Anteporre l’interesse collettivo ai profitti? Non sia mai. L’industria farmaceutica insorge contro l’ipotesi di riforma del mercato farmaceutico a cui lavora la Commissione europea. Una riforma che, beninteso, riguarda solo situazioni di emergenza come quella che si è concretizzata in occasione della pandemia. Bruxelles ipotizza un sistema per rendere più semplice la condivisione di farmaci fondamentali e vaccini introducendo una licenza obbligatoria, ovvero la possibilità per l’Ue di usare un’invenzione brevettata (come appunto farmaci e vaccini) anche senza il consenso del titolare, e comunque dietro il pagamento di un compenso. Vade retro Satana! è stata l’immediata la reazione delle case farmaceutiche secondo cui questa misura è frutto di un “approccio ideologico e antindustriale” sulla proprietà intellettuale mettendo così a rischio “gli investimenti” e “l’innovazione” nel Continente.

Secondo i colossi del farmaco riuniti nell’Aeif (Associazione europea dell’industria farmaceutica) un sistema a livello Ue per il prolungamento dei brevetti sui medicinali e i prodotti fitosanitari “è essenziale per gli investimenti”, ma “la proposta della Commissione di un’autorizzazione obbligatoria Ue, che potrebbe essere utilizzata per abrogare i diritti di proprietà intellettuale degli innovatori, suscita preoccupazioni e sembra ignorare le lezioni apprese dalla risposta alla pandemia di Covid”. “La proposta della Commissione UE di introdurre un nuovo strumento di licenza obbligatoria per usare un farmaco brevettato senza il consenso del titolare del brevetto in caso di emergenze vanifica gli investimenti in ricerca e mette a rischio la salute dei cittadini in Europa”, tuona dall’Italia il presidente di Farmindustria, Marcello Cattani.

Evidentemente sulle cure per la memoria c’è ancora da lavorare. Gran parte dei fondi per lo sviluppo e la produzione dei vaccini anti Covid sono arrivate infatti in forma di finanziamenti pubblici. corrisposta in varia forma. La sola BioNtech aveva ricevuto da Berlino poco meno di 400 milioni di euro. Pfizer ha ottenuto da Usa e Ue oltre 2 miliardi, Moderna altrettanti, Astrazeneca circa un miliardo. In sostanza il pubblico si è fatto carico di finanziare la parte più rischiosa del processo di creazione del vaccino, quella iniziale in cui la possibilità di fallire e perdere i soldi è maggiore. Case farmaceutiche come Pfizer sono state sepolte da miliardi di profitti grazie ai farmaci contro il virus venduti a prezzi 10 o 20 volte superiori ai costi di produzione. Del resto, in generale, alle case farmaceutiche non piace molto investire nello sviluppo di soluzioni preventive contro potenziali minacce. È poco redditizio e rischia di eliminare possibili future fonti di profitto.

La licenza obbligatoria, spiega Bruxelles, potrà comunque essere richiesta solo dopo l’attivazione di una allerta o di uno stato di crisi a livello comunitario. E andrebbe così a integrare le misure d’emergenza comuni già previste per la sanità con la preposta autorità Hera, oppure quelle contenute nel Chips Act per la penuria di semiconduttori e nel RePowerEu per gli shock energetici. La proposta della commissione dovrà essere approvata prima dal parlamento europeo e poi dai governi dei paesi membri. Le aziende farmaceutiche hanno quindi tempo per sviluppare e dispiegare la loro tradizionale e potente azione di lobbying.

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