lucidità. Io le devo tutto, per me perderla è stata come perdere una radice. È stata la mia madre artistica.

Ha trovato le risposte alle domande che si poneva anni fa?
No, magari mi pongo altre domande. Maturando cambiano i miraggi, cambia quello che è importante per te. Essendo madre oggi la risposta che posso darmi è che tutta la mia vita è lasciare qualcosa a mio figlio di cui possa essere fiero. Fare le cose con passione, divertisti, non essere competitivi.

Che tipo è suo figlio?
Le racconto un aneddoto. Qualche giorno fa hanno fermato me e mio marito (l’attore Richard Flood, ndr) per scattare dei selfie e nostro figlio ci ha detto: ‘Mi hanno chiamato Giulio, come fanno a saperlo? Allora sono famoso anch’io un po’?’ e io gli ho detto di no. Gli ho spiegato che essere famoso non vuol dire niente. C’è gente che è famosa senza avere dei meriti oppure per cose non meritevoli.

A chi si riferisce in particolare?
Adesso pullulano ovunque tiktoker, youtuber e io vorrei invece trasmettere a mio figlio questi concetti e cioè che la fama non definisce nessuno. Perseveranza, studio e fatica sono valori che lo sport trasmette e lui sta facendo tennis al momento. La risposta che mi sono data negli anni è di fare le cose fatte bene e anche farne tante.

C’è un problema sociale?
Viviamo in una società che ti condanna a fare solo una cosa per tutta la vita e ciò è l’anticamera dell’infelicità. Ho paura dei tempi di oggi? Sì. Detesto l’approssimazione e la perdita di grazia. Penso che adesso, con tutta questa tecnologia, quasi non comunichiamo più. Abbiamo perso la modalità di comunicare, io chiacchiero con tutti. Mi fermo in continuazione a parlare con le persone. Siamo sempre presi a pensare ai follower, si crea una bolla narcisistica che credo porterà ad un collasso depressivo.

Ha mai attraversato momenti difficili?
Certamente sì, ci convivo. Non sono più un tabù, ora li riconosco. Come dicevo, gli anni in America mi hanno aiutato in questo senso.

E adesso che è tornata in Italia e in particolare a Roma, che situazione ha trovato?
Io sono innamorata persa di questa città, la amo. Ho un legame pazzesco, mi sento di appartenere a Roma. Certo, è una città faticosa, ma della quale accetti tutto. L’altro giorno ho fatto un giro a Trastevere con un’amica e mi sono commossa. Poi adesso sto girando questa serie – ‘Those about to die’ – ambientata all’epoca di Vespasiano, è qualcosa di emozionante. Anthony Hopkins è un’anima vibrante.

Che personaggio interpreterà?
Sarò una donna patrizia molto spietata, manipolatrice ma anche molto femminile. Sto lavorando anche sull’inglese perché dev’essere alto, aulico, shakespeariano. È un inglese diverso da quello che ho imparato in America, aspettavo da anni un ruolo di questo tipo. Ho mirato ad un mercato internazionale.

Esiste l’amicizia vera nell’ambiente del cinema?
Certo. Ho delle grandi amiche, come Elena Radonicich o Giuliana De Sio. C’è un legame affettivo di grande solidarietà anche femminile. Non è vero che le donne sono sempre competitive. Anzi, io ho sempre avuto un rapporto femminile con le donne molto buono. Non ho mai instaurato competizioni, a volte ho trovato più difficile l’attore maschio.

Con sua mamma che rapporto ha?
Non facile. È una donna molto intelligente, curiosa, come una bambina, ha molti interessi, ha uno spirito molto combattivo.

Perché ‘non facile’ allora?
Perché solo oggi, da adulta, la vedo senza cordone. Staccarlo e riconoscerci come donne forti e non simbiotiche non è facile.

Dove la vedremo prossimamente?
In due produzioni: ‘La seconda chance’ e ‘Una commedia pericolosa’. Io amo fare commedia più di tutto. Se mi dicessero di farla a vita, firmerei subito. Amo la commedia all’italiana, c’è sempre qualcosa di comico, è la dimensione che mi piace di più. Ci sono legatissima.

Di cosa parlano questi due film?
In ‘La seconda chance’ io e Max Giusti interpretiamo due genitori che attraverso tutta una serie di cose arrivano a capire che non avevano compreso niente dei figli. E poi anche il ritrovarsi come coppia, nella genitorialità può capitare che il figlio diventi un focus molto molto potente. ‘Commedia pericolosa’ invece, è un po’ una presa in giro della finestra di Hitchcock, io interpreto una hostess di volo, svampita, bionda platino, tutto un altro personaggio dagli altri che ho fatto.

Sta anche scrivendo qualcosa?
Sì, una commedia. Si tratta di un progetto con Endemol, saranno otto puntate per la televisione alle quali sto lavorando con tre autrici donne straordinarie.

Il teatro invece, come si inserisce?
È il mio grande amore, però si fa fatica. È difficile trovare spazio per ‘The beauty queen of Leenane’, del quale ho acquisito i diritti. È complicato trovare dei teatri che prendano questa sfida, perché non è pop. Il pubblico lo conosce di meno. Comunque lo farò, magari il prossimo anno.

È stata vicina a diverse cause animaliste. Ha nuovi progetti al riguardo?
Sì, sarò con il WWF per un progetto sugli elefanti. Poi ho perso da poco i miei gatti, è un momento molto delicato per me. Diciamo che magari vorrei dedicarmi ad un solo progetto, legato anche a tematiche sociali come quella delle malattie mentali. Ho partecipato anche a molte campagne contro la violenza sulle donne. Insomma, mi presto molto, penso di essere molto fortunata e quindi mi sento anche in dovere. Cerco di farlo capire anche a mio figlio, è privilegiato. Non è una colpa ma bisogna avere una certa sensibilità.

Un sogno nel cassetto?
È un sogno becero (ride, ndr). Vorrei imparare a giocare benissimo a tennis. Vorrei fare dei tornei, provare quella gioia e l’adrenalina.

Foto di Alessandro Pession

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