Cinema

65 – Fuga dalla Terra, profetico sci-fi di serie B che cita tutto il citabile ma senza pathos

di Davide Turrini

L’ipotesi di fondo è estremamente suggestiva. 65 milioni di anni fa Adam Driver/Mills con la sua tutina grigia, una bussola tipo Google Maps, una piletta sempre accesa sulla spalla, un fucilone con pallottole ad impulso magnetico, e una bambina superstite – Koa (Ariana Greenblatt) – con cui non riesce a comunicare per via di una lingua diversa e astrusa, dopo una tempesta di meteoriti è precipitato casualmente sulla Terra e l’ha visitata fuggendo da dinosauri jurassicoparkiani prima che su questa si scatenasse nientemeno che il Big bang. Insomma, 65 – Fuga dalla Terra, nato dalla penna, o dalla tastiera, e dalla regia del duo Scott Black e Brian Woods (In quiet place, horror/thriller dal successo commerciale internazionale e con ottime critiche), lascia intendere che rispetto al resto dell’universo eravamo e siamo la solita virgolina insignificante, perlopiù abitata in tempi antichissimi solo da voraci bestiacce; mentre sul pianeta Somaris, Mills stava organizzando nientemeno che una spedizione spaziale per guadagnare un gruzzolo de destinare alla cura della propri figlioletta malata.

Gli alieni ci guardano, quindi. E sono più evoluti di noi fin da quell’epoca. Anche se si tratta di quel perticone di Driver. Uno che macina in continuazione sguardi verso il vuoto, deglutizioni marcate, ricomposizioni ortopediche di ossa uscite dal loro posto a suon di spallate contro un tronco. Del resto la Terra (mai citata) è ancora una lussureggiante giungla zeppa di stagni, alberi, rocce intonsi (il set è stato in Louisiana ndr) dove galoppano sanguinari tirannosauri grandi e piccoli (se possibile più cattivi) e non esiste anima umana viva. Scoperta la presenza di Koa, con lui superstite dello schianto, Mills tenterà dapprima di comunicare con lei, poi assieme fuggiranno verso una lontana montagna dove è finita arenata una capsula spaziale che li potrebbe far rientrare a casa. Nel frattempo i due si salvano dagli assalti dei T-Rex e si accorgono che i meteoriti che hanno distrutto la loro astronave erano solo una sparuta avanguardia della massa abnorme successiva che nel giro di qualche giorno distruggerà flora e fauna della Terra.

Nella sua programmatica fretta in sede di montaggio, con due attori due sempre in scena e non dei più memorabili, citazioncione facilissime (Jurassic Park appunto, Avatar, The descent, lo stesso A quiet place), 65 – Fuga dalla Terra potrebbe benissimo risultare fantascienza serie B di una volta, prima che tutti gli autori di sci-fi diventassero corrucciati profeti di scenari futuri (qui ultra passati) sempre zeppi di significati politici. Al duo in regia interessa primariamente una cosa: far saltare sulla sedia lo spettatore. Dinamica ottenuta per qualche manciata di minuti. Tempo di prendere le misure sui dentoni affilati dei dinosauri che il duo Mills-Koa, forgiati i limitati contorni da buddy movie boschivo, ripete stancamente, in decine di varianti ammazza dinosauri, l’unica salvezza possibile: quella condivisa. Il pathos si affloscia. La production design naturalistica e l’enfatico soundtrack di Chris Bacon girano a vuoto. Driver continua a massacrarsi di tagli, botte, ferite. E una volta esplorate perfino le grotte buie e chiuse, il film si spegne mesto, fradicio di umidità e sempre più rimpicciolito, dimenticandosi di aver pernottato un’ora e mezza in scenari specifici di genere. Tra i produttori c’è Sam Raimi, ma non si vede.

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