26 aprile. Nel giorno in cui il presidente cinese Xi Jinping e l’omologo ucraino Volodymyr Zelensky parlano al telefono per la prima – attesissima – volta, la Cina e l’India votano (insieme ad altri 120 Paesi) a favore di una risoluzione delle Nazioni Unite dove si condanna la Russia come aggressore, mentre appena il 26 febbraio era fra i 32 Paesi che si erano astenuti dalla votazione del testo che chiedeva una pace giusta in Ucraina. A rilanciare la scelta di Pechino è stato il rappresentante permanente dell’Ucraina alle Nazioni Unite Serhii Kyslytsia, che in tweet ha ricordato come la Russia abbia cercato di rimuovere dalla risoluzione il passaggio “sull’aggressione contro l’Ucraina”. A votare contro il testo solo Russia, Bielorussia, Nicaragua, Siria e Corea del Nord. Il testo era focalizzato sulla cooperazione tra le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa per fare fronte, tra le altre questioni, alle “sfide senza precedenti che l’Europa deve affrontare, dopo l’aggressione della Russia contro l’Ucraina e la Georgia“.

Una prima crepa, quindi, sembra essersi aperta nell’alleanza tra Vladimir Putin e i suoi partner più stretti. Cina e India, come detto, si erano finora rifiutati di condannare l’invasione russa, e sebbene la mossa non rappresenti un vero e proprio cambio di rotta nella loro politica estera nei confronti di Mosca – visti soprattutto i legami commerciali e militari – il voto è comunque un primo segnale che l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Josep Borrell, ha “accolto con favore”: “La risoluzione – ha sottolineato in un tweet – qualifica chiaramente la guerra contro l’Ucraina come ‘aggressione da parte della Federazione Russà”. Il nodo della questione è concentrato in una riga nelle premesse della risoluzione di 11 pagine in cui poi si parla di tutt’altro: “Considerando ugualmente che le difficoltà senza precedenti che l’Europa deve attualmente affrontare in seguito all’aggressione della Federazione russa contro l’Ucraina, e contro la Georgia in precedenza, e della cessazione dell’adesione della Federazione russa dal Consiglio d’Europa, richiedono una cooperazione rafforzata tra l’Organizzazione delle Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa…”.

E ancora: il voto, stando al sito dell’Onu, si è tenuto il 26 aprile scorso, ovvero il giorno della prima telefonata dall’inizio della guerra tra Zelensky e Xi Jinping. In quell’occasione Xi aveva sottolineato come il rispetto reciproco di sovranità e integrità territoriale fosse “la base politica delle relazioni Cina-Ucraina”, nonostante il giorno dopo il Cremlino abbia voluto far sapere che il ritorno ai confini del 1991 non era stato argomento di conversazione tra Putin e Xi in occasione della recente visita del leader cinese a Mosca. Ad ogni modo, i risultati immediati di quella telefonata sono stati il reciproco invio di un ambasciatore a Pechino e di un rappresentante speciale a Kiev, e il plauso della comunità internazionale che, seppur con la dovuta prudenza, l’ha salutata come “un primo passo importante”. E chissà se la mossa successiva sia stata proprio quel voto seminascosto a Palazzo di Vetro.

La risoluzione precedente – Il 26 febbraio il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha votato una risoluzione che deplorava l’invasione russa dell’Ucraina: la Russia aveva posto il veto ma la Cina, grazie al lavoro della diplomazia occidentale, si era astenuta, spingendo così Pechino a non allinearsi con la Russia. La risoluzione, che chiedeva a Mosca di fermare immediatamente le operazioni militari, aveva ottenuto undici voti a favore, tre astenuti (Cina, India ed Emirati Arabi Uniti) e uno contrario, la Russia. Poiché Mosca ha il potere di veto, la risoluzione non era passata. La diplomazia statunitense era riuscita a convincere la Cina ammorbidendo il testo. La bozza circolata nelle ore precedenti il voto era infatti diversa dal testo poi votato, che è stato annacquato nei toni proprio per catalizzare il consenso. La risoluzione riaffermava la sovranità dell’Ucraina e chiedeva alla Russia di “cessare immediatamente l’uso della forza” contro il Paese. Ma la parola ‘condanna’ era stata sostituita da ‘deplora’ ed era stato anche cancellato un riferimento al capitolo 7 della Carta delle Nazioni Unite, che consentiva ai membri di intraprendere un’azione militare per ristabilire la pace.

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